Popolo e Dimaggio (2016) hanno disegnato e manualizzato un approccio breve, 16 sedute, psicoeducazionale ed esperienziale, denominato TMI-Gruppo (TMI-G). L’idea dalla quale tale approccio partiva è che la metacognizione, essendo in buona parte contesto-dipendente, può essere allenata in contesti semi-naturali come il gruppo.
Sviluppare modelli di trattamento. Manualizzarli. Verificarli empiricamente. La forza del cognitivismo nel bene e nel male è sempre stata questa. È una mission che ha portato prima a disegnare la Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI; Dimaggio & Semerari, 2003; Dimaggio, Semerari, Popolo, Carcione e Nicolò, 2007). Poi a manualizzarne le procedure, in particolare per i pazienti con prevalente inibizione comportamentale ed emotiva (Dimaggio, Montano, Popolo & Salvatore, 2013).
A quel punto siamo passati alla verifica empirica. Una prima serie di casi singoli (Dimaggio et al, 2017) e una multiple baseline case series (Gordon-King, Schweitzer & Dimaggio, 2018) hanno dato preliminari prove di efficacia.
Il passaggio successivo era tentare uno studio randomizzato di efficacia, forti anche degli esiti notevoli di un recente trial in cui i Metacognition Oriented Social Skills Training (disegnati dal nostro Paolo Ottavi) si sono dimostrati nettamente superiori ai Social Skills Training tradizionali (Inchausti et al., 2018).
Insieme (Popolo & Dimaggio, 2016) abbiamo quindi disegnato e manualizzato un approccio breve, 16 sedute, psicoeducazionale ed esperienziale, denominato TMI-Gruppo (TMI-G). L’idea dalla quale partiva è che la metacognizione, essendo in buona parte contesto-dipendente (Semerari, 1999) può essere allenata in contesti semi-naturali come il gruppo. L’idea è che la metacognizione peggiori proprio quando la persona è guidata da scopi personalmente rilevanti ed è guidata da previsioni negative (schemi interpersonali) riguardo al loro raggiungimento. “Desidero essere amato, mi aspetto che l’altro mi rifiuti. Desidero essere apprezzato, mi aspetto che l’altro mi critichi”.
Quindi le persone soffrirebbero a causa dell’attivazione di questi schemi e in quei casi le abilità metacognitive, necessarie per aumentare la possibilità che l’assetto relazionale sia buono, cadono.
Siamo partiti dall’idea che fosse utile:
- spiegare ai pazienti quali siano i sistemi motivazionali interpersonali che li guidano, a partire dall’elaborazione fatta dai nostri colleghi italiani (Giovanni Liotti, Giovanni Fassone, Antonella Ivaldi, Benedetto Farina, Fabio Monticelli, Antonio Onofri, Cecilia La Rosa e tanti altri);
- che sotto l’attivazione di questi sistemi le persone provano determinati pensieri ed emozioni e si comportano in certi modi.
A partire da questa conoscenza di sfondo, la parte psicoeducazionale del programma, i pazienti erano invitati a raccogliere episodi narrativi specifici problematici durante i quali erano stati guidati da quello scopo/sistema motivazionale (e.g. agonismo, appartenenza, esplorazione).
La metacognizione, come dicevamo, va allenata nei contesti naturali. Questa è la parte esperienziale del programma. I pazienti erano invitati al role-play degli episodi selezionati, volto prima a comprendere gli stati mentali, propri e degli altri, e successivamente a mettere in atto forme più efficaci e adattive di problem-solving guidato da un’ aumentata comprensione metacognitiva della relazione. In altre parole a migliorare la mastery!
TMI-Gruppo: quale efficacia?
A quel punto era il momento di testarne l’efficacia.
Raffaele Popolo insieme a Daniela Rebecchi e ai colleghi del Servizio Psicologia Clinica DSM AUSL di Modena ha condotto un trial randomizzato con gruppo di controllo. 10 pazienti hanno ricevuto 16 sedute di TMI-Gruppo e 10 sono stati in lista d’attesa+treatment as usual (TAU). I risultati sono stati ottimi. Nel gruppo TMI-Gruppo 8 pazienti su 10 hanno completato il programma. Non ci sono stati effetti avversi neanche nei due drop-out (per altro dovuti a motivi di organizzazione). Il gruppo TMI-Gruppo si è dimostrato chiaramente superiore nel migliorare i sintomi e il funzionamento interpersonale dei pazienti rispetto al gruppo di controllo. La magnitudine del cambiamento era ampia. La metacognizione, come previsto, è migliorata in modo significativo nel solo braccio TMI-Gruppo (TMI-G), in particolare per quanto riguarda autoriflessività e mastery. I risultati si sono mantenuti al follow-up (Popolo et al., 2018).
Con questo studio la TMI, in particolare nella forma TMI-G entra a buon diritto nelle terapie per i disturbi di personalità empiricamente supportate, anche se naturalmente il livello di prove empiriche è solo iniziale. Sulla base di una power analysis, abbiamo valutato che è necessario uno studio randomizzato con almeno 20 pazienti per braccio. Di conseguenza è da poco iniziato un nuovo studio randomizzato di efficacia nello stesso sito del precedente.
In parallelo, a Saragozza è in corso uno studio pilota di efficacia (10 pazienti) per valutare la possibilità di replicare i risultati e disseminare l’approccio in altri paesi. In Norvegia è in corso uno studio simile, con la TMI-Gruppo applicata in più unità psichiatriche. È attualmente in corso di approvazione etica e finanziamento un largo studio randomizzato multicentrico internazionale (Spagna come paese di base, Italia, Norvegia, Australia e Scozia).
TMI-G: Riassumendo
È possibile sviluppare in Italia trattamenti soggetti a verifica empirica? Sì. Fatto.
È possibile testarli? Sì, fatto.
È efficace un trattamento per i disturbi di personalità basato sulla comprensione dei propri schemi interpersonali e sul miglioramento della metacognizione? Sembra proprio di sì.
Servono più prove empiriche a supporto della sua efficacia? Sì, le stiamo raccogliendo.
La metacognizione aumenta nel corso di trattamenti orientati al suo miglioramento? Decisamente sì!