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EMDR: un metodo per rielaborare ricordi traumatici e perdite dolorose

L’ EMDR innesca un meccanismo che riattiva l’elaborazione dell’informazione traumatica, consentendo di raggiungere una sorta di autoguarigione psicologica

Di Marianna Palermo

Pubblicato il 27 Set. 2017

Aggiornato il 08 Dic. 2017 16:25

L’ EMDR, attraverso i movimenti oculari, attiva il processo di rielaborazione dell’informazione traumatica e trasforma il materiale traumatico in una forma più adattiva e funzionale.

Marianna Palermo – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Milano

 

Quando una persona vive un trauma psicologico, avviene uno squilibrio nel sistema nervoso e ciò fa sì che l’informazione acquisita al momento del trauma, comprese le immagini, i suoni, le sensazioni fisiche, vengano conservati a livello neurologico in uno stato disturbante.

L’ EMDR, invece, con i movimenti oculari, innesca un meccanismo che riattiva l’elaborazione dell’informazione e questo consente di raggiungere una sorta di autoguarigione psicologica. A seguito di una terapia di EMDR, infatti, i terapeuti affermano che le immagini, le emozioni e le cognizioni negative risultano più sfocate e meno disturbanti.

Per indicare il percorso effettuato con l’ EMDR si utilizza spesso la metafora del treno: “durante l’elaborazione accelerata, che ha luogo a ogni set, il treno procede verso l’altra stazione lungo la linea. A ogni plateau, o fermata, alcune informazioni disfunzionali vengono scaricate e altre informazioni adattive si aggiungono, proprio come i passeggeri che scendono a ogni fermata mentre altri salgono. Alla fine di una seduta di EMDR l’informazione target è completamente elaborata e il paziente raggiunge una risoluzione adattiva” (Shapiro, 2000). L’ EMDR, dunque, attraverso i movimenti oculari, attiva il processo di rielaborazione dell’informazione traumatica e trasforma il materiale traumatico in una forma più adattiva e funzionale.

Gli elementi di cui si compone una terapia con EMDR

Per poter avviare una terapia con EMDR è necessario innanzitutto individuare un target, che dovrebbe essere rappresentato da ricordi del passato, eventi recenti che attivano il disagio attuale ed eventi futuri associati al disagio attuale. È necessario, quindi, generalmente, procedere in senso cronologico partendo dai ricordi disturbanti del passato, procedendo con quelli del presente e anticipando quelli del futuro.

Una volta individuato il ricordo da cui partire, si chiede di individuare l’immagine peggiore dell’evento.

Si procede con l’individuazione della cognizione negativa che la persona ha sviluppato su di sé in relazione a tale ricordo; le cognizioni negative maggiormente riportate dai pazienti sono: non valgo, sono sbagliato, sono incapace, sono cattivo, non vado bene.. Identificare una corretta cognizione negativa è fondamentale in quanto l’ EMDR trasforma solo il materiale realmente inadeguato e disfunzionale, mentre quello veritiero non viene modificato (ad es. nel caso di una vittima di stupro la cognizione negativa “ero impotente” è probabilmente corretta in relazione all’evento, mentre la cognizione “sono impotente” può essere ristrutturata attraverso l’ EMDR in quanto non risulta più adeguata nel momento presente). La cognizione negativa, dunque, deve riferirsi a se stessi ed essere sostenuta nel presente.

A questo punto, viene identificata la cognizione positiva, ossia ciò che alla persona piacerebbe pensare di se stessa ripensando a quell’evento. Questa cognizione viene poi valutata sulla scala VOC a 7 punti, dove 1 significa “completamente falso” e 7 “completamente vero”. Identificare una cognizione positiva significa definire una visione alternativa del trauma.

Successivamente, vengono individuate le emozioni che la persona prova in questo momento ripensando all’ evento traumatico. L’intensità delle emozioni viene poi valutata sulla scala SUD, in cui 0 significa “nessun disturbo” e 10 “massimo disturbo”.

Infine, vengono chieste alla persona le sensazioni fisiche che sente nel corpo quando ripensa all’evento.

L’elaborazione dell’informazione traumatica con i movimenti oculari

Dopo aver definito i precedenti elementi in relazione al ricordo traumatico, si procede con i movimenti oculari, la cui distanza, velocità e direzione vengono adeguate al paziente. Ogni set generalmente consta dai 24 ai 36 movimenti bidirezionali; dunque, anche la durata di ogni set viene definita in base alla persona e a come risponde a questa fase di elaborazione. Dopo ogni set, si chiede al paziente un feedback per valutare le nuove informazioni, pensieri, immagini o emozioni che sono insorti durante il set.

