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Disoccupazione e disagio psichico: i primi risultati dallo Standupificio

Standupificio è un progetto di impostazione cognitivista ideato allo scopo di fornire un supporto psicologico a chi vive l'esperienza della disoccupazione

Di Serena Basile, Valerio Celletti, Isabella Magnifico, Edoardo Pessina, Laura Ravanelli

Pubblicato il 06 Ott. 2016

Aggiornato il 16 Lug. 2019 12:26

All’interno di questo drammatico scenario di disoccupazione, nel 2015 nasce Standupificio, un progetto ideato e realizzato dall’Associazione Dentro un quadro. La radice del termine è tratta dal verbo inglese “to stand up” che significa “alzarsi” e che intende rimandare alla capacità delle persone di rimettersi in piedi. Il ripartire da sé e dalle proprie risorse si ritiene, infatti, essere la precondizione necessaria per cercare di vincere forme inevitabili di scoraggiamento che spesso sconfinano in sintomatologie d’ansia e depressione invalidanti, quando non in sintomatologie da traumatizzazione vera e propria.

[blockquote style=”1″]La disoccupazione è una cosa per il disoccupato e un’altra per l’occupato. Per il disoccupato è come una malattia da cui deve guarire al più presto, se no muore; per l’occupato è una malattia che gira e lui deve stare attento a non prenderla se non vuole ammalarsi anche lui.[/blockquote], Alberto Moravia, Nuovi racconti romani, 1959.

Il fenomeno della disoccupazione si configura oggi come una delle problematiche maggiormente caratterizzanti il nostro Paese. Dopo il calo dello 0,8% registrato a maggio 2016, a giugno la stima dei disoccupati torna a salire dello 0,9% assestandosi su un tasso di disoccupazione pari all’11,6% (dati provvisori Istat) (1). Parallelamente, aumenta la stima degli occupati dello 0,3%, una crescita che riguarda però gli indipendenti (+78mila), mentre restano invariati i dipendenti (2).

In questo contesto, Milano si configura come città metropolitana con un tasso di disoccupazione che aumenta dello 0,6% (+18000 disoccupati) rispetto a dicembre scorso, con particolare riferimento alle persone tra 25 e 49 anni (stima Istat) (3).
La letteratura scientifica evidenzia l’alta incidenza della disoccupazione sul livello di stress fisico e psichico e sul senso di autoefficacia delle persone, con ricadute negative sulla capacità di ritrovare un secondo lavoro dopo un periodo di minimo sei mesi di inattività, con fenomeni di ritiro sociale e con peggioramento dei livelli d’ansia, depressione, irritabilità e disturbi psicosomatici (4). La perdita di lavoro è, inoltre, annoverata dal National Institute of Mental Health (5) fra i fattori di rischio più comuni per lo sviluppo di un Disturbo Post traumatico da Stress (PTSD).

Standupificio: un progetto per ridurre il disagio psichico derivante dalla disoccupazione

All’interno di questo drammatico scenario, nel 2015 nasce Standupificio, un progetto ideato e realizzato dall’Associazione Dentro un quadro. La radice del termine è tratta dal verbo inglese “to stand up” che significa “alzarsi” e che intende rimandare alla capacità delle persone di rimettersi in piedi. Il ripartire da sé e dalle proprie risorse si ritiene, infatti, essere la precondizione necessaria per cercare di vincere forme inevitabili di scoraggiamento che spesso sconfinano in sintomatologie d’ansia e depressione invalidanti, quando non in sintomatologie da traumatizzazione vera e propria.

Standupificio è stato lanciato in via sperimentale il 30 novembre 2015 con un evento scientifico dal carattere non convenzionale che ha previsto due momenti: un momento pomeridiano, presso la Casa dei Diritti concessa gratuitamente dal Comune di Milano che ha anche patrocinato l’iniziativa, in cui si è sperimentata una modalità laboratoriale in piccolo gruppo; e un momento serale presso un ristopub milanese allestito ad hoc, in cui si sono, invece, sperimentati percorsi psicoeducativi individuali, prevedendo anche un momento psicoeducativo gruppale attraverso un gioco a quiz ideato per l’occasione, Chi vuol essere meno precario.

