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Prevenire o promuovere? E le conseguenze per gli scopi esistenziali

Un atteggiamento promozionale tende alla crescita, allo sviluppo. All’opposto un atteggiamento di prevenzione bada alla protezione e alla sicurezza.

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 26 Gen. 2016

Gli individui con un atteggiamento promozionale tendono alla crescita, allo sviluppo, all’accrescimento. All’esatto opposto sono quelli motivati da un atteggiamento di prevenzione che badano soprattutto alla protezione, alla sicurezza e a ripararsi piuttosto che esporsi.

CIOTTOLI DI PSICOPATOLOGIA GENERALE (RUBRICA) – LEGGI L’INTRODUZIONE

Ritengo tale meccanismo talmente centrale nella patogenesi dei disturbi mentali e la sua risoluzione così centrale in ogni terapia che già vi avevo dedicato una delle ‘Tribolazioni‘ ovvero ‘Inseguire o fuggire‘ ma nel frattempo, grazie a molti stimoli diversi, letture, discussioni, apparizioni soprannaturali mi si è chiarito ancora di più.

Si tratta di due atteggiamenti, propensioni, attitudini (trovate il termine che vi aggrada di più, per me ci siamo capiti) che caratterizzano gli esseri umani e in particolare le loro motivazioni.

 

Atteggiamento promozionale

Gli individui con un atteggiamento promozionale tendono alla crescita, allo sviluppo, all’accrescimento (a Roma si direbbe che si allargano o che sono ingordi di vita, esperienze, emozioni e sembra non bastargli mai, e non andate a parlargli di decrescita felice). La loro percezione è orientata a cogliere le novità ed a leggerle come opportunità. Sono attenti soprattutto alle possibilità di guadagno. In caso di successo l’emozione è la gioia e l’euforia, mentre in caso di fallimento tristezza e sconforto. Queste sono anche le emozioni che contano per loro, a cui badano, e diventano a loro volta motivazioni in sé. Sono naturalmente portati all’esplorazione, ad allargare il campo e predisposti all’azzardo accettano di correre rischi pur di perseguire vantaggi.

Temono soprattutto errori di omissione (non aver fatto) e vogliono a tutti i costi evitare i rimpianti anche a costo di avere poi qualche rimorso che trovano più tollerabile. E’ evidente che sono questi gli individui che guidano il progresso dell’umanità (sono esploratori, ricercatori, innovatori in ogni campo) che fanno da apripista, talvolta a costo della vita e dunque il vantaggio evolutivo di un tale atteggiamento è lampante.

Poiché però tale vantaggio è soprattutto per la comunità mentre gli eventuali costi (la pellaccia appunto) sono individuali verrebbe da dire che sono fondamentalmente altruisti, ma non lo farò. Intanto perché ciò non è affatto rappresentato nella loro mente. Poi perché qualsiasi aspetto valutativo, peggio ancora se di sapore morale, esula da questo tentativo che semplicemente descrive, con fallite ambizioni esplicative, modi diversi di funzionare. Sono motivati da obiettivi e ideali a lungo termine, che a volte li trascendono e che vivono come guadagni da perseguire e come un valore lo stesso perseguimento. Mi sembra invece di poter affermare, rimanendo nel mio, due cose.

Questa modalità di funzionamento che, come praticamente tutto, si struttura sia per una predisposizione genetica temperamentale (Cloninger non li chiamava ‘novelty seeking’?) che impatta con un ambiente infantile che può rinforzarla o meno, organizza l’esistenza intorno a degli scopi, ovvero stati del mondo e/o di sé desiderati e dunque da perseguire. Credo infine che siano i soggetti con atteggiamento promozionale ad essere più esposti alle oscillazioni dell’umore in senso euforia/tristezza caratteristica dei disturbi dell’umore (questo potrebbe essere un aspetto da approfondire).

 

Atteggiamento di prevenzione

All’esatto opposto sono quelli motivati da un atteggiamento di prevenzione che badano soprattutto alla protezione, alla sicurezza e a ripararsi piuttosto che esporsi.

A livello percettivo scannerizzano la realtà alla ricerca di possibili pericoli e minacce. Sono concentrati sulle perdite piuttosto che sui possibili guadagni. Se hanno successo sperimentano tranquillità e abbassamento dell’arousal mentre il fallimento reale o previsto scatena emozioni di ansia e di paura. Sono naturalmente dei conservatori ed il vantaggio evolutivo di un simile atteggiamento consiste nella conservazione e valorizzazione dell’esperienza passata da trasmettere alle nuove generazioni e nella prevenzione dai pericoli con aumento della sopravvivenza e della stessa prole. A livello temperamentale appartengono al gruppo che Cloninger chiama ‘harm avoidance’.

Più attenti alle perdite che vedono come una minaccia alla sicurezza raggiunta, temono maggiormente gli errori di commissione che di omissione (nel dubbio meglio lasciare le cose come sono state finora). Piuttosto che da ideali a lungo termine sono guidati da obblighi e doveri a breve termine che sperimentano come pesanti regole di sicurezza.

