Sono sempre di più i giovani, tra gli 11 e i 15 anni, che manifestano comportamenti nell’uso di alcol assimilabili al fenomeno che in letteratura viene definito Binge Drinking.
Bulgarelli Alessandra – OPEN SCHOOL Scuola Cognitiva di Modena
«Bevo. Come potrei altrimenti affrontare l’orrore esistenziale e continuare a lavorare?»
Questa giustificazione dell’uso e dell’abuso di alcol è stata chiama da Stephen King la “spiegazione Hemingway” ma si adatta in realtà a un gran numero di forti bevitori. Giustificare i propri vizi è senz’altro umano, ma ciò, a occhio clinico, svela la volontà di perpetrarli e suscita domande sulle loro radici profonde.
Scopo di questo articolo è quello di proporre un quadro sintetico, ma attuale, rispetto all’assunzione smodata di alcolici, ponendo attenzione in particolare alle abitudini, ai vizi e alle tendenze dei giovani e degli adolescenti rispetto al consumo di alcol. Oggi, infatti, il vizio alcolico è un fenomeno ampiamente diffuso tra i ragazzi e la “bevuta”, che conduce all’eccesso, assume svariate connotazioni di natura psicologica, sociologica e culturale, oltre a presentare modalità nuove, solo di recente formulazione nella letteratura, come quella del Binge Drinking. Indagare questi aspetti e comprenderne i meccanismi è la sola strada per attuare le necessarie strategie preventive che siano in grado di curare, per così dire, prima che si presenti il male e di anticipare con le giuste azioni informative e sanitarie quella che spesso diviene una terapia tardiva.
Alcol e giovani: i numeri del fenomeno
Con il termine alcolismo intendiamo «il cronico disordine comportamentale, caratterizzato dalla ripetuta ingestione di bevande alcoliche in eccesso rispetto agli usi dietetici e sociali della comunità, con gravi conseguenze sulla salute del bevitore e sul suo funzionamento psicosociale» (Janiri & Martinotti, 2008).
L’alcol presente nella birra, nel vino e nei liquori è alcol etilico, meglio chiamato etanolo. Si tratta di una vera e propria droga perchè agisce sul sistema nervoso in maniera del tutto simile alle sostanze psicotrope e stupefacenti che determinano dipendenza. Gli effetti disinibenti ed euforizzanti dell’ alcol tendono ad indurre con maggior facilità le persone a farne uso perchè la sostanza permette di modificare illusoriamente la percezione di se stessi e della realtà.
Ogni anno, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sono attribuibili, direttamente o indirettamente al consumo di alcol, il 10% di tutte le malattie, il 10% di tutti i tumori, il 63% delle cirrosi epatiche, il 41% degli omicidi, il 45% di tutti gli incidenti, il 9% delle invalidità e delle malattie croniche.
I giovani sono i più vulnerabili agli effetti sia fisici che mentali dell’ alcol e pertanto sono più esposti ai suoi rischi. I ragazzi tra gli 11 e i 15 anni sono orientati in numero sempre più crescente verso il modello che in America è chiamato Binge Drinking, cioè un abuso di alcol concentrato in singole occasioni. In particolare, gli episodi sono circoscritti al fine settimana: i ragazzi bevono in modo occasionale, alle feste, all’aperitivo o in discoteca, e raramente da soli. Questo comportamento ha effetti devastanti sulla salute in quanto l’organismo di un adolescente è ancora in completa evoluzione e l’alcol ha l’effetto di rallentare lo sviluppo mentale (Baiocco, D’Alessio & Laghi, 2008).
Attualmente, in letteratura, la definizione di Binge Drinking è ampiamente utilizzata. Wechsler, nell’ormai noto report del 1992 (Wechsler & Isaac, 1992), lo definì come «l’assunzione di cinque o più drink alcolici in una stessa serata da parte degli uomini e quattro o più per le donne».
Binge Drinking e Binge Drinker
Binge drinking letteralmente significa “bevute compulsive”. In realtà, non si tratta di una vera e propria tendenza legata all’alcool, quanto piuttosto di una tendenza rivolta alla ricerca dello “sballo”, ricercato ingerendo alcolici in quantità superiore al dovuto, solitamente a stomaco vuoto. È una tendenza pericolosa, rispetto alla quale non sempre il soggetto che manifesta Binge Drinking è consapevole delle conseguenze a cui può portare il suo comportamento.
