expand_lessAPRI WIDGET

Disoccupazione: la CBT riduce i sintomi depressivi e migliora il processo di ricerca di un nuovo impiego

Secondo un recente studio, l’impiego delle tecniche cognitivo-comportamentali per pazienti depressi favorirebbe la ricerca di un nuovo impiego

Di Claudio Nuzzo

Pubblicato il 13 Lug. 2016

Tra i disoccupati, coloro che permangono in questa situazione per un lungo periodo di tempo, risultano significativamente più a rischio di sviluppare depressione rispetto alla popolazione generale di riferimento. 

 

La disoccupazione è uno dei problemi maggiormente riscontrabili nella società odierna e correla con la sintomatologia depressiva (Jefferis et al., 2011; Lerner et al., 2004). In particolare, tra i disoccupati, coloro che permangono in questa situazione per un lungo periodo di tempo, risultano significativamente più a rischio di sviluppare depressione rispetto alla popolazione generale di riferimento (Mossakowski, 2009; Paul & Moser, 2009).

Una nuova ricerca stabilisce come l’impiego delle principali tecniche cognitivo-comportamentali (CBT) di norma insegnate ai pazienti depressi, si configuri come predittore del successo nel trovare un lavoro.

Secondo i risultati ottenuti dal team di ricercatori della Ohio State University, la capacità di identificare i pensieri negativi e in seguito di reinterpretarli in maniera più positiva per generare risposte comportamentali adattive, aiuterebbe di molto il processo di ricerca di un nuovo lavoro. Tra l’altro, tali abilità permetterebbero di pianificare quotidianamente attività piacevoli, tese a migliorare l’umore.

Perciò, quando impiegate dal soggetto disoccupato, di sovente incline a provare sentimenti di sconforto e più in generale negativi, le tecniche CBT sarebbero in grado di migliorare l’umore del soggetto e incrementare la sua disposizione a cercare lavoro.

Secondo il dott. Daniel Strunk, co-autore dello studio e professore associato di psicologia presso la Ohio State University, questo sarebbe il primo disegno di ricerca in grado di dimostrare gli effetti delle tecniche cognitivo-comportamentali non sono sui sintomi depressivi, ma anche sul funzionamento e sulle attività quotidiane.

Lo studio ha coinvolto 75 disoccupati con età compresa tra 20 e 67 anni, i quali erano invitati a compilare un sondaggio online, ricompilato poi 3 mesi dopo il primo. Tale sondaggio includeva una serie di questionari che misuravano i sintomi depressivi e una serie di variabili psicologiche, come disposizioni disfunzionali, rimuginio e stili di pensiero negativi (i.e., lo stile di pensiero che determina attribuzioni stabili e globali riguardo gli eventi spiacevoli o stressanti e una percezione globalmente negativa di se stessi).

Oltre a ciò, i soggetti rispondevano a delle domande che indagavano la loro disposizione a mettere in pratica abilità tipicamente insegnate nella cornice teorica cognitivo-comportamentale, come il prestare attenzione ai pensieri negativi. Infatti, avere consapevolezza della negatività dei propri pensieri automatici e delle relazioni intercorrenti tra pensieri ed emozioni, edulcora il vissuto emotivo del paziente al presentarsi di un evento stressante e sprona lo stesso a reinterpretare in modo positivo i propri pensieri.

Altre tecniche, invece, si concentrano sui compiti comportamentali, come ad esempio la frammentazione dei compiti più scoraggianti in svariati step, che a primo acchito risultano meno frustranti e più semplici da portare a termine.

Riportiamo un breve elenco degli strumenti impiegati dal team; per maggiori informazioni si veda in bibliografia il link dell’articolo originale:

  • Expanded Attributional Style Questionnaire Short Form (EASQ-SF): questionario di 12 item valutante lo stile di pensiero negativo.
  • Ruminative Response Scale (RRS): questionario di 22 item che misura la tendenza dell’individuo ad indugiare in pensieri ruminativi.
  • Dysfunctional Attitude Scale (DAS): questionario di 40 item che misura le credenze relative alla felicità, al perfezionismo, alla dipendenza sociale, basato sulla teoria della depressione di Beck.
  • Cognitive-Behavioral Avoidance Scale (CBAS): questionario di 31 item che valuta l’evitamento, caratteristica presente nella depressione.
  • Competencies in Cognitive Therapy Scale (CCTS): questionario di 29 item che misura la padronanza delle abilità generalmente insegnate dai terapeuti CBT.
  • Job Search Self-Efficacy Scale (JSSE): questionario di 10 item che valuta l’abilità percepita del soggetto nel completare una serie di attività lavorative.
  • Depression Anxiety Stress Scale (DASS): questionario di 42 item comprendente 3 sottoscale valutanti la sintomatologia depressiva, ansiosa e lo stress.

Dalle analisi preliminari si osservava che un terzo dei partecipanti riportava una sintomatologia depressiva da moderata a grave, sebbene è giusto ricordare che attraverso un solo questionario non era possibile porre diagnosi in tal senso. Il rimanente terzo del campione totalizzava punteggi corrispondenti ad una sintomatologia depressiva assente o lieve.

Ciò che è emerso dallo studio è che i soggetti che riportavano di impiegare più spesso le tecniche CBT, erano gli stessi che mostravano nei tre mesi successivi un miglioramento nell’umore e che contemporaneamente ricevevano più offerte di lavoro nello stesso periodo (p = .008).

Ciò che colpisce è che per testare la possibilità che la sintomatologia depressiva si riduca a causa della offerta di lavoro ricevuta, i ricercatori hanno utilizzato lo status lavorativo (offerta di lavoro ricevuta o meno) presente nel follow-up per valutare se questo era in grado di predire il cambiamento dei sintomi depressivi, ma la relazione ottenuta nella regressione non risultava significativa (p = .43). Osservando i risultati delle analisi statistiche, solo le competenze CBT risultavano in grado di predire il miglioramento nell’umore e della disposizione a cercare lavoro; le altre variabili non ottenevano valori significativi.

Concludendo, sembrerebbe che molti disoccupati in cerca di lavoro potrebbero scoraggiarsi a seguito di continui rifiuti da parte delle aziende. Tuttavia, persistere ed utilizzare tecniche CBT permetterebbe ai soggetti in questione di evitare lo scoraggiamento, disposizione che, in ultima analisi, predisporrebbe all’incremento della sintomatologia depressiva.

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Crisi economica e disoccupazione: quali conseguenze per la salute mentale?
Crisi economica e disoccupazione: quali conseguenze per la salute mentale?

Numerosi sono gli effetti negativi della crisi economica sul benessere psicologico: alterazioni dell’umore, della stabilità emotiva, depressione o ansia. 

ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel