Il seminario di Massimo Ammaniti, psicoanalista e professore all’Università La Sapienza di Roma, organizzato dall’Associazione Centro studi di Psicoterapia Psicoanalitica, è iniziato con una provocazione: siamo poi così sicuri che le famiglie felici siano davvero tutte uguali? E, soprattutto, che esistano?
Scriveva Tolstoj, in un suo famosissimo incipit: “Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”.
La domanda è: siamo poi così sicuri che le famiglie felici siano davvero tutte uguali? E, soprattutto, che esistano?
È iniziato con questa provocazione il seminario di Massimo Ammaniti, psicoanalista e professore all’Università La Sapienza di Roma, organizzato dall’Associazione Centro studi di Psicoterapia Psicoanalitica, nella splendida cornice di Casa Ghirardini a Mantova.
Il Prof. Massimo Ammaniti sui cambiamenti della famiglia negli ultimi anni
Nel seminario tenuto da Massimo Ammaniti si è parlato di famiglia, di come questo nucleo sociale abbia risentito dei profondissimi mutamenti collettivi degli ultimi anni, e di come le teorie finora acquisite sui cicli vitali e sulla genitorialità rischino di rivelarsi precipitosamente invecchiate, senza che ce ne siano a disposizione di nuove e più adeguate alla comprensione dei fenomeni attuali, sempre più complessi.
Partiamo dal presupposto che il concetto di famiglia tradizionale (madre e padre entro gli enta, entrambi sotto lo stesso tetto, un paio almeno di bei bambini) è obsoleto come il telefono con la rotella: oggi le famiglie sono spesso monoparentali, ricomposte e ricostituite, omogenitoriali, segnate a volte da lunghi e dolorosi itinerari di fecondazione assistita o di adozione.
In generale l’età media dei genitori si è drasticamente alzata rispetto al passato (una donna ha il primo figlio intorno ai 32 anni) e questo è un aspetto che cambia radicalmente l’approccio alla genitorialità; si è genitori più ansiosi e insicuri, a volte troppo consapevoli e quindi rigidi, preoccupati, meno spontanei, affaticati fisicamente e psicologicamente. Ma soprattutto, se in passato si poteva distribuire il proprio investimento genitoriale su più figli, oggi il primo figlio rappresenta spesso l’unica occasione di averne (la media in Italia è di 1,37 nati per donna) e diventa così anche l’unico catalizzatore dell’intero investimento narcisistico genitoriale, con tutte le criticità del caso.
Le aspettative narcisistiche dei genitori
Kohut sceglie in realtà di non demonizzare questa dimensione (secondo la sua teoria il bambino ha bisogno di sentirsi rispecchiato nell’idealizzazione del propri genitori, per poter creare un sé coeso e coerente) ma non bisogna sottovalutare che, accanto ai naturali aspetti di accudimento e protezione, emerge prepotentemente il rischio che il figlio diventi un prolungamento dei genitori e delle loro ambizioni mancate.
Si tratta dei casi in cui l’iperinvestimento di aspettative narcisistiche fa sì ad esempio che l’erede maschio sia chiamato a diventare quantomeno esploratore o giocatore di serie A, e che la figlia femmina debba diventare prima ballerina della Scala o moglie del rampollo di qualche casa reale.
Il rischio che la genitorialità moderna risenta dell’impatto patologico del narcisismo è concreto, soprattutto nei casi in cui i genitori rientrano in quella nuova categoria sociale nota come degli adultescenti, costituita non solo dai giovani adulti fermi (spesso per difficoltà economiche) nella casa dei genitori, bensì anche da tutte quelle persone che, pur avendo pieno status di adulti, non ne accettano le componenti legate all’invecchiamento e al dover lasciare spazio alle nuove generazioni.
Adolescenti e genitori oggi
Erikson diceva che “fino a che il genitore non accetta la propria morte il figlio non potrà entrare nella vita”; se però una donna ha un figlio a trent’anni compiuti si rischia che ci si ritrovi ad affrontare contemporaneamente due importanti crisi esistenziali: quella di mezza età degli adulti (con le difficoltà di coppia, i bilanci, i problemi di salute) e quella adolescenziale dei figli. Massimo Ammaniti ha sottolineato come oggi si vedano sempre più spesso genitori molto in difficoltà con la gestione della propria crisi e che si rivelino quindi di scarso supporto rispetto alla crisi adolescenziale dei figli. Nei casi più gravi i genitori possono arrivare a mettersi addirittura in competizione con i propri figli adolescenti, oppure a tentare di “reincarnarsi” nelle loro fasi di vita, ad esempio intromettendosi attivamente nelle loro vicende sentimentali.
Winnicott definiva l’adolescenza “una malattia normale”, ma perché sia così ancora oggi occorre che i genitori siano abbastanza equilibrati e solidi da affrontarla in modo adeguato, senza arretrare e senza reincarnarsi.
Diversamente l’adolescenza rischia di non essere più una fase evolutiva di distacco e di opposizione orientata all’autonomia, bensì una fase permanente, al cui mantenimento contribuiscono in ugual misura (seppur con motivazioni molto diverse) sia genitori che figli.
In tutto questo i confini generazionali sbiadiscono e gli apparati normativi consueti perdono credibilità, le relazioni tra genitori e figli si organizzano in forma orizzontale e non più verticale, e anche la famiglia finisce per diventare liquida, come la società teorizzata da Bauman.
Nel complesso, esaminato alla perfezione nel seminario di Massimo Ammaniti, la genitorialità è quindi sempre di più una sfida, e il mestiere più difficile del mondo lo è oggi più che in passato; rispetto a questa sfida è chiamata a dare il proprio contributo anche la scuola, anch’essa in difficoltà nello stare al passo coi mutamenti sociali, organizzata com’è su metodi educativi non più sintonizzati con le nuove generazioni e guidata da un rapporto con le famiglie che oscilla spesso tra rivalità e collusione.
Insomma, uno scenario complesso e non certo incoraggiante, rispetto al quale Massimo Ammaniti non propone né facili soluzioni né risposte consolatorie.
Ma un monito deciso per i genitori, questo sì: quello di cercare di essere sempre giardinieri dei propri figli, e mai falegnami.