Le emozioni sono delle variabili fondamentali nel processo di apprendimento e devono essere tenute debitamente in conto nel percorso del bambino con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Introduzione: i Disturbi Specifici dell’Apprendimento oltre il potenziamento degli apprendimenti
Un errore che molto spesso viene commesso quando si parla del benessere in età evolutiva è quello di scindere le aree di vita del bambino. Ecco che così tutta la sfera dell’apprendimento diviene una problematica relativa al mondo scolastico, mentre i problemi emotivi ad essa connessi vengono trattati in famiglia. In realtà l’esperienza ci mostra che il quadro definito “Disturbo Specifico dell’Apprendimento – DSA” è molto più complesso e richiede una presa in carico che vada oltre il sistema di potenziamento degli apprendimenti. Infatti le emozioni sono delle variabili fondamentali nel processo di apprendimento e devono essere tenute debitamente in conto nel percorso del bambino con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Emozioni ed apprendimento
Nessun atto della vita psichica è caratterizzato da una scissione fra meccanismi cognitivi e meccanismi emotivi, infatti queste due funzioni operano contemporaneamente in ogni momento della nostra quotidianità. La stessa cosa vale per il processo di apprendimento. Ogni volta che un bambino apprende, accanto alle funzioni esecutive, alla memoria di lavoro, all’attenzione, inevitabilmente sperimenterà anche delle emozioni. Queste emozioni tracciano la memoria di ciò che si sta apprendendo ed è proprio per questo motivo ormai la ricerca ci dice che l’attivazione emotiva favorisce la memorizzazione. Infatti durante il processo di immagazzinamento delle informazioni nella memoria accade che le nozioni scaturite dai processi cognitivi vengono conservate nella memoria semantica, mentre invece la traccia emotiva che ha accompagnato quell’apprendimento finisce nella memoria autobiografica (Lucangeli, 2015).
Ciò ci porta a delle implicazioni non indifferenti: difficilmente il bambino si ricorderà degli errori che faceva, ma ricorderà l’emozione associata a questi errori (paura, confusione, impotenza). L’emozione, a differenza delle nozioni apprese, è tracciata nella memoria di sé e ciò influenzerà significativamente tutti gli apprendimenti successivi e l’atteggiamento del bambino nei confronti della scuola, infatti ogni volta che dovrà recuperare tali informazioni, nei circuiti della memoria verranno riattivate anche le emozioni ad esse associate.
Questo ciclo, ogni volta che si ripete, stabilizza la percezione del bambino di sé stesso come adeguato o inadeguato con ovvie conseguenze sullo sviluppo dell’autostima.
Cosa vuole comunicare la sintomatologia DSA alla famiglia?
Se le emozioni sono così importanti durante il processo di apprendimento esse assumono un ruolo di assoluto rilievo all’interno delle dinamiche familiari.
Cosa significa per la famiglia avere a che fare con un figlio con Disturbi Specifici dell’Apprendimento? I Disturbi Specifici dell’Apprendimento sfidano uno dei pilastri portanti della nostra società, ovvero la credenza per cui se un bambino è intelligente andrà bene a scuola. Inoltre, per molti genitori, la pronuncia della fatidica frase “mio figlio va bene a scuola” è sinonimo di buone competenze educative, di essere un buon genitore che segue il figlio.
Il primo giorno di scuola è un rituale che investe non solo il bambino, ma tutta la famiglia. L’ingresso nel mondo scolastico è accompagnato da una buona quota di ansia e di aspettative sia dal bambino, ma anche e soprattutto dalla famiglia.
Si pensi a quante coppie genitoriali si sentono in colpa quando viene loro comunicata la diagnosi del figlio, come se le difficoltà nel rendimento scolastico fossero una responsabilità alla quale non possono sottrarsi.
Dunque una diagnosi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento mette in crisi la famiglia da un punto di vista sociale, genitoriale e relazionale in quanto la relazione genitore-figlio avrà come perno sempre la scuola e poiché la frustrazione dei genitori può portare conflitto anche all’interno della coppia.
E’ interessante sottolineare anche il ruolo degli insegnanti e della scuola che, in questo contesto, diventano facili bersagli di malcontento e scarichi di responsabilità, operatori che oscillano fra l’estremo bisogno di aiutare il bambino in difficoltà e le richieste rigide del sistema scolastico che impone ritmi di apprendimento e di studio ben definiti e serrati.
Non a caso ciò che ci mette davanti la sintomatologia DSA è un messaggio che, immersi nella frenetica società di oggi, fatichiamo ad accettare: la lentezza. Sono bambini che, portatori di un ritardo di maturazione di determinati meccanismi, ci chiedono prepotentemente di rispettare i loro tempi, di riappropriarsi delle tempistiche evolutive, soggettive ed insindacabili. Sono bambini che chiedono e richiedono tempo e che ci invitano a rallentare e a staccare dai controlli ossessivi degli orologi e dei sistemi di valutazione.
Come una terapia familiare può essere d’aiuto?
Il quadro appena descritto appare connotato in maniera marcata dal conflitto. Non solo quello, classico, fra genitori e figli, ma anche quello all’interno della coppia, quello fra i genitori e l’istituzione scolastica, quello fra il bambino ed il gruppo di pari per il quale nutre un profondo senso di inferiorità ed inadeguatezza. All’interno di tutto questo la terapia familiare si inserisce primariamente come un facilitatore comunicativo, un rimando verso tutti i membri della famiglia del come stanno vivendo la situazione, non facile per nessuno, restituendo loro la legittima quota di frustrazione e sofferenza per la quale non devono sentirsi giudicati.
Il ruolo fondamentale è quello poi di ridurre il senso di non-accettazione esperito dal bambino, aiutarlo a comunicare le sue esigenze peculiari accompagnando i genitori in questo percorso di comprensione in cui saranno in grado di prendere consapevolezza di cosa è realmente e cosa comporta un Disturbo Specifico dell’apprendimento.
Contestualmente al lavoro sull’impotenza appresa del bambino si lavorerà anche sul senso di impotenza e di incompetenza dei genitori e sul loro ruolo educativo, riorganizzando spazi e tempi domestici in relazione ai bisogni specifici di tutta la famiglia, non solo del bambino. L’obiettivo primario sarà quello di restituire il bambino alla famiglia, spostando il focus dal deficit alle risorse, a ciò che di soddisfacente il bambino può dare, al tempo di qualità vissuto con i genitori in esperienze ludico-ricreative evitando la sgradevole sensazione del bambino di essere preso in considerazione solo per il rendimento scolastico e non per la sua individualità ed unicità.
Lavorando sugli ambiti di autonomia personale si darà così modo alla famiglia si respirare un’ aria diversa, che non sia incatenata a certi rituali come i compiti e le lotte per essere accompagnati a scuola.
In questa ottica i Disturbi Specifici dell’Apprendimento si configurano come una sfida da accettare con entusiasmo che trasforma le criticità in risorse per tutti i sistemi coinvolti, in un ascolto attivo e collaborativo nel quale ognuno può trovare il giusto spazio per sé e le proprie esigenze senza rimanere intrappolato dai numeri, che siano quelli dei voti o quelli sui quali scorrono le lancette dell’orologio.