Se l’elaborazione genera un’attivazione eccessiva, si può procedere con i movimenti verticali che hanno un effetto calmante. Anche nel caso in cui l’elaborazione risulti bloccata si può procedere variando la direzione dei movimenti, anche in direzione circolare o a forma di otto.

Se il paziente non tollera i movimenti oculari si può ricorrere a forme alternative di stimolazioni, tra cui i tamburellamenti sulle mani o gli stimoli uditivi alternati.

Le fasi del trattamento con l’ EMDR

La terapia con EMDR si compone di 8 fasi.

La prima fase consiste in un’approfondita anamnesi del paziente e nella definizione di un piano terapeutico. È opportuno verificare l’idoneità del paziente ad una terapia con EMDR, la stabilità personale, le risorse possedute. Se sono presenti impedimenti lavorativi o familiari che potrebbero ostacolare la continuità del percorso terapeutico sarebbe opportuno rinviare l’inizio dell’ EMDR.

La seconda fase è quella della preparazione del paziente al trattamento, durante la quale vengono spiegate la teoria e la procedura dell’ EMDR e i possibili disturbi che potrebbero insorgere sia durante l’elaborazione sia tra una seduta e l’altra. In questa fase è opportuno anche individuare delle tecniche di rilassamento che potrebbero essere efficaci in caso di eccessiva attivazione durante l’elaborazione.

La terza fase consiste nell’assessment e nella definizione degli elementi citati precedentemente (ricordo target, immagine peggiore, cognizione negativa, cognizione positiva, emozioni e sensazioni fisiche).

La quarta fase è quella relativa alla desensibilizzazione che avviene tramite i set di movimenti oculari e che si conclude solo quando il livello di SUD si riduce a 0.

La quinta è la fase dell’installazione e consiste nella ristrutturazione cognitiva e nell’installazione della cognizione positiva in relazione a tale evento traumatico. Si continua con i set per rafforzare la cognizione positiva finchè si raggiunge un punteggio di 7 sulla scala VOC.

La sesta fase consiste nella scansione corporea durante la quale si valuta se sono ancora presenti sensazioni corporee ripensando all’evento.

La penultima fase, ossia quella della chiusura, ha lo scopo di verificare lo stato di equilibrio del paziente e viene richiesto di compilare un diario in settimana nel caso in cui emergessero pensieri, sogni, immagini che potrebbero essere associati all’evento elaborato.

L’ultima fase viene effettuata la settimana successiva e consiste nella rivalutazione per verificare se in settimana sono insorti nuovi disturbi, emozioni o immagini disturbanti legati al ricordo iniziale.

La creazione del posto al sicuro

Prima di procedere con l’elaborazione di materiale traumatico, viene installato nel paziente il posto al sicuro, ossia si individua un luogo in cui la persona ha sperimentato una sensazione di benessere e di rilassamento. L’installazione di questo luogo può rappresentare un aiuto per ridurre l’attivazione emotiva nel caso di una seduta di elaborazione incompleta o per gestire eventuali disturbi che potrebbero insorgere tra una seduta e l’altra.

Anche l’installazione del posto al sicuro prevede 8 fasi:

  • Fase 1: il paziente identifica l’immagine di un posto al sicuro che gli genera una sensazione di calma e sicurezza.
  • Fase 2: si chiede al paziente di focalizzarsi sull’immagine e di percepire le emozioni e le sensazioni provate e dove queste sono localizzate.
  • Fase 3: il terapeuta ripete l’immagine del posto al sicuro e le emozioni che suscita nel paziente mentre quest’ultimo tiene gli occhi chiusi.
  • Fase 4: mentre il paziente richiama l’immagine e le sensazioni che prova si procede con alcuni set di movimenti oculari.
  • Fase 5: al paziente viene chiesto di identificare una parola chiave che possa evocare l’immagine e si procede con i movimenti oculari mentre il paziente lega l’immagine alla parola chiave.
  • Fase 6: il paziente viene istruito ad evocare automaticamente l’immagine e le sensazioni positive esperite.
  • Fase 7: il terapeuta potrebbe chiedere al paziente di pensare a qualcosa di minimamente disturbante, di notare le sensazioni negative provate e di riportare alla mente il luogo al sicuro per rimuovere le sensazioni negative.
  • Fase 8: il terapeuta chiede di riportare di nuovo alla mente un pensiero disturbante e di svolgere in autonomia l’esercizio precedente.

