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Gli effetti psicologici della Brexit sugli immigrati europei

Brexit è stato un importante evento all'interno della scena politica ed economica europea, verso un cambiamento che ancora non è chiaro. Tante sono anche le conseguenze a livello psicologico per gli immigrati europei, ma non solo, tra i quali si è riscontrato un aumento consistente dei livelli di ansia e depressione.

Di Roberta Carugati

Pubblicato il 31 Ott. 2018

Aggiornato il 13 Mar. 2019 12:12

Giovedì 23 giugno 2016 la Gran Bretagna ha votato per lasciare l’Unione Europea (UE) con un referendum che ha visto la nazione divisa tra coloro che hanno votato per rimanere all’interno dell’Unione Europea (48%) e quelli che invece hanno optato per Brexit (52%).

Roberta Carugati – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi, Milano

 

Lo status dell’economia britannica, del sistema sanitario e dei leader politici si trova in un periodo di incertezza e il cambiamento è perciò inevitabile. Si sono già riscontrati molti cambiamenti da quando Brexit è stata annunciata. La sterlina è scesa al livello più basso dal 1985, David Cameron ha rassegnato le dimissioni da Primo Ministro e Theresa May è il nuovo leader politico del Paese.

Poiché la Gran Bretagna è divisa e l’economia oscilla, molti si preoccupano della futura sicurezza del lavoro e delle finanze. Non sarebbe inaspettato che durante questo periodo le persone provino sentimenti di ansia. L’ansia può svilupparsi infatti da una serie di cause, tra cui stress sul lavoro, tensioni finanziarie e persino cambiamenti politici.

Dopo Brexit, è stata inoltre segnalata un’ondata di crimini di odio e di xenofobia che secondo molti potrebbe essere spiegata come conseguenza del voto a favore di lasciare l’UE, che ha in un qualche modo legittimato un atteggiamento razzista. Le immagini negative di Nigel Farage davanti a un poster raffigurante un ammasso di immigrati e le parole “BREAKING POINT”, “L’UE ha fatto fallire tutti noi” hanno sicuramente contribuito ulteriormente all’aumento della discriminazione contro le minoranze etniche attraverso i media. Tuttavia, sebbene un obiettivo centrale della campagna a favore del “leave” è stato quello dell’anti-immigrazione, non tutti coloro che erano a favore di Brexit erano al contempo favorevoli ad una diminuzione del numero dei migranti. Nonostante ciò, questa vittoria ha determinato la crescita esponenziale di un’ostilità verso gli stranieri europei (e non) che risiedono nel Regno Unito.

Le conseguenze della Brexit sul benessere psicologico

Nel complesso, questo periodo incerto e piuttosto preoccupante può disturbare il benessere psicologico di una persona.

Negli studi degli psicologi in tutto il paese, proprio come nelle case, nei pub e negli uffici, le persone hanno cercato di venire a patti con la sorpresa e lo shock del risultato Brexit.

Molte persone si sentono trasportate in una Gran Bretagna distopica che “non riconoscono, non possono capire”. Sono migliaia gli studenti e i lavoratori europei che stanno pensando o pianificando di lasciare il paese.

I terapeuti di tutto il mondo riportano livelli di ansia e disperazione sorprendentemente elevati, con pochi pazienti che desiderano parlare di qualsiasi altra cosa.

Ma Perché il voto sulla Brexit ci riguarda così personalmente? E cosa ci dice questo sulla nostra psiche?

Lo strano e davvero inaspettato limbo di quel venerdì di Giugno mostra che le persone di entrambi i partiti sono ancora assolutamente incerte su ciò che è successo e che concretamente succederà. E l’incertezza è uno degli stati più difficili da vivere.

L’incertezza è spesso percepita dal cervello umano come una minaccia: più ci sentiamo incerti, più l’attività dell’amigdala aumenta (risposta alla minaccia) e diminuisce l’attività dello striato ventrale (risposta di ricompensa). Il nostro cervello si trova quindi in uno stato di malessere. Come esseri umani, facciamo del nostro meglio per trasformare l’incertezza in paura, cercando un oggetto da amare o da odiare, su cui dunque riversare le nostre emozioni. Così, dopo il referendum, si è cercato qualcuno da incolpare. Questo non è solo un riflesso di una reale preoccupazione politica, ma uno sforzo fondamentale per trasformare l’incertezza in paura, che è sempre più gestibile.

Sono preda di questa incertezza soprattuto gli immigrati europei nel Regno Unito. Nel 2015, gli europei residenti in UK erano circa tre milioni, il 5% della popolazione totale del Paese.

Senso di appartenenza, benessere psicologico e i sentimenti nati dopo la Brexit

Nel suo articolo del 1943 “Una teoria della motivazione umana”, lo psicologo americano Abraham Maslow citò l’appartenenza come il terzo più importante bisogno umano nella gerarchia dei bisogni umani, dopo solo ai bisogni fisiologici e di sicurezza.

Secondo uno studio dell’Università del Michigan (Williams, 2005), le persone con un maggiore sostegno sociale e che provano un senso di appartenenza più elevato riportano una minore quantità di sintomi depressivi.

È proprio il sentimento di non appartenenza, di sentirsi estranei, diversi e non più ben accetti in quello che si credeva un Paese propenso all’integrazione, che hanno provato e dichiarato per esempio numerosi italiani che vivono in UK.

Una settimana dopo il voto, il professor Martin Milton, della Regent’s University di Londra, ha suggerito che molti si sentivano “spaventati, confusi, feriti e feriti”. Dall’interno della Mental Health Foundation hanno aggiunto che i sentimenti più comuni che le persone hanno riportato sono stati una miscela di shock e rabbia, accompagnati da “tristezza, frustrazione e persino la disperazione”.

