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Early Start Denver Model – Report dal Workshop introduttivo tenutosi a Torino, il 24 novembre 2018

L'Early Start Denver Model (ESDM) si propone come intervento precoce sull'autismo e segue un approccio naturalistico, evolutivo e comportamentale.

Di Ilaria Cosimetti

Pubblicato il 30 Nov. 2018

Non esistendo ad oggi la possibilità di modificare la biologia dell’autismo, un intervento come l’ Early Start Denver Model mira a promuovere la capacità dei bambini di sfruttare occasioni di apprendimento sociale.

 

Il 24 novembre scorso, Benedetto Vitiello, Neuropsichiatra Infantile dell’Ospedale dei Bambini Regina Margherita di Torino, ha presentato la giornata di formazione nella gremita aula magna della struttura ospedaliera e, consapevole della mole di informazioni con cui la platea dovrà confrontarsi nell’arco dell’intera giornata, cede presto la parola a Giacomo Vivanti, Assistant Professor presso l’ AJ Drexel Autism Institute di Philadelphia.

Vivanti ci illustra il modello Early Start Denver Model (ESDM) in stile autorevole e coinvolgente, arricchendo la sua presentazione di filmati che ne ritraggono l’applicazione con diversi bambini e di rimandi continui alle più recenti pubblicazioni scientifiche sul tema dell’apprendimento nell’autismo. A tal proposito sottolinea come gli interventi intensivi precoci abbiano incontrato un interesse da parte della comunità scientifica soprattutto negli ultimi 5 anni, periodo durante il quale sono stati pubblicati più studi che negli ultimi 30 anni. Ciò suggerisce la necessità di tenere costantemente conto delle evidenze scientifiche che si stanno moltiplicando così rapidamente.

Early Start Denver Model – Di cosa si tratta?

L’ Early Start Denver Model si è sviluppato con lo scopo di correggere la cascata evolutiva (Rogers & Pennington, 1991) che conduce all’emergenza di sintomi autistici: a fronte di un atipico assetto dei vincoli biologici che supportano attenzione e motivazione sociale nei bambini autistici, l’input sociale e linguistico risulta meno saliente fornendo quindi meno opportunità di apprendimento sociale, inteso come la capacità di acquisire competenze in base all’interazione con gli altri ed all’osservazione dei loro comportamenti.

Non esistendo ad oggi la possibilità di modificare la biologia dell’autismo, un intervento come l’ ESDM mira quindi a promuovere la capacità dei bambini di sfruttare occasioni di apprendimento sociale.

Chiarite le basi teoriche, Vivanti procede quindi con la descrizione più dettagliata di questo intervento naturalistico, evolutivo e comportamentale.

Il primo aggettivo, naturalistico, fa riferimento alla cornice in cui si svolgono le attività con il bambino, caratterizzata dall’impiego di un linguaggio naturale, uno stile d’interazione giocoso e la preferenza per i rinforzi intrinseci. Di conseguenza il focus è sull’iniziativa spontanea del bambino poichè la partecipazione attiva e il coinvolgimento emotivo sono elementi facilitatori dell’apprendimento a cui L’ Early Start Denver Model non intende rinunciare, non solo perché intende massimizzare la sua efficacia ma anche per preservare il diritto inviolabile dell’individuo all’autodeterminazione.

Con il termine evolutivo si sottolinea il rimando alle conoscenza sulle tappe dello sviluppo tipico nell’acquisizione di competenze complesse: se l’evoluzione del linguaggio nei bambini neurotipici necessita di abilità quali l’attenzione congiunta, la condivisione dell’affetto e l’indicazione, allora sarà necessario dedicare del tempo all’apprendimento di tali capacità anche da parte di un bambino autistico.

Si tratta infine di un intervento comportamentale perchè L’ Early Start Denver Model si avvale di strategie mutuate dall’Analisi Applicata del Comportamento (ABA), fondamentali per promuovere o disincentivare la messa in atto di determinati comportamenti.

Vivanti sottolinea più volte quanto non sia sufficiente un’adesione “filosofica” ai principi del modello per garantire i migliori risultati possibili ma risulti fondamentale implementare strategie manualizzate e procedure di fedeltà.

Oggi l’ Early Start Denver Model si presenta in tre formati: nella versione uno a uno (educatore e bambino), nella formula che vede i genitori in prima linea, supportati dal professionista, o realizzato nel contesto del piccolo gruppo in asilo nido o nella scuola dell’infanzia. Questo è forse uno degli aspetti di maggior interesse di questo modello di intervento, la possibilità di abilitare chiunque trascorra il proprio tempo con il bambino all’utilizzo delle strategie più adatte affinchè il bambino impari il più possibile ad imparare da solo.

Intervista a Benedetto Vitiello, Neuropsichiatra Infantile dell’Ospedale dei Bambini Regina Margherita di Torino

1. L’ ESDM è un intervento che rientra tra quelli raccomandati dalle Linee Guida 21 dell’Istituto Superiore di Sanità per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico ma risulta ancora poco conosciuto rispetto ad altri interventi. Cosa ha motivato il vostro interesse verso questo modello tanto da organizzare un workshop introduttivo?

Benedetto Vitiello (BV): L’ ESDM è di speciale interesse perchè è un intervento precoce che si indirizza a bambini di 2-4 anni e che si propone come uno dei mezzi terapeutici più efficaci per migliorare le capacità cognitive e funzionali del bambino. C’è molto interesse in questo metodo terapeutico tra gli operatori sanitari che si occupano di autismo, ma ancora poche possibilità di conoscerlo. Abbiamo organizzato questo corso per dare l’opportunità a questi operatori di capire i principi fondamentali del metodo Early Start Denver Model e apprendere i concetti di base necessari per utilizzare questa terapia.

2. L’ ESDM ha come obiettivo di intervento la promozione di competenze che forniscono l’infrastruttura dell’apprendimento sociale. Come si può conciliare l’esigenza di produrre una diagnosi certa con quella di promuovere un intervento che sia il più precoce possibile per favorire la migliore traiettoria di sviluppo nel bambino?

BV: In diversi casi, arrivare ad una diagnosi precoce di autismo può essere difficile perchè i sintomi chiave dell’autismo non sono sempre chiari. Questa situazione è in effetti diventata più frequente con i nuovi criteri diagnostici del 2013, che hanno allargato i confini del disturbo e lo hanno messo più in continuità con lo sviluppo “normale”. Richiede dunque una notevole esperienza clinica per valutare i quadri clinici dei bambini più piccoli e decidere se si può parlare di autismo o no.

3. È possibile oggi, con le risorse presenti nei servizi pubblici, garantire un intervento che soddisfi gli standard di aderenza alle rigorose procedure previste dall’ ESDM?

BV: Questo rimane da vedere. Il modello originale dell’ Early Start Denver Model comporta un totale di 15 ore di lavoro alla settimana con il terapista, più 5 da parte del genitore, per almeno 12 mesi. Quindi un grosso impegno. Alternative meno costose, come ad esempio un minore impegno del terapista, compensato però da maggiore impegno del genitore, o l’utilizzo di piccoli gruppi, sono state proposte e vanno valutate. La ricerca in questo settore è molto attiva.

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