L’ EMDR nell’elaborazione del lutto

La perdita di una persona cara può essere considerata un’ esperienza traumatica. Sebbene l’essere umano sia predisposto a superare il dolore di una perdita, in alcune circostanze il processo di adattamento può bloccarsi e non consentire l’integrazione dell’evento luttuoso nella memoria (Shapiro, 2000).

L’elaborazione del lutto avviene principalmente attraverso 3 fasi: la prima è quella dell’evitamento, in cui il dolore è talmente forte che la persona è incapace di comprendere ciò che è successo e tende a negare l’evento; la seconda è la fase del confronto emotivo, in cui ci si confronta con la perdita e gradualmente se ne apprende l’impatto; l’ultima fase è quella dell’accomodamento, che prevede un adattamento alla nuova realtà senza dimenticare l’evento vissuto (Solomon, 2015).

Si parla di lutto complesso se emerge una compromissione o un mancato completamento di una delle fasi dell’ elaborazione del lutto. Solitamente quando manca una completa elaborazione dell’evento emergono due comportamenti caratteristici, che sono l’ evitamento di situazioni o aspetti legati alla perdita o l’aggrapparsi alla persona perduta senza lasciarla andare.

Le componenti alle quali l’ EMDR presta maggiore attenzione e che divengono oggetto di elaborazione durante il processo di desensibilizzazione attraverso i movimenti oculari sono appunto le emozioni, le sensazioni fisiche e le cognizioni associate all’evento luttuoso.

Le emozioni frequentemente esperite quando si vive un lutto sono la tristezza, la rabbia per aver perso la persona cara, la colpa se si teme di essere in parte responsabili della morte dell’altro o di non aver fatto abbastanza per salvarlo, l’ansia legata al timore di poter morire e l’impotenza.

Le sensazioni fisiche maggiormente associate al ricordo di un lutto possono essere: il vuoto allo stomaco, la stretta nel petto, la stretta alla gola, l’affanno, i muscoli indeboliti, la mancanza di energia o la bocca secca.

Le cognizioni frequentemente riscontrate in chi ha vissuto una perdita si riferiscono all’incredulità, alla confusione, alla sensazione di sentire la presenza della persona deceduta oppure possono comparire esperienze allucinatorie o illusorie.

Vi sono alcuni fattori che possono complicare l’ elaborazione di un lutto, che riguardano la modalità di decesso (morte improvvisa o inaspettata, morte violenta, decessi multipli, decessi ambigui..), il legame con la persona cara, la concorrenza con altri eventi stressanti, le caratteristiche legate alla personalità e alle strategie di coping.

L’ EMDR è una tecnica che può facilitare il passaggio per le diverse fasi di elaborazione del lutto, pur rispettando i tempi del paziente e senza eliminare i ricordi e le emozioni sane e adeguate legate alla perdita. Inoltre, può favorire il superamento di momenti di blocco e l’affiorare di ricordi positivi legati al rapporto con la persona cara.

Nella fase di anamnesi è opportuno raccogliere informazioni sulle circostanze del decesso, la natura della perdita, le reazioni al decesso sia da parte del paziente che di altri familiari, cosa è cambiato dopo la perdita della persona cara, il tipo di legame con la persona perduta. In questa fase è anche utile esplorare se ci sono state in passato altre esperienze dolorose, quale impatto hanno avuto sulla vita del paziente e come li vive nel presente. Nella concettualizzazione del caso è anche opportuno individuare i ricordi dolorosi del passato legati all’evento luttuoso, i triggers del presente che riattivano un certo grado di sofferenza ed eventuali situazioni future che potrebbero essere legate al lutto e che potrebbero riattivare emozioni dolorose.

Nella fase di preparazione è opportuno offrire al paziente un ambiente calmo e sicuro, stabilizzare il paziente, creare una buona relazione terapeutica, installare risorse e spiegargli come si procederà, preparandolo sulla possibile insorgenza in seduta di emozioni molto dolorose, che tuttavia è importante esperire e attraversare prima di raggiungere un maggiore equilibrio emotivo e psichico.

