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Psicologia Buddhista e Terapia Cognitivo Comportamentale (2016) – Recensione

Il libro descrive le affinità tra la psicologia buddhista e le terapie di terza ondata del cognitivismo, tra cui la mindfulness, l'ACT e la CFT.

Di Elena Mannelli

Pubblicato il 13 Ott. 2017

Psicologia buddhista: Un valido aiuto per i terapeuti CBT che si vogliono addentrare nell’origine delle terapie di terza ondata. Un manuale di circa 300 pagine ricco sia di evidenze empiriche e ricerche recenti, sia di filosofia e tradizione buddhista.

 

La psicologia buddhista

A partire dalla cultura degli anni ’60 e dall’espansione di Internet, le pratiche come lo yoga, la meditazione buddhista e le altre filosofie delle religioni orientali hanno pervaso la medicina occidentale e la cultura popolare.

A seguito di queste tendenze anche nella psicoterapia (soprattutto nell’ambito della CBT) è emersa una nuova linea e queste nuove terapie attingono ai metodi più efficaci e testati delle precedenti psicoterapie, espandendo così la tradizione cognitivo-comportamentale “attraverso l’elaborazione di una nuova comprensione della natura del pensare, del sentire e del fare.”

Il libro “Psicologia Buddhista e Terapia Cognitivo Comportamentale” è un libro sia teorico che “pratico” (nel senso che sono descritte numerose pratiche all’interno) che nasce con lo scopo, direi piuttosto riuscito, di avvicinare alcune delle terapie di terza ondata a tutto quello che è il background nel quale – alcune di queste terapie- affondano le proprie radici, ovvero la psicologia buddhista definibile sia come una tradizione di tecniche psicologiche sia come una filosofia applicata della mente la cui origine si colloca almeno 2600 anni fa, all’interno del Buddhismo (non nella sua accezione religiosa) con l’intento di aiutare le persone a liberarsi dalla sofferenza.

Le affinità tra la psicologia buddhista e le terapie di terza ondata del cognitivismo

Il punto di forza del testo è certamente la qualità scientifica con il quale è stato scritto e descritto. Si cita la più recente letteratura e soprattutto si parla un linguaggio da e per psicologi cognitivi riscoprendo una enorme affinità tra la più antica tradizione buddhista e la terapia cognitivo comportamentale. La mission del libro è sia quella di creare un ponte tra i due mondi sia quella di parlare in termini più scientifici possibili di impermanenza, accettazione, compassione, impegno e amorevolezza.

Salta agli occhi la tenacia con la quale gli autori hanno cercato di percorrere i binari delle differenze e analogie tra la psicologia buddhista e quella scientifica condividendo senza giri di parole il fine ultimo di entrambe che è la riduzione della sofferenza.

La Mindfulness di Kabat-Zinn (1991), l’ ACT (Acceptance and Commitment Therapy, Hayes, 2004) e la CFT (Compassion Focused Therapy, Gilbert 2010) vengono raccontate dall’ottica degli insegnamenti della psicologia buddhista.
Strumenti sia teorici, che pratici vengono descritti per ritrovare parallelismi, similitudini e differenze tra le varie discipline fornendo un contesto più ampio per una maggiore e più profonda comprensione.

Il libro si articola in 8 capitoli; Il filo conduttore è la comprensione del terreno di mezzo tra psicologia buddhista e alcune terapie di terza ondata mediante esercizi e “pratiche” che consentono al lettore di fermarsi e di sperimentare in prima persona quello che è il nucleo delle discipline.
Piuttosto che descrivere la pratica buddhista ortodossa, il libro presenta i concetti, le meditazioni e gli esercizi che sono particolarmente rilevanti per l’integrazione tra la psicologia buddhista e la CBT.

Il primo capitolo parte dalle basi introduttive di quelle che sono le relazioni tra la psicologia buddhista e la CBT cominciando dal primo grande punto in comune che è la cura della sofferenza umana da una prospettiva il più “empirica” possibile. Sia la CBT che la psicologia buddhista invitano a coltivare la coscienza del momento focalizzandosi sull’esperienza, al fine di eliminare l’influenza delle convinzioni deliranti e delle emozioni distruttive (Dalai Lama, 1991; Kwee, Gergen & Koshikawa, 2006).”

Il capitolo secondo comincia a introdurre la terminologia buddhista parlando delle quattro nobili verità, del concetto di dharma e del processo grazie al quale Siddartha ha potuto raggiungere il cammino per la liberazione dalla sofferenza. Le nobili verità vengono tradotte nel linguaggio CBT in una modalità che non risulta in nessun modo forzata ma più che scorrevole e legittima con l’aiuto di alcuni dialoghi esemplificativi tra paziente e terapeuta e di una terminologia cara ai cognitivisti che si basa su meccanismi quali apprendimento ed evitamento.

