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Curare il sé traumatizzato: il contributo di Ruth Lanius

Prossimamente a Milano Ruth Lanius, psichiatra che ha dato un grande contributo alla comprensione e alla cura del trauma negli ultimi 10 anni

Di Camilla Marzocchi

Pubblicato il 24 Gen. 2017

Il 24 e il 25 febbraio Ruth Lanius tornerà a Milano per il workshop dal titolo “Momenti Cruciali nel Trattamento del Trauma: Verso l’Integrazione del Sé”: sarà l’occasione per esplorare insieme a lei le sfide che questo tipo di disturbi pongono sia ai terapeuti che ai pazienti, in perenne lotta con una dolorosa frammentazione interna.

 

Un grande contributo alla comprensione e alla cura del trauma è stato dato negli ultimi 10 anni da Ruth Lanius, professoressa di psichiatria, direttrice dell’unità di ricerca sul disturbo da stress post-traumatico (PTSD) presso la University of Western Ontario e autrice di numerose pubblicazioni sul tema del trauma e dei trattamenti evidence-based per la cura dei disturbi post-traumatici e dissociativi.

Il 24 e il 25 febbraio tornerà a Milano il workshop dal titolo “Momenti Cruciali nel Trattamento del Trauma: Verso l’Integrazione del Sé”, organizzato, come nel 2015, dal Btl Workshop, e sarà l’occasione per ascoltare di nuovo il contributo clinico di Ruth Lanius e per esplorare insieme a lei le sfide che questo tipo di disturbi pongono sia ai terapeuti che ai pazienti, in perenne lotta con una dolorosa frammentazione interna.

 

Ruth Lanius: la traumatizzazione cronica nella vita quotidiana

La traumatizzazione cronica può infatti compromettere la capacità di una persona di vivere consapevolmente nel presente, poiché gli effetti del trauma possono manifestarsi  più o meno intensamente nella vita quotidiana attraverso difficoltà nel regolare emozioni intense, flashbacks, derealizzazione, depersonalizzazione, ottundimento, autolesionismo, esperienze di essere “fuori dal corpo”, fino a veri e propri stati dissociativi.

Questo rende difficile svolgere le normali attività quotidiane ed è per questo che risulta molto efficace per questi pazienti acquisire, attraverso un percorso di cura specializzato, innanzitutto strumenti quotidiani di gestione della dissociazione e successivamente metodi che li aiutino lentamente a “re-integrare” aspetti di sé in conflitto, a recuperare una coscienza di sé piena e completa, insieme ad una narrazione della propria storia priva di discontinuità e amnesie; solo l’integrazione di funzioni e aspetti di sé tenuti separati dal trauma può ridurre i sintomi legati alle riattivazioni traumatiche e al re-enactment, molto frequenti in questi pazienti.

 

Healing the Traumatized Self di Ruth Lanius

Uno degli ultimi importanti contributi scientifici di Ruth Lanius è stata la pubblicazione, prossima anche in Italia, del volume Healing the Traumatized Self (Frewen, Lanius, 2015). Il focus del manuale, introdotto con entusiasmo da David Spiegel e Bessel van der Kolk, è offrire ai clinici strumenti utili per orientarsi nello spettro complesso di sofferenze che i pazienti traumatizzati portano in terapia, attraverso la presentazione del modello quadridimensionale di classificazione dei sintomi post traumatici.

Le ricerche condotte negli ultimi anni, sono nate infatti dall’esigenza di definire meglio proprio il concetto stesso di dissociazione in cui finiscono per essere incluse molte differenti sindromi, generando confusioni sia diagnostiche che cliniche (Lanius, 2015). Il DSM-5 ha permesso di affiancare per la prima volta i disturbi dissociativi ai disturbi correlati a stress ed eventi traumatici, sottolineando finalmente il legame tra trauma e dissociazione, ma con il loro Modello a 4 dimensioni gli autori del libro, Paul Frewen e Ruth Lanius, propongono un ulteriore approfondimento; il loro modello offre cioè la possibilità di collocare i sintomi lungo un continnuum tra una normale attività cosciente (Normal waking consciousness, NWC) e la presenza di stati alterati di coscienza legati al trauma (trauma-related altered states of consciousness, TRASC), attraverso l’utilizzo di 4 dimensioni principali: tempo, pensieri, corpo, emozioni (vedi fig.1).

curare il Sé traumatizzato: il contrbuto di Ruth Lanius

Fig. 1 – Modello quadridimensionale di Lanius e Frewer. Le parti in rosa indicano gli stati NWC, normali alterazione dello stato di coscienza, mentre le parti in arancione descrivono alterazioni di coscienza trauma correlate.

