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La Dislessia – Introduzione alla Psicologia

La dislessia è l'incapacità di riprodurre il linguaggio con la rapidità e le abilità normali che un soggetto dovrebbe possedere in relazione all’età.

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 30 Giu. 2016

Frequentemente si parla di bambini o ragazzi con disturbi dell’apprendimento, disturbi che causano malessere soggettivo e nella relazione col gruppo dei pari, oltre al notevole effetto sul rendimento scolastico; essi possono essere di diverso tipo, oggi ci occuperemo esclusivamente della dislessia.

 

 

Dislessia: introduzione

Sempre più di frequente si parla di disturbi dell’apprendimento, a carico di bambini e adolescenti, che causano malessere soggettivo e nella relazione col gruppo dei pari, oltre a incidere duramente sul rendimento scolastico.

Studi recenti suggeriscono che oltre il 20% della popolazione scolastica presenta uno dei disturbi inerenti alla sfera dell’apprendimento richiedendo, in questo modo, sempre più di frequente, interventi individualizzati per la pronta risoluzione del problema (Handler and Fierson , 2011).

I disturbi dell’apprendimento possono essere di diverso tipo, oggi ci occuperemo esclusivamente della dislessia.

 

 

Dislessia: etimologia e storia

Il termine dislessia deriva dal greco ed è formato da dys, che significa mancante o inadeguato e lexis che significa parola o linguaggio, quindi sarà tradotto come linguaggio mancante o inadeguato.

Infatti, proprio di questo si tratta:  incapacità di riprodurre il linguaggio con la rapidità e le abilità normali che un soggetto dovrebbe possedere in relazione all’età e conformi al rendimento mostrato in altre attività. In altre parole, le persone dislessiche hanno difficoltà nell’elaborazione e riproduzione del linguaggio.

Si tratta di una patologia relativamente giovane perché solo nello scorso secolo compare per la prima volta in ambito medico ad opera di Hinshelwood che scrisse un intero trattato su un caso di un ragazzo affetto da questo deficit. Precedentemente, tutti consideravano questa incapacità come imputabile alla sfera del linguaggio intesa in termini di incapacità di produzione linguistica o legata a ritardo mentale.

Con gli anni, sono state effettuate sempre più ricerche, anche con tecniche di neuroimaging,  permettendo così di arricchire notevolmente le conoscenze già acquisite.

Ancora, in ogni caso, nell’immaginario collettivo questo deficit è associato a scarse capacità cognitive e intellettive. Niente di più falso, infatti i dislessici sono persone molto dotate; molte menti brillanti, che hanno segnato la nostra storia, erano e sono affette da tale patologia: Leonardo da Vinci, Albert Einstein, Alexander Graham Bell, Thomas Edison, Winston Churchill, Benjamin Franklin, John F. Kennedy, Mozart, John Lennon, Walt Disney, Tom Cruise, Cher, Pablo Picasso, Napoleone Bonaparte e tantissimi altri. Il dislessico, dunque, è una persona con una mente molto produttiva e creativa, altamente intelligente, che apprende diversamente dalle altre persone.

 

 

Dislessia: DSM 5

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali 5 (DSM 5, 2015), per formulare la diagnosi di dislessia è necessario:

  • Avere un livello di lettura, misurato da test standardizzati, sulla performance, sulla velocità o sulla comprensione della lettura, al di sotto di quanto previsto in base all’età cronologica del soggetto, alla valutazione psicometrica dell’intelligenza e a un’istruzione adeguata rispetto all’età.
  • Che il deficit riscontrato interferisca in modo significativo con l’apprendimento scolastico o con le attività quotidiane che richiedono capacità di lettura.
  • Se presente un deficit sensoriale, le difficoltà di lettura devono andare al di là di quelle solitamente associate al deficit in questione.
  • Differenziare le normali variazioni nelle abilità di lettura dalla dislessia.

Quindi, la diagnosi di dislessia avviene quando il soggetto mostra capacità di lettura e scrittura sostanzialmente inferiori per età anagrafica, quoziente intellettivo e adeguata scolarità.

Insomma, chi mostra tale patologia fatica a imparare e di conseguenza, rimane indietro nell’apprendimento scolastico, con conseguenze negative in diverse sfere della vita.

Spesso alla dislessia sono associate ulteriori difficoltà, quali la disortografia, la disgrafia e, a volte, lievi difficoltà nel linguaggio orale, fatica nel recuperare termini appropriati o nel memorizzare parole nuove, e nel calcolo, soprattutto mentale, e nella memorizzazione delle tabelline.