Risulta opportuno descrivere il Binge Drinker sia sulla base della quantità di alcol ingerito che di frequenza d’attuazione del comportamento di abuso. Un episodio di Binge Drinking è caratterizzato dal consumo di 4 o più drink in una sola occasione per le ragazze e più drink per i ragazzi.
Dal punto di vista psicologico, è fondamentale ricordare che, al di là della sostanza ingerita, lo scopo principale delle “abbuffate alcoliche” è la perdita di controllo, l’ubriacatura. Spesso, dunque, la sostanza rappresenta solo un mezzo e non un fine.
I soggetti possono essere classificati in funzione del consumo alcolico (Baiocco, D’Alessio & Laghi, 2008):
- Non bevitore: abitualmente non consuma alcol o beve una o due volte all’anno
- Bevitore sociale: beve normalmente alcol con una frequenza che va da 3 o 4 volte all’anno a 3-4 volte alla settimana, senza episodi di Binge Drinking nelle ultime 2 settimane
- Binge drinker: da 1 a 4 episodi di Binge Drinking nelle ultime due settimane
- Forte bevitore: più di 4 episodi di Binge Drinking nelle ultime 2 settimane
Le categorie del Binge Drinker possono essere utilizzate anche con soggetti non clinici nell’ambito della ricerca sul consumo e sugli stili di vita dei giovani e fanno riferimento soprattutto al comportamento attuato dal soggetto nell’unità di tempo presa in considerazione.
La prima intossicazione alcolica si verifica di solito intorno ai 13 anni, l’abuso tende poi ad intensificarsi durante l’adolescenza mostrando un picco massimo tra i 18 e i 22 anni, con un tasso più elevato in particolare tra i giovani studenti universitari. Esistono alcune differenze fondamentali nel consumo di alcolici, basate sull’etnia, sulla vicinanza a rivendite di alcolici, sulla presenza o assenza di norme sul consumo di alcolici. L’incidenza varia poi a seconda del sesso, con una la prevalenza del fenomeno tra i maschi: i ragazzi che tendono a mettere in atto comportamenti di Binge Drinking tre o più volte a settimana sono il 56%, contro il 43% delle ragazze. Le percentuali più rilevanti si registrano tra i maschi con un’età superiore ai 21 anni e tra le femmine tra i 12 e i 20 anni. Poi, in genere, la frequenza di fenomeni di bevute compulsive tende a diminuire (Baiocco, D’Alessio & Laghi, 2008).
Solo una bassa percentuale (22% per i maschi, 17% per le femmine) ha iniziato a bere alcolici in famiglia, sotto il controllo di un adulto. Il comportamento genitoriale è di particolare rilevanza nel far comprendere all’adolescente, sia dal punto di vista cognitivo che affettivo, la differenza tra l’uso e l’abuso di alcol. (Baiocco, D’Alessio, Laghi 2008)
Il modello di Fishbein (Baiocco, D’Alessio & Laghi, 2008) ci permette di analizzare l’uso e l’abuso di alcol in relazione alle intenzioni personali degli adolescenti, a loro volta modulate dalla pressione sociale e dagli atteggiamenti. Secondo questo modello, la spinta al bere compulsivo viene determinata dalla “pressione sociale”, a sua volta dipendente dalle ipotesi normative, cioè dalle opinioni in merito alle aspettative di coloro da cui gli adolescenti desiderano approvazione. In secondo luogo, l’intenzione al bere sarebbe determinata dall’atteggiamento, cioè dalle aspettative che l’adolescente ripone sul fatto che l’assunzione alcolica determinerà un miglioramento del proprio stato affettivo.
Per quanto riguarda, infine, cià che nello specifico bevono i Binge Drinkers, le ricerche mostrano una prevalenza di super alcolici (36%), birra (22%), liquori (18%) e vino (16%) (Baiocco, D’Alessio & Laghi, 2008).