Il capitolo terzo e quarto traducono le pagine precedenti in comportamenti nella veste di “intervento della Via di Mezzo” (un insegnamento buddhista che cerca di non portare mai eccessi nella vita, né in un senso né nell’altro, per nulla lontano dagli obiettivi della psicoterapia cognitiva): dalla retta parola, alla retta azione, alla retta sussistenza, al retto sforzo, alla retta presenza mentale, fino alla retta concentrazione; tutto è accompagnato da esercizi già noti e utilizzati nelle terapie e nelle pratiche come l’ACT, la CFT e la Mindfulness ma ben inseriti nel contesto più ampio nel quale vengono trattati.

Il capitolo quinto si occupa della Mindfulness in modo più originale, dalla prospettiva della psicologia buddhista che fa della mindfulness uno dei cardini centrali. Mindfulness che viene pensata come una forma di meditazione che aiuta a comprendere la vera natura dell’esistenza attraverso tre indicatori: l’impermanenza, il non-sè e la sofferenza.

Il sesto capitolo apre la strada al concetto di compassione che verrà sviscerato abbondantemente e da tutti i punti di vista nei capitoli seguenti che possono rappresentare un buon compendio della CFT; dalla formulazione del caso, alle basi teoriche agli esercizi pratici in integrazione alla pratica della mindfulness.

Viene dato spazio alla spiegazione sia di quelli che sono gli aspetti centrali della CFT, sia alla compassione dal punto di vista del Buddha e dei suoi insegnamenti, sia dalla più recente e rigogliosa prospettiva delle neuroscienze.

Ampio rilievo, nel capitolo ottavo, viene dato all’auto-compassione (Mind-Self-Compassion). Anche in questo caso pratiche come la meditazione di metta o l’esercizio del sé compassionevole vengono illustrate passo passo.

Il nono capitolo ha l’accattivante titolo “evidence based a supporto dell’intervento della Via di Mezzo” che pare mettere insieme sacro e profano e risulta, invece, essere un capitolo che riassume come i due linguaggi siano così simili anche in termini di prove d’efficacia.
Ad oggi non esiste una ricerca su un approccio globale alla CBT focalizzata sulla psicologia buddhista; tuttavia quest’analisi si propone come un compendio comparativo, piuttosto che dichiarativo, che risulta utile per tutti i professionisti che hanno a che fare con queste discipline.

L’ultimo capitolo mostra invece il versante che più allontana le discipline, ovvero come coniugare il concetto di illuminazione e di “mente illuminata”, in ottica buddhista, all’interno della CBT.
Si cerca di tirare le fila rispetto a tutto quello affrontato nel libro per fornire una visione “comune” tra la psicologia buddhista e la terapia cognitiva attraverso una formulazione del caso esemplificativa.

Gli autori del manuale sono Dennis Tirch, tra le altre cariche è direttore del CFT di New York (il che aiuta a comprendere l’ampio spazio dedicato alla compassione nel manuale), Laura R. Silberstein, direttore associato del CFT e Russel L. Kolts , professore a Washington e si occupa, nella ricerca e nella clinica, anch’egli di compassion therapy.

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Elena Mannelli
Elena Mannelli

Psicologa Cognitivo-Comportamentale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Dalai Lama, H. H. (1991). The Buddhist concept of mind. Mind science: An East–West dialogue. In H. H. Dalai Lama, H. Benson, R. A. F. Thurman, H. E. Gardner, & D. Goleman (Eds.), Mind science: An East–West dialogue (pp. 11–18). Somerville, MA: Wisdom.”
  • Gilbert, Paul (2010a). Compassion focused therapy: distinctive features. The CBT distinctive features series. London; New York: Routledge.
  • Hayes, S. C., Strosahl, K. & Wilson, K. G. (1999).  Acceptance and Commitment Therapy: An experiential approach to behavior change.  New York: Guilford Press
  • Kabat-Zinn, J. (1990). Full catastrophe living: Using the wisdom of our body and mind to face stress, pain, and illness. New York: Delta.”
  • Kwee, M. G. T., Gergen, K. L., & Koshikawa, F. (2006). Horizons in Buddhist psychology: Practice, research and theory. Chagrin Falls, OH: Taos Institute Publications.”
  • D. Tirch, L.R. Silberstein, R.L. Kolts (2016). Psicologia Buddhista e Terapia Cognitivo Comportamentale. Ferrari Sinibaldi Editore.
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