 

 

Dislessia: Quali sono le cause?

Le cause, a oggi, non sono ancora totalmente chiare, malgrado si sostenga possa essere dovuta a:

  • Genetica: si tratta di un problema tramandato di generazione in generazione perché genetico, e sarebbe dovuto a una mutazione del cromosoma 15 (Ramus, 2006).
  • Anatomia cerebrale: alcune ricerche dimostrano come il cervello dei dislessici mostri una struttura anatomica diversa dagli altri. Infatti, il planum temporale, zona del cervello che svolge un ruolo nella comprensione del linguaggio, nei dislessici è uguale in ambo gli emisferi cosa che non si rileva nei soggetti normali (Paulesu et al., 2001).
  • Attività cerebrale: per leggere il cervello deve trasformare i simboli, la scrittura, in suoni. Se il bambino ha la dislessia le aree imputate a svolgere questi compiti non lavorano insieme, ma sono utilizzate aree diverse per compensare a questa mancanza di integrazione (Sperling, 2005).

 

 

Dislessia: come riconoscerla

I primi segnali appaiono durante la seconda o terza elementare, ma segnali precoci compaiono durante la scuola materna attraverso la difficoltà a riprodurre i suoni nelle rime e nelle filastrocche.

Tale difficoltà è dovuta a una cattiva organizzazione di suoni linguistici, tipici per la riproduzione del linguaggio che permettono di passare da un testo scritto al riconoscimento e identificazione delle lettere di cui sono composte le parole e da cui si estrapola il significato che si vuole comunicare.

Per poter leggere correttamente bisogna acquisire diverse funzioni:

  • Collegare lettere a suoni: i bambini devono imparare che ad ogni lettera dell’alfabeto è associato un certo suono, fonetica. Una volta che il bambino può effettuare questi collegamenti, sarà in grado di riprodurre le parole.
  • Decodificare il testo: permette di dare un senso alle parole.
  • Riconoscimento visivo delle parole: capacità di leggere una parola familiare a colpo d’occhio senza sillabare.
  • Comprensione del testo: consente di ricordare quello che si è appena letto, invece i dislessici interrompono il flusso di informazioni rendendo difficile capire quanto letto per integrarlo alle conoscenze già apprese.

Indubbiamente, nel dislessico tutte queste abilità sono carenti o scarse al punto da avere enormi difficoltà nella riproduzione verbale di parole. Fenomenologicamente la dislessia si manifesta con un deficit di processamento percettivo dell’informazione visiva: inversioni di lettere, errori di specularità, percezione delle parole sovrapposte o in movimento, e ridotta abilità di focalizzazione su singoli elementi

La dislessia è una condizione permanente a cui seguono strategie efficaci di intervento che permettono al soggetto di riuscire a gestire questa condizione.

Chiaramente, questi problemi di lettura possono portare alla lunga a accumulare stress, frustrazione e di conseguenza bassa autostima e inadeguatezza. La dislessia provoca una mancanza di mordente nello studio e demotivazione, e in alcuni casi abbandono scolastico.

 

 

Dislessia: segnali precoci

Quali sono i segnali che potrebbero farci scattare un campanello d’allarme? Sicuramente ritardo del linguaggio, che con il proseguire dell’età diventa più evidente. Inoltre, si manifestano le seguenti problematiche:

  • Difficoltà a riconoscere le lettere dell’alfabeto;
  • Incapacità di unire suoni a lettere;
  • Incapacità di riprodurre parole
  • Difficoltà di apprendimento di nuove parole
  • Vocabolario ridotto rispetto ad altri bambini della stessa età

 

 

Dislessia: non solo problemi di lettura

La dislessia non riguarda soltanto la lettura, ma investe anche altri ambiti:

  • Le abilità sociali: la problematica potrebbe invadere anche la sfera sociale portando all’isolamento del bambino che, diventando oggetto di scherno e derisione, non cerca più relazioni col gruppo dei pari, con ripercussioni importanti sull’umore.
  • Comprensione orale : il bambino tende a iper sviluppare l’udito come adiuvante dell’apprendimento
  • Memoria: i bambini con dislessia spendono molto tempo a leggere e di conseguenza faticano a ricordare quanto hanno letto.
  • Navigazione: i bambini con dislessia hanno difficoltà con i concetti spaziali come la sinistra e la destra. Questo può portare a timore di perdersi.
  • Gestione del tempo: la dislessia può rendere difficile il concetto di tempo o di pianificazione.

