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Alzheimer, scoperta rivoluzionaria: origine del morbo legata a depressione e disturbi dell’umore

La causa della demenza di Alzheimer sarebbe dovuta alla morte dei neuroni dell'area tegmentale ventrale, area che governa anche i disturbi dell’umore

Di Daniele Mastromo

Pubblicato il 01 Set. 2017

Aggiornato il 03 Lug. 2019 12:18

Lo studio italiano, pubblicato sulla rivista Nature Communications, rivoluziona l’approccio alla demenza di Alzheimer imputandone l’origine all’area tegmentale ventrale, dove viene prodotta la dopamina, neurotrasmettitore coinvolto anche nei disturbi dell’umore.

 

La demenza di Alzheimer

La malattia di Alzheimer (Alzheimer disease – AD) è un disturbo neurologico caratterizzato da sintomi cognitivi e non cognitivi che sono associati ad atrofia cerebrale.

Nel mondo, secondo il World Alzheimer Report 2016 della Federazione Alzheimer’s Disease International (ADI), oltre 47 milioni di persone soffrono di demenza, un numero destinato a salire, a causa dell’invecchiamento della popolazione, a 131 milioni entro il 2050. L’età media dei malati di demenza di Alzheimer è di 78,8 anni, i caregiver impegnati nella loro assistenza ne hanno in media 59. Il morbo di Alzheimer, la forma più diffusa di demenza senile, oggi in Italia colpisce, 500-600 mila persone, pari al 5% delle persone con più di 60 anni.

Secondo una ricerca Censis-AIMA, il 18% vive da solo con la badante e i costi diretti per l’assistenza superano gli 11 miliardi di euro in Italia di cui il 73% è a carico delle famiglie. Oggi l’unico modo di fare una diagnosi certa di demenza di Alzheimer, ricorda il portale dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è attraverso l’identificazione delle placche amiloidi nel tessuto cerebrale, possibile solo con l’autopsia post-mortem. Nonostante i tanti investimenti in ricerca nel settore, non esistono ancora farmaci in grado di fermare e far regredire la malattia e tutti i trattamenti disponibili puntano a contenerne i sintomi.

Morbo di Alzheimer: la causa nell’area che governa i disturbi dell’umore?

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, la causa della demenza di Alzheimer non va cercata, come svolto finora, nell’area del cervello responsabile della memoria, ma sarebbe dovuta alla morte dei neuroni presenti in una delle zone che governa anche i disturbi dell’umore. La scoperta, tutta italiana, che promette di rivoluzionare l’approccio alla ‘malattia del secolo’, è il risultato di una ricerca coordinata da Marcello D’Amelio, professore di Fisiologia Umana e Neurofisiologia presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Lo studio, condotto in collaborazione con la Fondazione IRCCS Santa Lucia e il CNR di Roma, getta una luce nuova su questa patologia che, solo in Italia, colpisce circa 500-600 mila persone. Finora si riteneva che, a causare la demenza di Alzheimer, fosse una degenerazione delle cellule dell’ippocampo, area cerebrale da cui dipendono i meccanismi del ricordo. La nuova ricerca invece, punta l’attenzione sull’area tegmentale ventrale, dove viene prodotta la dopamina, neurotrasmettitore coinvolto anche nei disturbi dell’umore. Come in un effetto domino, la morte di neuroni deputati alla produzione di dopamina provoca il mancato arrivo di questa sostanza nell’ippocampo, con la conseguente perdita dei ricordi.

L’ipotesi è stata confermata in laboratorio, somministrando su modelli animali con Alzheimer, due diverse terapie: una con un amminoacido precursore della dopamina (L-DOPA), l’altra a base di un farmaco che ne inibisce la degradazione. In entrambi i casi, si è registrato il recupero della memoria insieme a un pieno ripristino della motivazione. L’area tegmentale ventrale rilascia dopamina anche nell’area che controlla la gratificazione. Per cui, con la degenerazione dei neuroni dopaminergici, aumenta anche il rischio di andare incontro a una progressiva perdita di iniziativa. Questo spiega perchè la demenza di Alzheimer è accompagnata da un calo nell’interesse per le varie attività della vita, fino alla depressione.

Perdita di memoria e depressione possono essere definite due facce della stessa medaglia. Tuttavia, diversamente da quanto finora ritenuto, i cambiamenti dell’umore non sarebbero conseguenza dell’Alzheimer, ma un segnale del suo inizio. Pur essendo ancora lontana una cura, i risultati suggeriscono che terapie future, tanto per la demenza di Alzheimer che per il morbo di Parkinson, anch’esso causato dalla diminuzione dei neuroni che producono dopamina, potrebbero concentrarsi partendo da questa nuova scoperta.

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