Il Dott. John McGowan, ad esempio, del Centro di Psicologia Applicata di Salomon, ha spiegato le cinque fasi del dolore, una teoria elaborata dalla psichiatra di origini svizzere e nordamericane Elisabeth Kübler-Ross. Secondo McGowan, in seguito al referendum molti si sono trovati nella prima fase della negazione (“Mi sento bene, questo non può accadere a me”) per poi passare al secondo stadio, caratterizzato dalla rabbia (“Perché io?” “Non è giusto!”). Per alcune persone le altre tre fasi di negoziazione, depressione e accettazione non si sono ancora verificate.

La realtà latinoamericana

All’interno degli uffici del Teléfono de la esperanza UK, nel sud di Londra, sono stati molto visbili gli effetti psicologici della Brexit.

All’inizio c’era un livello di angoscia, ansia e confusione tra le persone. Le frasi più frequenti di coloro che telefonavano alla nostra associazione erano “Non so cosa faremo, cosa succederà, cosa significherà, non capisco, non ci credo” “Ho fatto questo viaggio e mi sono dato una seconda possibilità” – racconta Nancy Liscano a The Prisma, presidentessa e fondatrice di questa organizzazione fondata 11 anni fa.

Con 38 volontari di lingua spagnola, di cui 14 addetti a ricevere chiamate della comunità ispano-americana residente nel Regno Unito, le ripercussioni del referendum sono davvero chiare.

Queste persone stanno ancora cercando di concentrarsi sulla loro prima migrazione in Spagna quando improvvisamente accade Brexit, senza alcuna informazione, e a peggiorare le cose, molti non parlano nemmeno l’inglese. Ciò ha portato ad una maggiore atmosfera di ansia. – spiega Liscano.

Con una media tra le 20 e le 25 chiamate di crisi ogni settimana, la maggior parte delle quali provenienti da colombiani, spagnoli ed ecuadoriani, il team di Teléfono de la esperanza UK ha percepito che l’idea di tornare in Spagna (il paese della prima migrazione) o direttamente in America Latina è attualmente considerata da molti.

Tutti i miei clienti cittadini dell’UE hanno problemi con il sonno e sono ansiosi – ha detto Emmy van Deurzen, terapeuta olandese con sede nel Regno Unito,e continua – Molti sono depressi o scoraggiati. Ho avuto diverse conversazioni con cittadini europei che hanno riportato pensieri suicidari. Altri hanno deciso di rinunciare alla Gran Bretagna e hanno già lasciato il Paese.

Le conseguenze di Brexit: psicologiche e non solo..

Nel Regno Unito, la principale causa di assenza per malattia dal lavoro è rappresentata da stress, ansia e depressione (che rappresentano quasi il 40% di tutte le assenze per malattia). Lo scorso anno più di 500.000 persone hanno sofferto di stress sul lavoro, con una media di 24 giorni lavorativi persi e una perdita annuale di oltre £ 5 miliardi. Il timore è che il conto aumenti sostanzialmente nei prossimi due anni o più, se si considerano le ripercussioni psicologiche che Brexit potrà causare sui lavoratori.

Le conseguenze psicologiche di Brexit si ripercuotono anche su altre aree del Paese, come l’economia. Questo è quanto crede ad esempio Jonathan Portes, esperto in immigrazione ed economia, docente presso il King’s College di Londra. Secondo il Professor Portes è necessario includere fattori psicologici quando si parla di analizzare i risultati degli effetti del referendum:

Ci sarà un lungo periodo di incertezza prima di sapere cosa Brexit significherà nel concreto per i cittadini dell’UE che sono già qui e per quelli nuovi che arriveranno. Se le persone non possono pianificare senza certezze è meno probabile che arrivino o restino.

Ma importanti preoccupazioni arrivano anche dall’Istat britannico. I dati pubblicati dall’Office for National Statistics (ONS) nel 2017 hanno mostrato che 122.000 europei hanno lasciato il Regno Unito entro Marzo, con un esodo senza precedenti che ha causato un calo della migrazione netta. Diversi sono i settori colpiti da questo fenomeno: il settore turistico e dell’accoglienza nel Regno Unito è composto da circa il 75% dei camerieri e dal 25% degli chef europei. Ogni anno servono 60.000 nuovi lavoratori per soddisfare la domanda di impiego. Invece Il settore sanitario e in particolare l’Nhs, il sistema sanitario nazionale, che impiega 60.000 europei, attualmente è alla ricerca di 40.000 infermieri, anche a causa della decisione di molti immigrati, in particolare dell’Europa dell’est, di tornare a casa.

Numerose Aziende hanno sollevato crescenti preoccupazioni sulla “fuga dei cervelli” da parte delle industrie del settore primario, mentre le organizzazioni che rappresentano i migranti dell’UE hanno sollecitato il governo a offrire solide garanzie sul loro status dopo Brexit.

In conclusione

Numerose sono anche le domande che i cittadini europei già residenti o che pianificano di trasferirsi si stanno chiedendo. Cosa succederà quando la Gran Bretagna uscirà definitivamente dall’UE nel 2019?

In questi due anni precedenti alla definitiva uscita del paese anglosassone, si sta verificando un susseguirsi di negoziazioni tra Regno Unito e Unione Europea. Il risultato di queste sarà l’accordo finale che decreterà il futuro delle relazioni commerciali, sociali e lavorative della UK con l’UE.

La cosa più importante per chi vive in Gran Bretagna è che per ora i cittadini europei residenti già da prima del voto potranno tranquillamente continuare ad abitarvi senza nessun pericolo di espulsione in virtù della Convenzione di Vienna stipulata nel 1969.

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