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Report dalla 2° Conferenza Internazionale di Mindfuness, Roma, 11-15 maggio 2016

Dall'11 al 15 maggio si è tenuta a Roma la seconda Conferenza Internazionale sulla Mindfulness con il contributo di vari esperti provenienti da vari Paesi.

Di Elena Mannelli

Pubblicato il 18 Mag. 2016

Si è appena conclusa la seconda edizione della conferenza internazionale sulla Mindfulness.

Da mercoledì (con i workshop pre-apertura) fino a domenica, Roma e l’Università della Sapienza hanno fatto da cornice per 5, direi più che intensi, giorni di ricerche e dibattiti sull’argomento che sta diventando sempre più oggetto di ricerca scientifica (così come di interesse popolare): la Mindfulness e tutto quello che la riguarda (in clinica, nei contesti di lavoro, nei bambini, nelle professioni di aiuto), la meditazione e i suoi effetti, la (self)Compassion e le sue relazioni con la Mindfulness, le discipline e le filosofie orientali che forniscono il terreno di nascita, il tutto con una spolverata generosa di neuroscienze.

Molti sponsor e moltissimi speaker provenienti davvero da tutto il mondo per 50 simposi (ebbene sì, proprio 50) oltre a interventi da parte di personalità rilevanti come Paul Gilbert, Antoine Lutz, Peter Malinowski, Rebecca Crane, assieme a maestri di meditazione come Ven. Bhiukkhu Analayo, Ven. Shi-Yan-Hui e Ven. Shi-Heng-Chan.

 

Mercoledì, il giorno di pre-apertura della conferenza

Il mercoledì è giorno di workshop pre-apertura tenuti da Paul Gilbert e Nicola Petrocchi sulla Compassion Focused Therapy, da Peter Malinowski e Liliana Shalamanova su “Healty Mindfull ageing” con interesse ai possibili ruoli protettivi della Mindfulness e della meditazione, da Donald McCown e Diane Riebel sullo sviluppo di skills per insegnanti e infine da Antonella Cammellato e Fabio Giommi sull’ Insight Dialogue e Insight meditation e i suoi effetti nelle relazioni.

 

Il programma delle giornate

La tabella di marcia è serrata, la conferenza apre alle 7:30 del mattino per 45 minuti di meditazione (di tradizione Zen di venerdì, Tibetana il sabato e Chan per la festiva domenica).
Ore 8:15 già al primo coffee time per non farsi mancare niente.
Alle 8:30 si aprono i primi simposi raggruppati per tematiche; 1 ora e mezzo, per 4 presentazioni di circa 20 minuti ciascuna.
Il primo giorno, giovedì, 5 aule in contemporanea, ha visto chiudere la giornata alle 16:30 al simposio nr 20 (prima dell’intervento in plenaria di Paul Gilbert delle 17 nell’Aula Magna con tanto di traduttori simultanei).
Mentre il menu di venerdì e sabato ha previsto 2 keynote lecture ad inizio mattina e pomeriggio e 10 simposi per dì.

La difficoltà non è stata la lingua inglese, unica e sola lingua di tutto il convegno, ma il dover prendere decisioni istantanee per capire in quale stanza sedersi nei tre piani della facoltà di Psicologia e Medicina della Sapienza.
Non da meno, ore 10 e ore 14 è tempo di “Refreshment” e POSTER; e anche in questo caso una ventina di poster al giorno davvero interessanti (molti di questi portati da giovani ricercatori da tutto il mondo con lavori su ogni singola sfaccettatura della Mindfulness).

 

I contributi dai vari Paesi

Provando a moltiplicare tutto questo per autori ne viene fuori un convegno con circa 150 relatori provenienti davvero da tutto il mondo e innumerevoli ricercatori che hanno lavorato per mettere insieme quello che viene definito “lo stato dell’arte” in un’aerea che sta in modo esponenziale catturando l’attenzione di addetti ai lavori e di profani.

Ben rappresentata la lontana Australia e Nuova Zelanda, madre di interessantissimi simposi, così come rilevanti contributi dalla Corea, dal Sud Africa, dal Giappone e Asia in genere, da Israele, e dagli USA, per non nominare l’Europa al completo ovviamente.
Anche l’Italia ha potuto fare conto su illustri nomi di importanti esponenti nel campo, da Fabio Giommi presidente della Società Italiana per la Mindfulness ad Antonella Cammellato ad Antonino Raffone e collaboratori.

Un aspetto che occorre sottolineare non è solo la diversità in termini di provenienza geografica, ma la diversità anche in termini di background professionale di tutti coloro che hanno preso parte all’evento. Da psicologi, psicoterapeuti, e psichiatri (e fin qui niente di strano), a contemplativi, biologi, meditatori, monaci, studenti, ricercatori, neuroscienziati, insegnanti…

Conclusioni

Sono stati giorni di scambio di reciproche visioni, reciproci risultati e reciproche esperienze (in un’ottica davvero ampia, comprensiva delle più svariate angolature), con il suono di campane tibetane e “attenzione al respiro per qualche minuto” come introduzione ai contributi portati.

Tra le cose più interessanti si sottolineano i molti dibattiti clinici tra i paesi con attenzione particolare alle diversità culturali, le numerosissime ricerche ed esperimenti di neuroscienze che tentano di spiegare, svelare e dimostrare gli effetti della meditazione continuativa sia sulla morfologia delle varie aree del cervello sia sugli effetti cognitivi veri e propri, i tentavi di migliorare gli strumenti di misura della Mindfulness nelle sue varie componenti e infine lo spazio dato al concetto di (self)Compassion nella sua interrelazione con la Mindfulness.

Mi ripeto nell’affermare che il dispiacere sia stato nel non avere avuto il dono dell’ubiquità.

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SCRITTO DA
Elena Mannelli
Elena Mannelli

Psicologa Cognitivo-Comportamentale

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