Il disegno narrativo condiviso. Disegnare e raccontare nella psicoterapia con i bambini è un libro di Gianluigi Passaro, in cui racconta come abbia fatto del Disegno Narrativo Condiviso (DNC) il suo principale strumento di terapia con i bambini.
Questa tecnica si concretizza nella creazione condivisa di “Puntastorie”, narrazioni simboliche di vere e proprie storie di vita riguardanti il piccolo paziente. Il raccontarsi è un concetto fondamentale nel panorama psicologico, un bisogno naturale dell’essere umano. La capacità auto-narrativa ha, infatti, la funzione di intessere le esperienze e gli episodi della propria vita in una trama che abbia continuità e coerenza, permettendo di attribuire un significato al proprio vissuto e garantendo un senso di identità personale integro e costante nel tempo.
Passaro spiega come il sintomo e il disagio psicologico in generale, emergano come una voce quando un evento non viene elaborato emotivamente e, di conseguenza, resta al di fuori della propria storia di vita. Prestare loro ascolto, continua l’autore, è una possibilità che abbiamo per riprendere le fila del nostro vivere. Raccontare in terapia è richiamare una traccia non ancora sperimentata a livello emotivo e investirla proprio di emozione, in modo che possa tramutarsi in ricordo e assumere la propria posizione in mezzo a tutti gli altri ricordi. Solo quando il sintomo torna nella trama della vita, abbandona il suo compito di messaggero e contribuisce a dare fluidità all’esperienza. La psicoterapia permetterebbe, in questo senso, di raccontare la propria storia, vestendola di nuovi significati ed equilibri.
Il disegno narrativo condiviso in terapia
Questo è, a grandi linee, ciò che si propone di fare il Disegno Narrativo Condiviso, un disegno creato a due mani da paziente e terapeuta, che si arricchisce man mano di contenuti simbolici, fino a diventare una vera storia.
Una componente sostanziale della tecnica del disegno narrativo condiviso è la coppia paziente-terapeuta. Il disegno condiviso è creato da una nuova identità che va ben oltre la somma delle due singole unità. Lo spazio della terapia diventa dunque quel luogo di cura in cui paziente e terapeuta sono essenziali l’un l’altro e sono legati da un rapporto di reciprocità e dalla condivisione di una storia terapeutica, i cui fili sono intrecciati da uno e dall’altro.
Nella psicoterapia, ogni soggetto porta in gioco la propria intimità personale e, dall’incontro delle due, nasce l’intimità della relazione. Proprio in questo spazio avviene la co-narrazione di storie e la co-attribuzione di significati concettuali ed emotivi.
Per introdurre la tecnica del disegno narrativo condiviso, Passaro spiega come ogni forma di comunicazione con i bambini sia riconducibile al gioco e come, circa dai due anni e mezzo di età, gli individui siano in grado di rappresentare graficamente vissuti e sensazioni. Fin da piccolissimi, infatti, mostriamo una naturale attitudine ludica alla narrazione e alle relazioni: giocare con un racconto e, attraverso questo, connettersi agli altri, garantisce una finestra che metta in comunicazione il mondo interno con quello esterno, i propri bisogni e desideri con un contesto sociale che può o non può soddisfarli. Vi è quindi una propensione spontanea a organizzare l’esperienza in forma narrativa, sia fantastica, sia ludica o autobiografica. In un disegno è possibile individuare diversi livelli di evidenze: il livello storico, che riporta i fatti; il livello fantasmatico, con tutto ciò che riguarda il mondo intrapsichico del bambino, come paure e desideri; il livello relazionale, che appartiene alla relazione terapeutica e che fa da contenitore agli altri due.
Il disegno narrativo condiviso è una tecnica grafico-narrativa in cui la coppia bambino-terapeuta racconta una storia e che si ispira alla tradizione psicologica e psicanalitica sul disegno infantile, soprattutto allo Scarabocchio di Winnicott. Il disegno, chiamato Puntastoria, comincia tracciando su un foglio punti casuali, per poi unirli con delle linee, creando figure geometriche chiuse. A questo punto, a turno, paziente e terapeuta disegnano negli spazi creati oggetti e personaggi inventati. Dopo aver colorato le immagini, il bambino crea un racconto in cui siano presenti tutti gli oggetti e i personaggi rappresentati, mentre il terapeuta lo trascrive su un altro foglio, per poi rileggerlo ad alta voce.
Il disegno narrativo condiviso è, per sua natura, simbolico e per questo ogni sua componente è fonte di informazione: le posizioni sul foglio, il tratto, la scelta dei soggetti disegnati, l’uso dei colori, tutto è rappresentativo e contribuisce a delineare un profilo del paziente.
Gli scopi nell’utilizzare questa tecnica possono essere molteplici: esplorare il livello grafico del bambino, le capacità intuitive e di problem solving, le competenze logiche, semantiche e narrative, l’emotività e l’intimità. Il racconto creato diventa una storia personale, con emozioni, desideri, paure, tutto ciò che ci rende vivi o che ci costringe a rinchiuderci. La Puntastoria permette al piccolo di avvicinare questi aspetti, di dare loro voce, di riconsiderarli ed elaborarli. Una Puntastoria, inoltre, fornisce considerazioni sul paziente in un determinato momento e, accostandola ad altre, è possibile valutare lo stesso percorso terapeutico. Una buona storia include già al suo interno la via del cambiamento e la terapia è lo spazio narrativo in cui questa storia può prendere forma. Mentre i fatti rimangono gli stessi, infatti, è il narratore stesso a mutare e a trovare, nella storia, una nuova via per accedere ai problemi e alle emozioni.
Il libro Il disegno narrativo condiviso. Disegnare e raccontare nella psicoterapia con i bambini, scritto in modo chiaro e fluido, senza l’eccessivo uso di tecnicismi, si articola in due parti principali. La prima descrive la tecnica del disegno narrativo condiviso, le modalità di realizzazione e il razionale teorico di riferimento; la seconda parte, invece, presenta casi clinici con Puntastorie costruite con il singolo bambino e insieme alla diade madre-bambino, unità importante per l’allargamento del setting terapeutico al nucleo famigliare. L’introduzione di estratti dei racconti e dei disegni stessi, inoltre, fornisce elementi che permettono al lettore di concretizzare i principi principali. Un testo interessante per chi sia incuriosito dagli aspetti ludici e simbolici del lavoro terapeutico, centrali nelle relazioni con i bambini.