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Servo e padrone: cercare la liberazione nel proprio carceriere

In una relazione d’abuso, il bambino impara che il mondo è fatto di chi infligge dolore e chi lo subisce. Da adulto sarà a volte vittima, a volte carnefice

Di Giancarlo Dimaggio

Pubblicato il 03 Mar. 2017

Chi sei per me: salvatore o persecutore? È tutto mosso dalla paura e dal bisogno di conforto. Se nella tua storia a fronte della paura hai conosciuto quelle risposte: frusta o indifferenza, riconoscerai con facilità chi le sa somministrare e in lui spererai di trovare la salvezza.

Articolo di Giancarlo Dimaggio, pubblicato il 05/02/2017 su il Corriere della Sera

 

The Dark Knight, che parli Joker: “Tu non riesci proprio a lasciarmi andare, vero? Ecco cosa succede quando una forza inarrestabile incontra un oggetto inamovibile… Tu non mi uccidi per un malriposto ipocrita moralismo. E io non ti ucciderò perché sei troppo divertente. Credo che io e te siamo destinati a lottare per sempre”. Citando il paradosso dell’onnipotenza, Joker si rivolge a Batman che lo tiene appeso a testa in giù sull’abisso.

In quel momento Batman lo domina, ha potere di vita e di morte, ma le parole di Joker sono sagge: hanno bisogno l’uno dell’altro, incubo e succube, dominato e dominatore. Il filo che lega schiavo e padrone è noto. Il padrone, certo, teme il sottomesso, ma solo se crede che abbia i mezzi per detronizzarlo; se si sente sicuro continua a comandare con naturalezza.

Per Max Mosley non era così. Figlio di fascisti antisemiti – alle loro nozze partecipò Hitler – è stato pilota e poi boss della Formula 1. Nel 2008 il mondo intero lo scopre protagonista di un’orgia sadomaso. Cinque prostitute vestite da naziste o da detenute dei lager lo spidocchiano, frustano e poi si cambia, tocca a lui stare in piedi. Era figlio di sostenitori del dominio razziale, leader di un’organizzazione di potenza economica gigantesca, dove immagino provasse un certo gusto nel gestire il potere, eppure gli era necessario inscenare il teatro della propria umiliazione. Padrone per discendenza, godeva nel tornare schiavo.

Nella mente, cosa unifica i poli di questa simmetria perversa, e cosa porta all’interno di una relazione a trovarsi catturati da questa ossessiva messinscena? Di varie strade, la prima, quella più chiara allo psicologo, nasce dall’abuso. I nostri pazienti, vittime di maltrattamenti fisici o psicologici, riproducono nella vita adulta il copione che Stephen Karpman definì triangolo drammatico. Sono stati vittima, alla mercé di un persecutore ed erano alla disperata ricerca di un salvatore onnipotente. Succede se i genitori ti picchiano, violentano, tiranneggiano, ti trascurano fino al punto della non-esistenza. I tre ruoli si stampano nella mente del bambino e diventano la chiave che, da adulto, utilizzerà per decidere cosa aspettarsi dalle relazioni.

Ci amiamo? Allora chi sei per me: salvatore o persecutore? È tutto mosso dalla paura e dal bisogno di conforto. Se nella tua storia a fronte della paura hai conosciuto quelle risposte: frusta o indifferenza, riconoscerai con facilità chi le sa somministrare e in lui spererai di trovare la salvezza. Un paradosso beffardo: cercare la liberazione nel proprio carceriere, avere bisogno delle chiavi che ci liberino e implorarle speranzose proprio a chi ci aveva sbattuto nelle segrete.

Ma attenzione, la mente gioca scherzi strani. Quel bambino non impara solamente a essere vittima. Sperimentando giorno dopo giorno una relazione d’abuso, impara che il mondo è fatto di chi infligge dolore e chi lo subisce e sviluppa la fantasia che arrivi il Cavaliere Oscuro che protegge e riscatta. Da adulto il ruolo in cui ricadrà con più facilità, in piena coscienza, sarà quello di vittima. Ma automaticamente, senza premeditazione, ribalterà con tocco magico i ruoli. La donna maltrattata, pur pensandosi colei che subisce, troverà il modo di vessare l’altro. È un bolero inesorabile, che tante volte osservo nelle relazioni di coppia malate.

Anni fa curai una donna giovane, intelligente, acuta. Era incinta di un compagno che la amava e accudiva, ma era ossessionata dal ricordo dell’ex che più volte l’aveva picchiata, lasciata e poi ricercata e poi insultata e ancora picchiata. Non era lui che la perseguitava, niente stalker nel quartiere. Era lei che lo sognava, lo desiderava, apriva Facebook angosciata che un’altra le avesse sottratto il posto. Capire il perché del suo comportamento fu facile. Già dopo una seduta le suggerii che non fosse davvero innamorata dell’ex, ma ossessionata da un fantasma al quale prestava un volto. Le chiesi chi fosse l’attore della tragedia originale, non con queste parole naturalmente, il linguaggio dello psicoterapeuta deve essere semplice. Si ricordò del padre che la minacciava che avrebbe sfondato la porta se lei non si fosse consegnata spontaneamente alla punizione. Non riesco a sopprimere l’immagine di Jack Nicholson in Shining: Wendy? Sono a casa.

Una volta svelato chi era davvero che la tormentava, si rese conto che tante volte lei stessa aggrediva l’ex – che questo non sia mai giustificazione per chi commette violenza – e, con sua grande sorpresa, scoprì di tiranneggiare con richieste rabbiose e impossibili da soddisfare il nuovo compagno. Il quale, da buona pietra inamovibile, non faceva una piega e continuava ad amarla. Sorrise all’idea di sapersi persecutrice. In un anno smise di premere replay e cambiò film. So che dopo anni sta ancora insieme al nuovo compagno e hanno avuto tre figli. Non ha mai più cercato lupi cattivi.

C’è un’altra strada che porta al continuo scambio dei ruoli tra servo e padrone. Nasce direttamente dai rapporti di potere. Immaginate un genitore tirannico e allo stesso tempo disattento, che vi fa la morale e biasima ogni vostro gesto spontaneo. È possibile che veniate su preda di una frustrazione cronica ma incapaci di agire, ribellarvi e mandare al diavolo tutti per seguire la vostra strada. Nelle relazioni adulte vi vedrete tra le mani di un prepotente e il vostro comportamento sarà apparentemente sottomesso. Ma la voglia di resistere non si spegne mai, solo, la mettete in atto attraverso una sequela di rifiuti, dimenticanze, sottili sabotaggi, velate critiche mai ammesse a palmi aperti. Subite e infliggete stilettate quotidiane in un quadro in cui vi dipingete carcerati, ma lo spettatore vi vede nel costume di aguzzino.

In entrambi i percorsi, abuso e silenziosa lotta per il comando, l’unica strada proibita è quella della liberazione. È per questo che il Cavaliere Oscuro non lascia morire Joker e lo tiene appeso alla corda e Joker lo insegue per ghignargli beffardo in faccia. L’uno attore del teatro dell’altro, vittima, carnefice e salvatore e chi apparirà al prossimo giro della slot machine?

 

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Giancarlo Dimaggio
Giancarlo Dimaggio

Psichiatra e Psicoterapeuta - Socio Fondatore del Centro di Terapia Metacognitiva-Interpersonale

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