Perchè i giovani bevono? Diverse prospettive a confronto
Secondo la prospettiva della Social Cognition, l’abuso di alcol da parte degli adolescenti è legato all’utilizzo di strategie di coping disadattive (Bear, 2002). I giovani Binge Drinkers attribuirrebbero all’alcol la capacità di ridurre le tensioni e favorire le prestazioni sociali, questo li porta dunque con più probabilità a ricorrere all’alcol nelle situazioni percepite come stressanti. I maschi, in particolare, utilizzano uno stile di coping evitante, dove la modalità più utilizzata è quella che in letteratura si definisce “diversivo sociale”. Le ragazze, invece, utilizzano uno stile di coping emozionale, caratterizzato da ansia, rabbia, sensi di colpa rispetto agli stress da gestire. Di contro, i giovani di entrambi i sessi che fanno uso moderato di alcol utilizzano uno stile basato sull’analisi e sulla valutazione del problema quando ritengono tali stress “situazioni modificabili”. I Binge Drinkers, e ancora di più gli Heavy Drinkers (bevitori forti), considerano invece gli eventi stressanti come immodificabili e ricorrono spesso all’alcol, attribuendogli la capacità di evitare o persino di negare tali stress.
In maniera differente, uno schema interpretativo può spiegare l‘abuso alcolico ricorrendo al bisogno di colmare un vuoto esistenziale, tuttavia il fenomeno appare più complesso e, come nel caso di ogni dipendenza, anche il bere assume differenti valenze, che possiamo riassumere schematicamente in questo modo:
- Socializzazione: quando aumentano le situazioni sociali per farlo (bar, feste con amici, discoteca), soprattutto se si trascorrono molte ore fuori casa o si ha molto tempo libero, l’assunzione di comportamenti di abuso alcolico tra i giovani aumenta. L’alcol viene spesso considerato dai giovani un mezzo per integrarsi socialmente e per ridurre la tensione, al contrario dei giovani adulti i quali dichiarano di bere per divertimento, per stare bene, per essere alla moda, per sembrare estroversi o semplicemente per combattere la noia. È importante rilevare come nella letteratura specializzata, proprio la “noia” viene assunta come principale causa dell’assunzione di comportamenti potenzialmente rischiosi per la salute, come l’uso di alcolici.
- Trasgressione: la capacità del pensiero astratto, che si sviluppa proprio nell’adolescenza, porta a criticare i valori del mondo dell’adulto, l’autorità, le leggi, gli obblighi. Anche l’alcol, indicato tutt’ora come divieto, come limite del lecito oltre al quale l’adolescente può inoltrarsi solo trasgredendo, letteralmente “incamminandosi oltre” (lat. Trasgredior), assume l’aspetto di un comportamento di rottura, col quale l’adolescente esprime la propria debole opposizione a una realtà che fatica a riconoscere come propria. In tal modo, il giovane esprime la propria adesione ad un tipico archetipo occidentale della cultura adolescenziale: quello del trasgressore. Purtroppo, con tutti i rischi che questo comporta sulla salute.
- Cultura del Rischio: esiste una “cultura del rischio” che spiega la valorizzazione che i giovani attribuiscono a gesti pericolosi, come l’assunzione di alcol, droghe, comportamenti sessuali estremi, ricerca di sensazioni forti. La cultura del rischio si presenta sfaccettata: secondo un’indagine condotta nel 2012 (Bastiani Pergamo & Drogo, 2012), alla domanda “perchè assumere rischi volontari?” il 90% dei giovani risponde: “per essere notati”, l’80%: “per sentirsi parte di un gruppo” e il 70%: per “vincere la paura”.
Da ultimo, uno sguardo agli studi sociologici ci porta a considerare l’abuso di alcol come strettamente collegato al concetto di devianza proprio di ogni società. Per questo nell’Ottocento l’alcolista era considerato un criminale, nella prima metà del Novecento un malato mentale e, solo nel dopoguerra, un soggetto in qualche modo malato e bisognoso di un programma di recupero.
Strategie terapeutiche, prevenzione e promozione della salute
Il concetto di prevenzione, intesa come semplice profilassi, cioè come educazione sanitaria legata alla cultura medica, ha sottolineato la necessità di un’educazione in grado di contrastare la visione dell’ alcol inteso come sostanza alimentare e che non etichetta come comportamenti “a rischio” il suo uso e il suo abuso. Tuttavia, la carenza di programmi di educazione alla salute ha portato la popolazione giovanile a ignorare i rischi dell’alcol (Pollo, 2012).
Appare quindi importante definire una vera e propria strategia di prevenzione rivolta alla diminuzione dei consumi alcolici e all’adozione di stili di vita sani nei giovanissimi. Fare prevenzione significa “produrre dei cambiamenti stabili nel tempo e che vanno al di là dell’intervento individuale. È necessario creare programmi che non si limitino a interventi riparativi e limitati nel tempo bensì che coinvolgano le persone e le rendano consapevoli delle loro scelte” (Bastiani Pergamo & Drogo, 2012).