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Interazioni online, relazioni sociali e rischio di phubbing

Le interazioni online hanno lati positivi ma anche negativi, un esempio è il phubbing: prestare attenzione più allo smartphone che al nostro interlocutore 

Di Guest

Pubblicato il 29 Giu. 2016

Le interazioni online e le interazioni tra uomo e tecnologia possono avere differenti dimensioni e finalità, osservabili da diverse prospettive; utilizzando un punto di vista psico-sociale formuleremo alcune considerazioni relative all’effetto delle nuove tecnologie sulle relazioni sociali.

Stefania Fantinelli

 

Human Computer Interaction (HCI) e Computer Mediated Communication (CMC)

Due macro aree di ricerca si interessano del rapporto uomo-tecnologia: la Human Computer Interaction (HCI) e la Computer Mediated Communication (CMC), grazie alle quali è possibile osservare effetti su socializzazione e comunicazione che per alcuni versi si possono ritenere opposti.

È opportuno innanzitutto definire adeguatamente le due aree di studio: Human Computer Interaction è lo studio delle interazioni tra uomo e computer; in modo più specifico, nel 1994 Preece e colleghi ne definirono l’interesse principale nella progettazione di sistemi informatici di supporto alle attività umane, affinché queste ultime possano essere condotte in modo produttivo e sicuro. Oltre alla progettazione e realizzazione di tecnologie cosiddette user-friendly, rientra nel campo di interesse della disciplina anche l’osservazione e la valutazione dell’interazione tra uomo e macchina da un punto di vista inizialmente meramente tecnico-informatico, successivamente anche psicologico, sociale, cognitivo e comportamentale.

Computer Mediated Communication si riferisce a tutte le forme di comunicazione mediate dalla tecnologia e dunque l’interesse di studio è rivolto al mezzo tecnologico utilizzato per la creazione di relazioni sociali ed agli aspetti psicologici e sociali derivanti dalla creazione di questo spazio di interazione (Jones, 1995). Adottando la semplificazione proposta dallo psicologo B. J. Fogg (2003), possiamo dire che l’interesse della HCI è l’interazione dell’uomo con la tecnologia, la CMC tratta invece le interazioni online, interazioni tra individui per mezzo della tecnologia.

 

Differenza tra reale e virtuale

Un’altra definizione da evidenziare è quella relativa alla differenza tra reale e virtuale, online ed offline. Molti autori in molte discipline si sono pronunciati sull’argomento e più di recente alcuni hanno sottolineato l’avvio di un processo di uniformazione e commistione tra i due concetti o le due realtà: i confini tra reale e virtuale diventano sempre più sfocati.

Il filosofo dell’informazione Luciano Floridi ha curato il progetto finanziato dalla Commissione Europea nel 2012, The Onlife Manifesto: Being Human in a Hyperconnected Era. Gli studi condotti all’interno di questo progetto, hanno indagato gli effetti delle tecnologie dell’informazione e comunicazione su diversi aspetti della vita umana: comunicazione, socializzazione, concezione e percezione di sé, concezione ed interazione con la realtà. I risultati evidenziano la presenza di un graduale processo di dissolvenza incrociata tra diversi concetti ritenuti ben distinti fino ad ora, ad esempio tra realtà e virtuale; tra esseri umani, macchine e natura, con riferimento in questo caso alle innovazioni nel campo della nanotecnologia utilizzata per la riabilitazione cognitiva e motoria, creando una profonda commistione e simbiosi tra corpo umano, percezione del sé e tecnologia.

Un’idea simile di fusione tra umano e tecnologico viene espressa anche dal sociologo Derrick De Kerckhove che, nel proseguire i lavori del suo maestro McLuhan, amplia la definizione di psicotecnologie: le tecnologie digitali andrebbero intese come estensione e potenziamento della nostra identità.

