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Report dal Convegno Donna e Sport di Catania – 22 novembre 2017

Il 22 novembre a Catania si è tenuto il convegno Donna e sport che ha ripercorso l'emancipazione della donna nello sport e descritto i suoi effetti benefici

Di Maria Tiziana Rita Maricchiolo

Pubblicato il 11 Dic. 2017

Il Convegno che si è svolto il 22 novembre 2017 a Catania nei locali del Palazzo Platamone, è stato organizzato e promosso dall’Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana nella persona del Consigliere Dott.ssa Graziella Zitelli ed ha avuto quale Responsabile Scientifico il Presidente Nazionale dell’Ordine, Dott. Fulvio Giardina. Ha fatto da cornice all’evento la mostra fotografica dal titolo “Donna è Sport nell’Unità d’Italia 1861-2011”, un’esposizione corposa, costituita da 70 pannelli formato 1 x 2 metri che hanno testimoniato, attraverso 700 immagini e brevi didascalie, l’evoluzione dello sport femminile dall’Unità d’Italia ai nostri giorni.

 

Donna e sport: il processo di emancipazione della donna attraverso lo sport

Il tema Donna e sport è stato trattato dai relatori, con interventi che hanno spaziato dall’emancipazione della donna attraverso lo sport, alla psicologia dello sport, dal diritto allo sport alla “sport terapia” nella disabilità fisica e psichica, per concludere con l’importanza dello sport nella malattia oncologica ed i racconti delle atlete tra sfide e motivazioni.

Apre i lavori il Prof. Santo Di Nuovo, Direttore del Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università di Catania e Presidente del Corso di Laurea in Psicologia, con la considerazione che, al di là di ciò che divide uomini e donne nella pratica sportiva, andrebbe considerato ciò che accomuna, ovvero ciò che prescinde dal genere: l’educazione allo sport.

Il Dott. Pierluigi Torresani, Esperto in processi formativi che opera presso l’ Università Cattolica di Milano, ha offerto una lettura di questo percorso di emancipazione della donna attraverso lo sport, proponendo spunti di riflessione rispetto al pensiero di Pierre De Coubertin, il barone francese principale artefice del movimento olimpico moderno nato alla fine del XIX secolo, che si opponeva risolutamente all’agonismo femminile per la differente fisiologia della donna e il diverso ruolo nella società che la rendevano, a suo avviso, inadatta all’attività sportiva. Ha inoltre ben trasmesso il punto di vista di Candido Cannavò, che ha ricoperto per 19 anni la carica di direttore della Gazzetta dello sport, il quale scriveva nella sua rubrica Candidamente: “di aver conosciuto le pioniere e le eroine, le grandi atlete capaci di sfidare il mondo. Il loro fascino si incrociava con il nostro stupore“. Secondo Cannavò in nessun settore, come quello dello sport, si è realizzato un superamento di qualità rispetto all’universo maschile, ed è in riconoscimento a ciò che ha dedicato molte prime pagine alle atlete che ne hanno fatto la storia.

Alla tavola rotonda è intervenuta la Dott.ssa Cristiana Conti, membro del direttivo dell’AIPS (Associazione Italiana Psicologia dello Sport), nonché ex-tecnico per gli sport da combattimento, che ha parlato dei predittori dell’impegno verso lo sport ed ha offerto un quadro dello sport al femminile, ancora caratterizzato da modelli culturali stereotipati.

Lo sport come terapia

Il Prof. Fabio Lucidi ha poi più volte parlato del concetto di retorica nello sport, nell’accezione di accrescimento dell’efficacia di un discorso, ad opera del già citato De Coubertin, per il quale lo sportivo doveva essere uomo in quanto freddo, agonista e competitivo; il che è in linea con quanto i media ancora oggi trasmettono da un punto di vista comunicativo parlando non sempre di atlete, bensì di “ragazze” che praticano sport.

Ha fatto seguito l’intervento di Claudio Pellegrino, delegato provinciale del C.I.P. (Comitato Italiano Paralimpico) Sicilia che ha sottolineato l’importanza dello sport come “terapia” per i benefici che apporta a livello fisico, psichico e sociale; ciò attraverso anche qui un’evoluzione che è passata da un punto di vista di riconoscimento normativo, tra i concetti di inserimento, integrazione, inclusione delle persone con disabilità. Da un punto di vista prettamente sportivo, solo nel 1984 il Comitato Internazionale Olimpico approva il termine Paralimpiadi, il quale sarà utilizzato ufficialmente ai mondiali di Seul dell’88.

Molto toccanti, le testimonianze delle atlete intervenute al convegno. Tra tutte quella dell’ex pallanuotista Giusy Malato ha fatto vibrare i cuori. La più forte della storia di questo sport, l’unica donna ad aver vinto la “Calottina d’oro” (2003), premio che viene dato ogni anno al miglior giocatore del mondo. Con la nazionale vinse l’oro alle Olimpiadi di Atene (2004), due titoli mondiali (1998, 2001), un titolo europeo (1999), 14 scudetti consecutivi (1992-2005) con l’Orizzonte Catania, squadra che nel 2007/2008 condusse da allenatrice alla vittoria in campionato e in coppa Campioni. Racconta della sua sostituzione, dopo aver deciso con sacrificio e determinazione di programmare anticipatamente il parto pur di ottemperare ai suoi doveri professionali. Nell’aprile del 2008 diventa mamma, trovandosi costretta a scrivere una lettera per dichiarare che all’origine del suo licenziamento c’era anche la maternità.

La Dott.ssa Maria Cristina Scuderi, dirigente medico presso la clinica Morgagni di Catania, in linea con uno degli obiettivi dell’evento, ha messo in evidenza infine, l’importanza dell’attività sportiva dopo un percorso di malattia oncologica, neurologica e cardiopatica quale promotore del benessere psico-fisico della persona.

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