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Monsignor Della Casa e la relazione terapeutica – Roberto Lorenzini su Trauma e Relazione Pt. 3

La relazione terapeutica, finché ci lasciava lavorare serenamente, la si poteva ignorare con la semplice e attenzione a mantenere un clima collaborativo...

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 20 Lug. 2017

Proseguo le mie considerazioni sul dibattito su trauma e relazione. Nel cognitivismo comportamentista che imparai 40 anni fa si parlava ben poco di relazione terapeutica, al contrario del gran parlare che ci si facevano i colleghi psicoanalisti con il transfert, il controtransfert e le relative nevrosi.


Il dibattito su Trauma e Relazione Terapeutica:

  1. Lo spettro del trauma che si aggira per il mondo (della psicoterapia) – 25 Maggio 2017
  2. Come non avere paura dello spettro del trauma – di Benedetto Farina – 04 Luglio 2017
  3. Il paradigma psicotraumatologico, in risposta a Benedetto Farina – 06 Luglio 2017
  4. Trauma e Relazione Terapeutica: in risposta a Benedetto Farina – Pt. 2 – 13 Luglio 2017
  5. L’Alleanza terapeutica: intervento di Fabio Monticelli nel dibattito su trauma e relazione – 14 Luglio 2017
  6. La relazione terapeutica è traumatica o il trauma è la vera relazione? – Roberto Lorenzini – 17 Luglio 2017
  7. Cosa faccio in terapia: il ragionamento prima delle tecniche – Roberto Lorenzini Pt. 2 – 19 Luglio 2017

Da noi finché non dava fastidio e ci lasciava lavorare serenamente con le nostre tecniche efficaci la si poteva ignorare del tutto con la semplice e banale attenzione a mantenere un clima collaborativo ignorando che sono anche altri i sistemi motivazionali ad attivarsi in una relazione e che semmai la vera cooperazione è un punto di arrivo, quando va di lusso.

Salta agli occhi la somiglianza con la relazione di attaccamento in quanto: la sproporzione di potere e competenza tra i due è evidente, ci si occupa dei bisogni di uno soltanto e -unica tra tutte le altre relazioni profonde adulte- come l’attaccamento, se funziona finisce e lavora a tal fine.

La relazione terapeutica è normata dalle cosiddette regole del setting che, nate sull’esperienza professionale dei primi analisti, si sono poi col tempo gonfiate, articolate complicate per quella strisciante perversione del genere umano che potremmo chiamare “normofilia” che ha la sua massima nefasta espressione nella burocrazia, nei regolamenti attuativi, nelle circolari esplicative, e così via. Non c’è niente da fare è più forte di noi. Sant’Agostino ha detto “ama e fa ciò che vuoi” e schiere  di monaci segaioli si sono messi a predisporre esattamente un grafico con sulle ascisse il tempo mancante al matrimonio e sulle ordinate i centimetri di coscia esplorabili in attesa del gran giorno.

Il proliferare di questa metastasi normativa del setting ha reso la terapia una liturgia accentuandone gli aspetti magici e suggestivi. Mi capitano dei pazienti che si meravigliano di potermi stringere la mano nel salutarci e credono di commettere peccato mortale a prendere una caramella presente sul tavolo. Non dimenticherò facilmente una paziente che si contorceva sulla sedia in quanto aveva saputo che fare pipì nel bagno del terapeuta è un gesto chiaramente aggressivo e che si è convinta alla liberazione dopo che ho argomentato essere certamente peggio una pisciata sull’antica poltrona del mi babbo. Colgo l’occasione per autodenuncirmi ai probi viri della SITCC per aver accompagnato con l’ombrello alla sua macchina l’ultimo paziente della giornata che usciva con me. In passato un Natale accettai persino un panettone fatto in casa senza canditi, ma ero molto giovane: ora mi piacciono pure i canditi.

Allora credo che Sandra abbia ragione quando dice che è riducibile ad un problema di buona educazione, ovviamente non formale ma sostanziale ovvero di assoluto rispetto reciproco. Le stesse regole non valgono forse nel rapporto col vostro meccanico  con il pediatra dei figli o con l’avvocato?

Solo che tutto questo è il minimo sindacale garantito il “ci mancherebbe altro”, poi la relazione  è anche uno strumento terapeutico sia in fase di assessment perché lì vediamo in diretta i modi con cui il paziente si relaziona agli altri e che sono in genere il motivo della sofferenza per cui è li. Purché non ci si dimentichi che quello che viene fuori è il frutto di due patologie: la sua e la nostra.

La teoria prevede che il terapeuta non risponda in modo complementare e rinforzante, come fanno tutti, agli schemi del paziente ma ne evidenzi la disfunzionalità cercando alternative. Così la relazione diventa uno strumento terapeutico.

La relazione terapeutica può essere strumento fondamentale del processo di cambiamento. La strada maestra comunque è l’atteggiamento di fondo  da tenere nei suoi confronti che  definirei  in generale come “percepirlo e trattarlo come non si è mai permesso di essere per consentirglielo”. Credo che questa percezione  di come l’altro avrebbe potuto e forse voluto essere e non è stato sia decisiva e deve essere sincera, poi tutto il resto  segue di conseguenza.

L’importante è procedere con un idea in testa sul cambiamento che si vuole ottenere, il resto viene da sé. Ad esempio se voglio che  aumenti l’autostima l’atteggiamento sarà genericamente validante e incoraggiante. Se voglio che smetta di costringersi ad essere il migliore per essere considerato lo coccolerò quando sta in difficoltà.

Due esempi fuori contesto  dunque più freddi e chiari.

Se voglio  tornare a casa devo rappresentarmi questo desiderio. Poi scegliere l’autobus, la metropolitana, i piedi o il taxi dipenderà dalla distanza, da me in quel preciso giorno, dal tempo e dalle risorse.

Se voglio conquistare un partner, il protocollo non è standard ma  dipende da come è lei/lui –o meglio: da come penso che sia- da come sono le condizioni esterne al momento e da come sono io. L’importante non è avere la ricetta giusta ma un metodo per la correzione degli errori che certamente ci saranno  e in terapia  questo metodo di aggiustamento della mira è la condivisione col paziente.

 


Leggi il resto della discussione:

  1. Lo spettro del trauma che si aggira per il mondo (della psicoterapia) – 25 Maggio 2017
  2. Come non avere paura dello spettro del trauma – di Benedetto Farina – 04 Luglio 2017
  3. Il paradigma psicotraumatologico, in risposta a Benedetto Farina – 06 Luglio 2017
  4. Trauma e Relazione Terapeutica: in risposta a Benedetto Farina – Pt. 2 – 13 Luglio 2017
  5. L’Alleanza terapeutica: intervento di Fabio Monticelli nel dibattito su trauma e relazione – 14 Luglio 2017
  6. La relazione terapeutica è traumatica o il trauma è la vera relazione? – Roberto Lorenzini – 17 Luglio
  7. Cosa faccio in terapia: il ragionamento prima delle tecniche – Roberto Lorenzini Pt. 2 – 19 Luglio 2017

 

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