The Place è un film da non perdere per chiunque faccia il mestiere di terapeuta. Il format si ripete per ciascuno dei personaggi: al tavolo di uno squallido bar dove siede per tutto il film un imperturbabile Valerio Mastandrea che non rivelerà mai il suo nome né null’altro di sé, si alternano personaggi che hanno delle richieste da fargli.
The Place – La trama
La trama di The Place è presto risolta, essendo un format che si ripete per ciascuno dei personaggi: al tavolo di uno squallido bar dove siede per tutto il film un imperturbabile Valerio Mastandrea che non rivelerà mai il suo nome ( lo chiameremo dunque X) né null’altro di sé, si alternano personaggi che hanno delle richieste da fargli. X prende appunti e propone agli interlocutori di fare una specifica missione per raggiungere con certezza quanto desiderano. Le richieste riguardano un po’ tutto il panorama dei desideri degli umani: essere ricchi, diventare bella, salvare un figlio morente, ritrovare la passione con il proprio partner, recuperare la vista perduta, passare una notte di passione con una top model, guarire e ritrovare il compagno di una vita colpito da demenza, ritrovare Dio.
X dopo aver consultato la sua agenda propone il compito per ottenere ciò che si desidera con certezza assoluta. Si tratta di compiti impegnativi ma non impossibili e a cui il soggetto è libero di aderire e a cui può sottrarsi in ogni momento: uccidere una bambina, violentare una donna, causare la rottura in una coppia felice, costruire una bomba e uccidere decine di persone, fare una rapina, rimanere incinta.
Le missioni in cerca di felicità dei singoli personaggi si intrecciano in modo avvincente che non rivelerò quantunque neppure una immagine riguardi l’esterno del setting e tutto lo si conosce attraverso le narrazioni che i protagonisti ne fanno di tanto in tanto ad X ( bell’esempio di film a basso costo e come il precedente “Perfetti sconosciuti” tutto giocato sulla recitazione di straordinari attori in un ambiente chiuso).
The Place (2017) – Trailer:
The Place – diverse chiavi di lettura
Non è qui interessante l’avvincente intrigarsi delle storie che mantiene fino all’ultimo la tensione seppure l’azione sia pari a zero, quanto piuttosto proporre alcune annotazioni che suggeriscono diverse chiavi di lettura. The Place è un film che appena finito lo si vorrebbe rivedere per assaporarlo meglio e seguire separatamente i diversi piani interpretativi.
Il più semplice è chiedersi quale sarebbe il proprio più profondo desiderio per scoprire quanto sia difficile definirlo e contemporaneamente se si sarebbe disposti a eseguire i compiti richiesti e dunque quanto la propria moralità sia a geometria variabile.
Via via poi si evidenzia che i desideri esplicitati rimandano ciascuno a qualcos’altro, sono per così dire strumentali per convergere poi tutti, se le proiezioni non mi offuscano, in un bisogno assoluto di amore e di riconoscimento.
Il secondo personaggio principale di The Place, dopo Mastrandrea X, è la barista Angela, una Sabrina Ferilli davvero convincente, l’unica che non ha richieste da fare perché sta aspettando l’amore ed anche l’unica che vede realmente X e si interessa sinceramente a lui non per quello che può darle.
Ad un certo punto X che è schivo e distanziante seppure mai giudicante e rispettosissimo del libero arbitrio dei suoi postulanti le chiede “ma tu sei felice?” e lei risponde che non sono domande da farsi, è sconveniente come chiedere l’età ad una donna. Forse è davvero sconveniente nel nostro mondo rompere la cospirazione contro la razza umana di cui parla Ligotti e chiedersi se si è felici.
La migliore definizione del personaggio di X la dà lui stesso quando viene accusato, di fronte all’ennesima richiesta orribile, da uno dei postulanti di essere un mostro e lui risponde che piuttosto è “quello che dà da mangiare ai mostri”.
Se in un primo momento sembra che le richieste di X siano folli, troppo ardue e crudeli, a ben riflettere sono le richieste dei postulanti ad essere impossibili e a sfidare tutti i limiti mal tollerati della condizione umana.
The Place si conclude come il racconto della genesi: Dio stesso (X) è stanco di avere il carico di tutta questa infelicità umana generata dal continuo desiderare di “tutto essere e tutto possedere” e vuole dimettersi ed è Angela che sfogliando la sua fatidica agenda lo rassicura dicendo la frase che introduceva sempre l’assegnazione di un compito “Si può fare…..”.
Le analogie di setting e di stile con il ruolo di psicoterapeuta sono evidenti e c’è da imparare su come questi, nonostante si mostri emotivamente vicino ai suoi clienti, rimandi a loro ogni responsabilità di scelta, pur suggerendo di riflettere sui motivi che la inducono e mai essendo giudicante.