Oggi Standupificio è parte del progetto Artepassante (associazione capofila: Le Belle Arti), un progetto finanziato da Fondazione Cariplo che ha lo scopo di diffondere cultura in tutte le sue forme, adesso anche cultura psicologica. Si rivolge ai cittadini disoccupati o che vivono una situazione di precarietà, offrendo percorsi psicoeducativi gratuiti e non convenzionali fondati sui saperi della psicoterapia cognitivista e cognitivo-comportamentale.

Gli incontri mensili di Standupificio

Gli appuntamenti mensili di Standupificio si svolgono presso la stazione Vittoria del passante ferroviario di Milano. Nell’arco di ciascuna giornata, con le risorse logistiche attuali riusciamo a offrire mediamente i percorsi a 7-9 persone.

Il percorso psicoeducativo è individuale ed è finalizzato a trasferire strumenti di autoaiuto attraverso la focalizzazione degli aspetti cognitivi, emotivi e sensoriali dell’esperienza della perdita del lavoro, permettendo così ai partecipanti di sviluppare maggiore consapevolezza sulle modalità soggettive e diversificate con cui concepiscono il proprio disagio. Ciascun partecipante è seguito da uno psicoterapeuta.

Prima dell’inizio del percorso le persone compilano una breve batteria di test clinici volti a indagare alcuni aspetti emotivi della situazione attuale. Successivamente, il partecipante viene assegnato ad un terapeuta che lo accompagna durante un percorso di 50’ suddiviso in tre fasi, denominate rispettivamente “muro di rabbia”, “change!” e “perle a catena”:
1. “Muro di rabbia”: le persone hanno a disposizione vari materiali per manifestare la rabbia conseguente alla perdita del lavoro, un termometro di cartone per indicarne l’intensità percepita e un manichino per localizzare nel corpo le sensazioni.
2. “Change!”: si ispira alla tecnica cognitivo comportamentale “ABC”, ideata nel 1957 dallo psicologo Albert Ellis che l’ha poi formalizzata con la cosiddetta Terapia Razionale-Emotiva (Rational-Emotive Behaviour Therapy) (7). Change! prevede la messa a fuoco dell’evento della perdita del lavoro, nonché i pensieri e le emozioni corrispondenti, così da riflettere su come intervenire sul disagio che ne consegue. La messa a fuoco avviene in tre momenti distinti: “evento”, “emozioni”, “cognizioni”.
3. “Perle a catena”: si basa sul principio secondo cui modificando il pensiero è possibile incidere sul vissuto emotivo della persona (8). L’attenzione viene focalizzata su due pensieri che denominiamo “perle”: una “perla nera” individuata all’inizio del percorso e contenente un pensiero che innesca emozioni dolorose con riferimento alla difficoltà lavorativa e, al termine del percorso, una “perla bianca” che offre un pensiero alternativo che aiuta a vedere la difficoltà lavorativa in modo diverso.

La ricerca

In questo articolo vengono riportati alcuni dei risultati più significativi emersi dai tre incontri di Standupificio successivi all’evento lancio del 30 novembre 2015, ovvero il 29 gennaio 2015 nuovamente in Casa dei Diritti del Comune di Milano, il 13 maggio e il 10 giugno 2016 presso l’Atelier della parola nel mezzanino del Passante Ferroviario Stazione Vittoria di Milano.

Date le indicazioni presenti in letteratura secondo cui la disoccupazione con un periodo di inattività superiore ai 6 mesi (3) produce conseguenze emotive clinicamente significative, abbiamo voluto verificare nel nostro campione l’eventuale presenza di forme di disregolazione emotiva e di problemi nella sfera della depressione.

I partecipanti dei tre appuntamenti hanno compilato una scheda anamnestica, due test clinici – Beck Depression Inventory (BDI) (9) e il Difficulties in Emotion Regulation Scale (DERS) (10) – e un questionario finale di valutazione. Il BDI rileva un problema nel campo della depressione, mentre la DERS misura la difficoltà nella regolazione delle emozioni individuando, nel campo della gestione emotiva, la mancanza di accettazione, la difficoltà nel distrarsi, la mancanza di fiducia e di controllo e la difficoltà nel riconoscerle.

La numerosità oggi ancora esigua del campione (N = 20) non impedisce di condividere le evidenze più significative, come intuibile, senza alcuna pretesa di generalizzazione nè di validità finale.

