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Lesioni frontali e disturbi comportamentali nella sindrome disesecutiva

Le lesioni frontali danno origine a molti disturbi, anche a livello comportamentale. Nello specifico sembrerebbero intaccare la motivazione, l'inibizione e l'affettività dei pazienti. In questo articolo vengono illustrati i disturbi più comuni e vengono accennati metodi riabilitativi

Di Simona Pappacena

Pubblicato il 07 Nov. 2018

Aggiornato il 25 Giu. 2019 12:23

Una persona a seguito di una lesione in sede frontale, sia unilaterale che bilaterale, può manifestare disturbi del comportamento. I lobi frontali infatti hanno un ruolo cruciale nel modulare e controllare i meccanismi emozionali sottesi al sistema limbico (Natua, 1971).

Simona Pappacena – OPEN SCHOOL, Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Milano

 

Vi è una fitta rete di connessioni con diverse aree (ipotalamo, amigdala, aree associative visive, uditivi e somato-sensoriali) grazie alle quali i lobi frontali ricevono sia informazioni relative agli stati motivazionali ed emozionali sia informazioni relative al mondo esterno. Attraverso queste interconnessioni i lobi frontali regolano gli stati emotivi in base alle condizioni esterne ed interne alla persona al fine di consentire un adattamento funzionale all’ambiente. Lesioni in tali aree possono condurre ad una mancata integrazione di tali informazioni che potrebbero spiegare da un lato le condotte emozionali e sociali inappropriate e dall altro l’incapacità di anticipazione presente in lesioni frontali. (Stuss, Gow e Hetherington, 1992).

Lesioni frontali: il primo caso in letteratura

Harlow (1848) riporta il primo caso di rilevante cambiamento nella personalità e nel comportamento; si strattava di un paziente con una lesione bilaterale dei lobi frontali, che coinvolsero soprattutto le aree orbitomediali. Tale paziente, Phineas Gage, ormai divenuto emblematico nel mondo della neuropsicologia, prima della lesione descritto come equilibrato e paziente, divenne successivamente irriverente, ostinato ed incostante.

La manifestazione fenomenologica dei disturbi del comportamento dipende da vari fattori: la sede della lesione, l’estensione e la localizzazione. Pertanto, tali disturbi risultano essere molto eterogenei.

Oltre alla componente biologica, legata, ad esempio, al tipo di eziologia (traumatica, degenerativa, tumorale), è importante tenere in considerazione alcuni fattori che non hanno una diretta relazione con il danno cerebrale (Gainotti, 1996) e possono essere:

  • Personalità premorbosa
  • Variabili psicologiche ed ambientali

Inoltre, i disturbi comportamentali possono essere complicati anche da deficit cognitivi associati alle lesioni frontali. Si rende pertanto opportuna una valutazione neuropsicologica che tenga conto dell’intreccio di entrambi gli aspetti.

Nonostante la variabilità delle manifestazioni cliniche, è possibile individuare e descrivere tre principali aree problematiche: i disturbi della motivazione, i disturbi della disinibizione frontale e i disturbi affettivi.

Lesioni frontali e disturbi della motivazione

Per motivazione si intende uno stato interno che implica processi sia di natura consapevole che di natura non consapevole, che spingono un soggetto ad agire (Marin, 1990). Lo stato motivazionale porta ad elaborare informazioni ambientali al fine di selezionare stimoli e comportamenti rilevanti o che conducono ad un maggior vantaggio per un soggetto.

Apatia 

L’apatia è una riduzione dei comportamenti finalizzati al raggiungimento di uno scopo, sul versante cognitivo (come la riduzione dei contenuti del pensiero legati al raggiungimento di un obiettivo), comportamentale (non impegnarsi in attività sociali e ricreative) ed emotivo (perdita della reattività emotiva sia a stimoli positivi che negativi e mancanza di spontaneità), per mancanza di motivazione (Marin, 1990).