 

Le interazioni online nella vita quotidiana e il phubbing

L’interazione con la tecnologia sembra essere una costante nelle nostre vite: facilita la comunicazione, annulla le reali distanze, rende più efficaci e produttive molte delle nostre attività quotidiane, può creare ambienti virtuali immersivi oltre che potenziare o supportare alcune abilità motorie; è d’altro canto inevitabile osservare anche gli effetti negativi che le stesse tecnologie producono in alcuni specifici ambiti della nostra vita.

La nostra sfera sociale e le nostre interazioni online hanno sicuramente beneficiato dei progressi fatti nel campo della CMC, ma da un punto di vista della HCI la nostra continua interazione con un device tecnologico rischia di penalizzare e limitare le nostre abilità di socializzazione e comunicazione. Un esempio quanto mai attuale è il cosiddetto phubbing: termine composto inglese che descrive il fenomeno per cui durante una interazione sociale tendiamo a prestare maggiore attenzione al nostro smartphone piuttosto che al nostro interlocutore (Chotpitayasunondh & Douglas, 2016).

Dalle ricerche fatte dalla psicologa S. Turkle si evince come stiano progressivamente cambiando le nostre quotidiane relazioni vis-à-vis, che risultano impoverite e penalizzate dalla costante presenza di un dispositivo tecnologico spesso umanizzato e investito perfino di un ruolo sociale (Turkle, 2012): lo smartphone è descritto come un confidente, un migliore amico, un oggetto di difesa personale (Cumiskey & Brewster 2012). Turkle lancia un segnale di allarme puntando l’attenzione sul rischio di isolamento sociale – nel mondo reale – e di solitudine dovuto all’eccessivo utilizzo delle nuove tecnologie e alle eccessive interazioni online; ma in aggiunta a questa preoccupazione dovremmo domandarci se la nostra intelligenza emotiva e le nostre abilità di socializzazione ne siano negativamente influenzate.

Nonostante la distinzione tra mondo reale e virtuale sia sempre meno netta e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione esercitino su di noi una sorta di chiamata alle armi (Ferraris, 2015), è innegabile che comportamenti, atteggiamenti e modalità di interazione sociale siano differenti a seconda del tipo di interazione sociale, se diretta o mediata dalla tecnologia; paradossalmente l’interazione con la tecnologia ci rende parte di un network sociale virtuale ed inserisce ostacoli nello sviluppo e nella cura delle nostre relazioni analogiche. Se il cosiddetto phubbing sta progressivamente divenendo un’abitudine diffusa nella nostra società, dobbiamo forse rassegnarci all’idea di relazioni sociali governate da una costante attenzione divisa?

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Chotpitayasunondh, V., & Douglas, K. M. (2016). How "phubbing" becomes the norm: The antecedents and consequences of snubbing via smartphone. Computers in Human Behavior, 63, 9-18.
  • Cumiskey, K. M., & Brewster, K. (2012). Mobile phones or pepper spray?. Feminist Media Studies, 12(4), 590-599.
  • Ferraris, M. (2015). Mobilitazione totale. Roma: Editori Laterza.
  • Floridi, L. (Ed.). (2015). The onlife manifesto: being human in a hyperconnected era. Springer International Publishing.
  • Fogg, B. J. (2003). Persuasive technology. Using computers to change what we think and do. San Francisco, CA: Morgan Kaufmann Publishers.
  • Jones, S. G. (Ed.). (1995). CyberSociety: computer-mediated communication and community. Thousand Oaks, CA: Sage.
  • Mattei, M. G. (Ed.). (2014). Derrick De Kerckhove, psicotecnologie connettive. Milano: EGEA S.p.A.
  • Preece, J., Rogers, Y., Sharp, H., Benyon, D., Holland, S., & Carey, T. (1994). Human-Computer Interaction. Essex: Addison-Wesley Longman Ltd.
  • Turkle, S. (2012). Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre di più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri. Torino: Codice Edizioni.
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