Il campione

Il campione è costituito da 20 soggetti, tutti di cittadinanza italiana, 60% donne e 40% uomini.
Il 55% del campione ha un’età compresa tra i 40 e 60 anni, il 30% dei soggetti si distribuisce equamente (il 15%) nelle fasce di età “minore di 30 anni” e “oltre 60 anni”, mentre il 15% si colloca nella fascia tra i 30 e 40 anni.
Il 35% del campione è coniugato e/o convivente, il 25% separato e/o vedovo e il 40% è di stato civile libero. Fra le persone che hanno avuto e/o hanno una relazione in essere la metà hanno anche figli, con una presenza maggiore nel gruppo dei separati/vedovi.
Solo una persona dichiara di avere ancora un lavoro: i restanti sono tutti disoccupati. Il 47% lo sono da meno di un anno, il 20% da 1 a 2 anni, il 27% da 2 a 3 anni e nella stessa percentuale (27%) da 3 a 4 anni.
Il livello di scolarità è medio-alto: il 50% dei soggetti ha conseguito la laurea, il 45% il diploma di maturità e il 5% possiede un altro titolo diverso dalla laurea e dal diploma di maturità.

Alcune delle evidenze più significative

Dai dati raccolti, emerge con chiarezza come la motivazione sottesa alla partecipazione a Standupificio si divida prevalentemente tra la richiesta di aiuto (50%) e la curiosità (40%), con una minoranza (10%) che dichiara di essere stata mossa dall’esigenza di avere un confronto con persone che vivono la stessa condizione.

Dal punto di vista clinico, osserviamo come il campione che afferisce al servizio non sembri corrispondere ai criteri per una depressione clinica, ma presenti nel 70% dei casi un problema inerente l’umore depresso. Se andiamo a guardare i valori complessivi di riferimento, solo il 25% delle persone ha difficoltà nella regolazione emotiva, ma ad uno sguardo più approfondito emerge poi che la maggioranza esprime mancanza di fiducia e ritiene di avere difficoltà nel distrarsi volontariamente dalle emozioni.

Sembrerebbe esista quindi una relazione tra il funzionamento depressivo subclinico dei partecipanti e la loro capacità di regolare gli stati emotivi: persone con umore maggiormente depresso hanno minori capacità di gestire i vissuti emotivi (0,523; Sig. 0,018) e si rileva un rapporto interessante tra il funzionamento depressivo e la mancanza di accettazione (0,531; Sig. 0,016), la difficoltà nella distrazione (0,584; sig. 0,007) e la mancanza di fiducia (0,662; sig. 0,001). Punteggi elevati nell’umore depresso sembrerebbero corrispondere dunque a vissuti di inadeguatezza in specifiche abilità della gestione emotiva.

Le tematiche affrontate risultano percepite come sufficientemente approfondite per la totalità del campione ad eccezione che per un partecipante, con un buon grado di utilità riconosciuta al percorso per aiutare a fronteggiare in modo preponderante il senso di frustrazione (45%), l’ansia (30%), la rabbia e il senso di colpa (15%) e, in ultimo, la vergogna e il senso di responsabilità (10%).

Un aspetto a noi caro investe la metodologia utilizzata: Standupificio nasce volutamente come format innovativo e originale, così come di natura non convenzionale è il percorso psicoeducativo che proponiamo, data l’ipotesi che la creatività possa aiutare noi professionisti della salute mentale ad avvicinare le persone che versano in una condizione di disagio psichico – di qualunque tipo di disagio si tratti – alla psicologia e alla psicoterapia.
Il campione sembrerebbe dare ragione alla nostra caparbietà, definendo quasi all’unanimità (88,2%) – l’11,8% ha espresso un non gradimento senza però motivare la risposta – come adeguata la metodologia proposta.
Fra le ragioni dell’apprezzamento sono da annoverarsi la possibilità di avvicinare le persone al tema della disoccupazione (29,4%) e di affrontarlo con leggerezza (17,6%), essendo il tema riconosciuto come difficile e, al contempo, offrendo una prospettiva diversa della psicologia (17,6%).
Ugualmente apprezzate risultano essere le diverse fasi del percorso psicoeducativo (80%), che sembrerebbero permettere di esprimere con maggiore facilità le emozioni (31,25%) e di entrarvi facilmente in contatto (12,5%) ma anche “una metodologia di questo tipo facilita la relazione con lo psicologo” (6,25%) e “contribuisce a dare un’idea diversa della psicologia” (6,25%).