La mancanza di motivazione può essere presente:

  • Nella sindrome apatica, dove vi è un deficit motivazionale primario
  • Come manifestazione sintomatologica secondaria a disturbi internistici, psichiatrici e neurologici (es. demenza). I pazienti apatici neurologici, non manifestano disagio per il loro stato e non sembrano preoccuparsene. Vengono descritti dai familiari come disimpegnati ed inibiti, meno attenti agli altri, indifferenti a qualsiasi attività. L’apatia è associata ad una disfunzione del circuito cingolato anteriore, definito come circuito della motivazione, che integra informazioni cognitive ed emozionali nei processi motivazionali, e può manifestarsi sia in pazienti con patologia degenerativa corticale (Alzheimer) e sia in pazienti con patologia sottocorticale (Parkinson).

Altra condizione che porta ad una riduzione nel comportamento e nella motivazione a ricercare piacere, è l’anedonia. Per anedonia si intende un’incapacità nel provare piacere in ogni tipo di situazione che di norma dovrebbe procurarne (attività sessuali, attività relazionali o sociali). L’anedonia, quindi si riferisce ad un’incapacità nel desiderare e ricercare stimoli gratificanti. L’anedonia, nei pazienti neurologici, sembra essere associata ad una iposensibilità dei maccanismi cerebrali di ricompensa a causa di una disfunzione dopaminergica mesolimbica. E tale aspetto è stato osservato ad esempio in pazienti con Parkinson.

Lesioni frontali e disturbi della disinibizione

Un aspetto frequentemente presente in pazienti con danno frontale è la cosiddetta “sindrome da disinibizione”. Per capire la fenomenologia di tale sindrome è utile la descrizione che ne fa Damasio (1994). Tali pazienti, infatti, secondo Damasio, “sanno” come dovrebbero agire, ma non “sentono” il loro agire. Questo aspetto può essere spiegato in questi pazienti da una preservata intelligenza cognitiva ma da una compromissione dell’intelligenza sociale ed emozionale: conoscono le norme sociali ma non riesco a rispettarle nella vita quotidiana.

Tale sindrome è correlata ad una disfunzione della corteccia orbitofrontale, sede del controllo, della modulazione e dell’inibizione di azioni ed emozioni. Alcuni aspetti legati ai disturbi della disinibizione sono:

  • Impulsività, ovvero l’attuazione di risposte immediate, senza una pianificazione ed una valutazione dei possibili effetti su di sé e sugli altri. Nei pazienti con danno frontale, soprattutto a carico delle regioni orbitomediali, è possibile ricontrare una impulsività motoria, cioè la tendenza a produrre una risposta immediata in presenza di uno stimolo, ed un’impulsività cognitiva, cioè un’incapacità nel ritardare una gratificazione.
  • Comportamenti inappropriati, ovvero un’incapacità di adeguare il proprio comportamento alle richieste ambientali, caratterizzato da una violazione delle norme sociali ed interpersonali. Tali comportamenti sono legati, dunque, ad una varietà di alterazioni della condotta che sono ritenute anomale, indipendentemente dal contesto (Rosen et al., 2002). Tra le manifestazioni di tali comportamenti, in pazienti neurologici con danno frontale, vi sono: l’iperoralità, cioè disturbi del comportamento alimentare sia in senso quantitativo (bulimia) che in senso qualitativo (alimentazione caotica) o aumento del fumo e dell’alcol; iperattività motoria sia vocale che motoria. Tra questi aspetti vi sono la dromomania, cioè una deambulazione eccessiva caratterizzata da pedinamento (shadowing) di qualunque oggetto animato in movimento; camminare su percorsi fissi e stretti (pacing), il vagabondaggio (wandering), e l’affaccendamento afinalistico, cioè quando i pazienti sembrano indaffarati in attività che non hanno un fine logico (come fare e disfare il letto). Tra i disturbi legati ai comportamenti inappropriati, vi sono anche i disturbi ossessivo compulsivi (DOC), che sono correlati ad una disfunzione della corteccia frontale. Si differenziano dai disturbi ossessivo-compulsivi di natura psichiatrica, in quanto nei pazienti neurologici i comportamenti ripetitivi complessi non sono finalizzati al neutralizzare vissuti d’ansia. In particolare è stato osservato la presenza di DOC in casi di disfunzioni del circuito orbitofrontale laterale e del circuito cingolato anteriore. Tali circuiti, non andrebbero, in caso di disfunzione, ad esercitare il controllo inibitorio sul talamo dorsolaterale, con conseguente attivazione di schemi motori inappropriati, perseverazione di pensieri e condotte ripetitive. Un esempio di manifestazione del DOC è la tendenza all’accumulo di oggetti inutili (Damasio 2005).
  • Sociopatia Acquisita, ovvero una grave alterazione del comportamento sociale che si caratterizza per insensibilità, mancanza di sensi di colpa, non comprensione delle conseguenze dei propri atti sugli altri. Vi è una mancanza di comprensione degli stati emotivi degli altri. Questa aspetto si presenta soprattutto in pazienti con lesioni bilaterali in sede orbitofrontale.
  • Aggressività e comparsa di comportamenti violenti, soprattutto in seguito a traumi cranici. Le aree danneggiate che portano ad una disfunzione della regolazione delle emozioni negative e che portano all’aggressività impulsiva sono quelle orbitofrontali e temporale anteriore (Davidson, Katherine, Larson, 2000).

Lesioni frontali e disturbi dell’affettività

Le alterazioni del tono dell’umore, presenti in diverse patologie sia psichiatriche che neurologiche, sono legate ad una non funzionale esperienza soggettiva ed espressione delle emozioni.

La depressione è presente in diverse condizioni cliniche. Nei pazienti con lesioni cerebrali, è necessario distinguere i sintomi depressivi causati da un effetto diretto del danno della lesione sull’umore, dai sintomi reattivi, di natura psicologica, legate alle conseguenze fisiche e sociali della malattia neurologica.

Peculiare di alcuni pazienti con lesioni frontali è la presenza di “labilità emotiva”, che si caratterizza per un repentino e brusco cambiamento del tono emozionale (es. dal riso al pianto). Gli stati depressivi sembrerebbero associati maggiormente a lesioni a carico delle aree frontali dell’emisfero sinistro. Invece, lesioni frontali all’emisfero destro, sembrerebbero maggiormente associati ad episodi di mania. (Starkstain e Robinson, 1997).

Lesioni frontali e riabilitazione dei disturbi comportamentali

Un approccio riabilitativo per i disturbi del comportamento è la terapia di modifica comportamentale (Behavior Modification Therapy). Una tecnica utilizzata per la riabilitazione dei comportamenti indesiderati in eccesso (quali la disinibizione e l’impulsività) è la “token economy”. Tale tecnica prevede l’erogazione di gettoni al paziente quando questi mette in atto un comportamento appropriato (rinforzo positivo) e la sottrazione di tali gettoni in caso di comportamento non appropriato (rinforzo negativo). I gettoni hanno un valore per il paziente perché vengono attribuiti a premi, pattuiti con lo stesso paziente.

Altra tecnica utile per i disturbi in eccesso, è la sospensione (time-out) dell’attività che si sta svolgendo ogni volta che si mette in atto un comportamento indesiderato. Entrambe le tecniche hanno scopo di rinforzare le capacità riflessive del paziente. In caso di sintomi in difetto (apatia e anedonia), si erogano rinforzi positivi (oggetti, cibo ecc..) ogni volta che il paziente mette in atto dei comportamenti desiderati. In una revisione sugli studi riabilitativi dei disturbi del comportamento (Cattelani, Zettin, Zoccolotti, 2010), è stato messo in evidenza l’efficacia dei trattamenti della terapia di modifica comportamentale. Inoltre, anche la terapia cognitivo-comportamentale, in cui si cerca di modificare gli stili di pensiero e le strategie di adattamento non funzionali, e le terapie olistiche e multidisciplinari, che prevedono una presa incarico totale del paziente e dei suoi familiari, rilevano dei dati promettenti in termini di efficacia riabilitativa dei disturbi acquisiti del comportamento.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • D. Grossi e L. Trojano [2013] Neuropicologia dei Lobi Frontali.Sindromi disesecutive e disturbi del comportamento. Il Mulino. Seconda edizione.
  • Nauta, WJ, [1971]. The problem of the frontal lobe: A reinterpretation. Journal of Psychyatry Research, 8, pp. 167-168.
  • Stuss D.T., Gow C.A., Hetherington C.R., [1992]. “no longer gage”: Frontal lobe dysfunction and emotional changes. Journal of Counsulting an Clinical Psychology, 60, pp. 349-359.
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