 

Osservare la dimensione tempo permette, ad esempio, di differenziare tra flashback intrusivi che portano a rivivere letteralmente il trauma (TRASC) e ricordi intrusivi che generano angoscia (NWC); rispetto alla dimensione dei pensieri è importante distinguere, ad esempio, tra le presenza di voci e allucinazioni uditive (TRASC) e la persistenza, seppur disturbante, di una ruminazione negativa e ricorrente su di sé espressa in prima persona (NWC).

Ancora, l’osservazione della dimensione corporea può aiutare a distinguere tra uno stato di depersonalizzazione (TRASC) e uno stato di iper-arousal (NWC) e infine rispetto alla dimensione emotiva sarà importante distinguere, ad esempio, tra stati di ottundimento/numbing (TRASC) e uno stato emotivo depressivo, quand’anche  generale e pervasivo (NWC). Ognuna di queste dimensioni può aiutare a definire meglio le caratteristiche dei sintomi più difficili da intercettare e ovviamente le dimensioni non si escludono tra loro, ma possono aiutare proprio se considerate insieme. Ad esempio la depersonalizzazione può colpire una sola dimensione, il pensiero, o anche il corpo o una parte del corpo, risultando un sintomo più o meno pervasivo e generalizzato.

 

Attaccamento e trauma

Oltre alla concettualizzazione di questo modello, il lavoro di Ruth Lanius negli ultimi anni si è focalizzato sulla validazione dei trattamenti più efficaci proprio nei casi di traumatizzazione cronica, offrendo contributi scientifici sull’efficacia del neurofeedback nella cura della disregolazione emotiva (Lanius, 2016) e continuando ad approfondire sin dal 2010, anno di pubblicazione del suo importantissimo manuale “The Impact of Early Life Trauma on Health and Disease: The Hidden Epidemic” (di Lanius, Vermetten, Pain), l’impatto di traumi relazionali legati ad esperienze precoci e negative di attaccamento sullo sviluppo cerebrale infantile e dunque sulla possibilità di causare sindromi post traumatiche e psicopatologia in età adulta (Lanius, 2013). Lo stile di attaccamento familiare e la capacità delle figure di accudimento di tenere confini relazionali adeguati, sembra infatti avere un impatto significativo sulla costruzione di una identità propria e integrata a causa dell’influenza che l’assenza di confini ha sulle stesse funzioni cognitive responsabili della costruzione della memoria episodica o autobiografica (Lanius, 2016).

Questi risultati evidenziano come l’impossibilità di costruire una narrazione congrua, ricca e completa della propria storia, impedisca ai pazienti traumatizzati di percepire un senso profondo e stabile della propria identità e ostacoli la possibilità di sentirsi individui in evoluzione con un passato chiaro, un presente percepito come reale e un futuro da costruire.

Curare il sé traumatizzato allora passa da un lento e preciso lavoro di integrazione, che necessita di una comprensione profonda dei processi neurobiologici e fisiologici che i traumi vanno ad alterare, di strumenti di cura appropriati ed efficaci, ma anche della capacità di restare sintonizzati in terapia sull’esperienza emotiva che i pazienti portano, offrendo un modello di attaccamento sicuro, in grado di promuovere un legame nuovo e caratterizzato da confini relazionali chiari e stabili, in un contesto sicuro e non giudicante, che aiuti a disinnescare le risposte di allerta lasciate in eredità dal trauma e permetta una ri-costruzione graduale ma autonoma della propria identità e della strada verso il futuro.

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CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Ruth Lanius
Presentazione di Ruth Lanius, Ph.D, professoressa di Psichiatria presso la University of Western Ontario

Ruth Lanius è professoressa di psichiatria e dirige l’unità di ricerca sul disturbo da stress post-traumatico presso la University of Western Ontario

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