Il grado di soddisfazione risulta essere, infine, complessivamente molto alto, assestandosi per la maggioranza del campione (85%) “fra il 70 e il 100%”. Per il 10% l’apprezzamento è medio (= 50%) e per il 5% è invece molto basso (= 10% di apprezzamento).

Conclusioni

Coerentemente con quanto riportato in letteratura, i dati raccolti finora nel corso dei tre appuntamenti di Standupificio, nonostante l’esiguità del campione e, conseguentemente, la sua non rappresentatività, sembrerebbero confermare che persone disoccupate da almeno 6 mesi abbiano difficoltà collegate all’umore depresso, un senso interno di scarsa fiducia, difficoltà legate all’accettazione di quanto accade e difficoltà nel distrarsi dalle emozioni dolorose.

Questi risultati sembrerebbero suggerire che, oltre a un sostegno finalizzato alla gestione del problema di trovare un nuovo lavoro, queste persone abbiano anche bisogno di un sostegno nella gestione dei vissuti emotivi che, ci sembra, non sia sufficiente siano solamente riconosciuti ed espressi, ma che debbano essere anche elaborati e riorganizzati con modalità di pensiero più sane ed efficaci, pena il rischio che i pensieri tornino inevitabilmente al punto doloroso ritenuto ingestibile, impedendo alle persone di rimettersi in piedi.
Alla luce di queste primissime evidenze, il completamento del percorso di Standupificio con la messa a fuoco da parte del partecipante di una “perla bianca”, ovvero di un pensiero alternativo che aiuta a vedere la difficoltà lavorativa in modo diverso, risulterebbe essere ben funzionale e rispondente al quadro clinico. L’alto grado di soddisfazione, l’utilità percepita, nonché gli apprezzamenti espressi rispetto alla metodologia originale e innovativa adottata con Standupificio incoraggiano ad andare avanti.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Dati provvisori Istat, http://www.istat.it/it/archivio/189631.
  • Il Sole 24 Ore, 29 luglio 2016, https://www.google.it/amp/amp.ilsole24ore.com/pagina/ADFe9Wz?client=ms-android-samsung
  • Milano Post, 03 febbraio 2016. http://www.milanopost.info/2016/02/03/istat-lavoro-torna-a-salire-il-tasso-di-disoccupazione/
  • Creed Peter A., Machin Michael Anthony and Hicks Richard E. (1999). Improving Mental Health Status and Coping Abilities for Long-Term Unemployed Youth Using Cognitive-Behaviour Therapy Based Training Interventions. Journal of Organizational Behavior, Vol. 20, Issue 6, 963-978.
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  • Jackson Paul R., Stafford Elizabeth M., Banks Michael H., Warr Peter B. (1983). Unemployment and psychological distress in young people: The moderating role of employment commitment. Journal of Applied Psychology, Vol 68, Issue 3, 525-535.
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  • Sito web del National Institute of Mental Health, http://wwwnimh.nih.gov
  • Di Giuseppe R., Doyle K. A., Dryden W., Backx, W. (2014). Manuale di terapia razionale emotiva comportamentale. Raffaello Cortina Editore, Milano.
  • Bruno Bara (2006), Nuovo Manuale di Psicoterapia Cognitiva (2ª Ed.). Bollati Boringhieri, Torino.
  • Giovanni M. Ruggiero (2011), Terapia cognitiva. Raffaello Cortina Editore, Milano
  • Beck Aaron T., Steer Robert A. e Gregory K. Brown (1996). Comparison of Beck Depression Inventories -IA and -II in psychiatric outpatients. J Personal Assess 67, 588–97. Traduzione italiana di Marta Ghisi, Giovanni Battista Flebus, Antonella Montano,Ezio Sanavio e Claudio Sica (2003).
  • Gratz Kim L., Roemer Lizabeth (2004). Multidimensional Assessment of Emotion Regulation and Dysregulation: Development, Factor Structure, and Initial Validation of the Difficulties in Emotion Regulation Scale. Journal of Psychopathology and Behavioral Assessment, Vol 26, Issue 1, 41-54. Adattamento italiano a cura di Framba & Fiore, 2008.
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