A questo punto si procederà con le fasi precedentemente descritte.

I target che vengono spesso utilizzati nel corso dell’ EMDR, riguardano il momento in cui è stata appresa la notizia, il funerale, immagini intrusive, immagini di incubi, aspetti legati alla responsabilità personale o alla propria mortalità.

L’ EMDR consente, quindi, di ristimolare il sistema bloccato e accelerare l’elaborazione della perdita, consentendo l’affioramento di emozioni sane. Non bisogna, tuttavia, dimenticare che ogni paziente ha i suoi tempi e che è importante accompagnarlo in questo percorso di elaborazione rispettando i suoi tempi e il suo dolore.

L’efficacia terapeutica dell’EMDR

Gli effetti terapeutici dell’ EMDR sono stati osservati già nei primi studi condotti negli anni ’90. Due studi di Brom e coll. (1989) in cui sono state condotte 15 sedute di desensibilizzazione e un lavoro di Foa e coll. (1991) hanno dimostrato l’efficacia della tecnica. Anche uno studio condotto da Forbes e coll. (1994) su soggetti affetti da Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD) ha dimostrato l’efficacia dell’ EMDR solo dopo 4 sedute terapeutiche.

I primi studi sull’efficacia terapeutica dell’ EMDR sono stati condotti su vittime civili (Chemtob, Nakashima, Hamada, Carlson, 1996; Freund, Ironson, Williams, 1998; Lee e Gavriel, 1998…), sui reduci di guerra (Boudewyns e Hyer, 1996; Carlson e al., 1998..), su pazienti affetti da PTSD (Lazrove e coll, 2000; Grainger e al., 1997…) e hanno dimostrato come l’ EMDR favorisca una notevole riduzione della sintomatologia post traumatica.

Diverse reviews e studi meta-analitici anche più recenti dimostrano l’efficacia dell’ EMDR nel trattamento del Disturbo da Stress Post Traumatico (Maxfield, 2000; Shepherd, Stein, 2000). Ad esempio un recente studio del 2012 ha valutato l’efficacia clinica e neurobiologica dell’ EMDR in pazienti affetti da disturbo da stress post-traumatico. Tramite la risonanza magnetica cerebrale è stato valutato il quadro clinico dei pazienti e le volumetrie ippocampali in 29 soggetti con PTSD e 30 controlli sani. I pazienti sono stati trattati con EMDR e dopo tre mesi di psicoterapia sono stati rivalutati. I risultati indicano la scomparsa della diagnosi in tutti i pazienti che hanno terminato il percorso e in tutti è stato rilevato un incremento medio del 6% dei volumi ippocampali.

Questo dimostra come l’ EMDR non solo consenta una rielaborazione e reintegrazione degli eventi traumatici vissuti, ma abbia dei riscontri oggettivi anche a livello neurobiologico.

In un altro studio di Pagani del 2011 è stato utilizzato l’elettroencefalogramma per monitorare l’attivazione neuronale durante una sessione di EMDR. Lo studio ha descritto le attivazioni corticali dominanti durante la prima sessione di EMDR e durante l’ultima. Durante la prima sessione, la corteccia limbica prefrontale si attivava durante l’ascolto del testo autobiografico e durante i movimenti oculari bilaterali nella fase di desensibilizzazione dell’ EMDR. Durante l’ultima sessione l’attivazione prevalente si registrava nelle regioni corticali temporali, parietali e occipitali. Questo dimostra come anche a livello cerebrale sia possibile rilevare dei cambiamenti a seguito di una terapia con EMDR.

In uno studio di Hogberg del 2008, invece, venti soggetti con PTSD sviluppato in seguito a incidenti sul treno o aggressioni sul posto di lavoro, sono stati trattati con cinque sedute di EMDR. Ai pazienti sono state somministrate scale psicometriche e interviste diagnostiche prima del trattamento, dopo il trattamento, dopo otto mesi e dopo 35 mesi dopo la fine della terapia. Il follow up ha permesso di rilevare come i risultati riscontrati subito dopo il trattamento si mantengono nel tempo.

Gli studi anche recenti sull’ efficacia dell’ EMDR e il mantenimento dei risultati conseguiti anche nel follow-up dimostrano l’importanza di continuare ad investire nella ricerca e nell’ampliamento e perfezionamento della tecnica.

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Marianna Palermo
Marianna Palermo

Dottoressa in Psicologia Clinica

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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