 

 

Dislessia: la diagnosi

Una diagnosi precoce potrebbe aiutare a una facile risoluzione del problema. La diagnosi deve avvenire attraverso un team di professionisti, neuropsicologi, psichiatri, psicologi, neurologi, avvalendosi di incontri  one-to-one. Innanzitutto, è necessario effettuare un processo diagnostico-testistico atto a definire oggettivamente l’entità della patologia, sia a livello qualitativo sia quantitativo. Alla fine del percorso diagnostico si raggiunge una visione d’insieme che permette di individuare a tutto tondo l’entità dello spettro dislessico.

La prima funzione della diagnosi è quella di consentire di evitare gli errori più comuni come colpevolizzare il bambino di scarso impegno e di attribuire la causa a problemi psicologici. Questi errori madornali determinano sofferenza, frustrazioni e, spesse volte, un malessere permanente e difficile da gestire autonomamente con gravi ripercussioni relazionali.

Una volta eseguita la diagnosi si possono mettere in atto aiuti specifici, tecniche di riabilitazione e di compenso, nonché alcuni semplici provvedimenti come la concessione di tempi più lunghi per lo svolgimento di compiti, l’uso della calcolatrice o del computer come supporto all’apprendimento. I dislessici hanno un diverso modo di imparare ma imparano e anche molto bene.

 

 

Dislessia: interventi diagnostici

Ci sono molte persone che possono aiutare il bambino a migliorare le sue capacità di lettura e scrittura. Il primo aiuto avviene chiaramente a scuola, grazie ai diversi metodi di lettura che potrebbero facilitare i processi di apprendimento del bambino. Spesso si è soliti utilizzare anche dei programmi informatici atti a facilitare i processi di apprendimento della lettura.

Inoltre, strutture esterne, che si avvalgono di professionisti specifici, spesso sono consigliabili, perché le tecniche comportamentali e neuropsicologiche possono aiutare il bambino a sviluppare strategie di apprendimento alternative e di gestire il disagio che ne deriva. In alcuni casi anche i genitori possono essere aiutati attraverso percorsi di sostegno in cui uno specialista accompagna nel sostegno del proprio figlio.

 

 

Dislessia: cosa fare a casa

Aiutare il bambino con dislessia può essere un ottimo adiuvante alla cura e permette di aumentare competenze  rafforzando l’autostima. Potrebbe essere necessario provare diversi approcci per trovare ciò che funziona meglio con il bambino, ognuno ha richieste specifiche. Di seguito alcune cose che potrebbero aiutare:

  • Leggere ad alta voce tutti i giorni,  sia libri di animazione sia cose specifiche che possono catturare l’interesse del bambino.
  • Aumentare gli interessi del bambino. Fornire una varietà di materiali di lettura, come i fumetti, storie di mistero, ricette e articoli su sport o pop star.
  • Utilizzare audiolibri, l’ascolto aiuta il bambino a collegare i suoni con le parole che sta vedendo e ascoltando.
  • Aiuto tecnologico, dovuto a programmi di scrittura e ai loro controlli ortografici integrati che permettono immediatamente di modificare la parola on line.
  • Osservare e prendere appunti,  sui comportamenti manifestati per verificare come agire più nello specifico.
  • Rinforzo: lodare il bambino aiuta a mantenere alta la motivazione e anche l’autostima.
  • Supportare ed essere empatici con il bambino aiuta a non entrare nel loop delle emozioni negative.

 

 

RUBRICA: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Handler, S., and Fierson, W. (2011). Learning Disabilities, Dyslexia, and Vision. Pediatrics, 127-3, on line verison.
  • Paulesu, E., Demonet, J. F., Fazio, F., McCrory,  E., Chanoine, V., Brunswick, N.,. Cappa, S. F , Cossu, G., Habib, M.,  Frith, C. D. and Frith,  U. (2001). Dyslexia: cultural diversity and biological unity. Science, 291, 2165-2167.
  • Ramus, F. (2006). A neurological model of dyslexia and other domain-specific developmental disorders with an associated sensorimotor syndrome. In G.D. Rosen (a cura di), The dyslexic brain: new pathway in neuroscience discovery, Mahwah, Lawrence Earlbaum Ass, pp. 75-101 DOWNLOAD
  • Stella, G. (2004). La dislessia, quando un bambino non riesce a leggere: cosa fare, come aiutarlo. Bologna, Il Mulino
  • Sperling, A. (2005). Deficits in Perceptual Noise Exclusion in Developmental Dyslexia. Nature, 8, 862 - 863
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