Sono iperprudenti, restringono il campo e preferiscono di gran lunga l’evitamento all’esplorazione. A mio avviso da questo atteggiamento di prevenzione ha origine il tronco unitario dei disturbi di personalità del vecchio cluster C e tutti i disturbi d’ansia di asse I°.

 

Atteggiamento promozionale e di prevenzione e le corrispondenze sugli assetti emotivi

Voglio far notare come a ciascuno dei due opposti orientamenti motivazionali corrisponda un attitudine percettiva che finisce per essere confirmatoria ed un conseguente assetto emotivo che nella normalità funge anch’esso come motivante interno e auto mantenimento e all’estremo delinea i due grandi scenari dei disturbi dell’umore (promozione) e dei disturbi d’ansia (prevenzione).

Chiarito che non c’è un modo migliore in assoluto di funzionare e semmai la salute sta nel poter transitare da uno all’altro a seconda delle circostanze ambientali e delle fasi esistenziali riprendo un brano dalle mie “tribolazioni” per argomentare come perseguire uno scopo in positivo o fuggire il suo opposto non sia, come potrebbe sembrare all’apparenza, la stessa cosa.

Invece non è uguale perseguire A o fuggire non-A. O meglio, per liberarci dei simboli alfanumerici, che voler essere ricco equivalga a non voler essere povero. In realtà non è affatto così. Ciò per varie ragioni:

  1. Lo scopo di essere ricco può essere perseguito in alcuni momenti e accantonato in altri in cui si ritenga più importante e/o più facile o utile perseguire altri scopi. Al contrario se l’essere povero è vissuto come una tragedia definitiva e senza appello dopo la quale non ci sarebbe null’altro, il fuggire da tale pericolo non può mai essere accantonato. Ha sempre una priorità assoluta e non graduabile. Formulare uno stato temuto piuttosto che uno stato desiderato fa si che esso monopolizzi tutto il sistema e tiranneggi tutti gli altri scopi esistenziali rispetto ai quali diventa una condizione propedeutica senza limiti di spesa di risorse.
  2. Ancora, se lo scopo è quello di essere ricco posso avere degli indicatori di raggiungimento parziale (ad esempio il numero di zeri del conto in banca o il valore degli immobili posseduti) che generano emozioni positive e contemporaneamente riducono l’urgenza di puntare tutto su tale perseguimento liberando risorse per altri impieghi. Al contrario se il timore è quello di diventare poveri come posso mai essere al sicuro? Nessuna ricchezza garantisce dalla possibile improvvisa perdita di tutto per eventi catastrofici. Un buon tracciato elettrocardiografico è un segnale di buona salute in quel momento ma predice molto poco sulla possibilità di morire di lì a pochi minuti per le cause più varie. Dunque uno scopo espresso in negativo con il suo opposto non è mai definitivamente raggiunto e resta sempre attivo a segnalare un possibile pericolo. Non si può mai abbassare la guardia, con i costi che ciò comporta, perché non c’è alcuna garanzia che ciò che non è mai avvenuto non avvenga da un momento all’altro.
  3. Inoltre la graduabilità di uno scopo espresso in negativo è molto più difficile. Si può facilmente stabilire chi sia più ricco tra due o più persone, così come si può stabilire se si è più ricchi di tre anni prima. Ma non è altrettanto facile stabilire tra più persone non chi sia meno povero (in quanto si potrebbero usare gli stessi criteri precedenti), quanto piuttosto (si faccia attenzione alla differenza) chi sia più certamente sicuro di non precipitare in povertà.

 

I pericoli degli scopi esistenziali espressi in negativo

In conclusione, uno scopo espresso in negativo è malamente graduabile, mai raggiunto definitivamente, sempre attivo. Perciò genera ricorrenti valutazioni di precarietà associate ad emozioni di allarme e monopolizza tutte le risorse del sistema trasformando in casi estremi un sistema a scopi terminali multipli e positivi in un sistema guidato da un solo anti-scopo negativo.

Riepilogando:

  • La polarità opposta dello stato desiderato S’ oltreché non desiderata è praticamente sconosciuta
  • Lo scopo S’ è formulato come antiS’
  • AntiS” non è graduabile
  • AntiS” è sempre attivo
  • AntiS” genera un continuo stato di allarme
  • AntiS” diventa precondizione di tutti gli altri scopi.
  • AntiS” diventa l’unico scopo del sistema che si impoverisce.

Il mondo della fuga è totalmente diverso da quello del perseguimento. Nella fuga non si inseguono successi ma si cerca di evitare i fallimenti, i rovesci. Si fantasticano inorridendo tutti i dirupi in cui si può sprofondare ad ogni disattento passo: diventare poveri e non avere di che mangiare, essere deriso e disprezzato da tutti, finire solo e abbandonato. Nel caso si cerchi di evitare i dirupi il cammino non sarà spedito. Non si sa bene dove essi siano. Sono molteplici e nascosti. Il fatto di averli evitati fino a quel momento non da garanzia che il prossimo passo non precipiti giù ponendo fine a tutto. L’incedere è dunque incerto, il senso di minaccia sempre presente.

Da un punto di vista clinico credo che occorra valutare insieme al paziente costi e benefici della sua strategia privilegiata che sia quella promozionale più spesso tipica dei disturbi dell’umore o quella preventiva, pervasiva nei disturbi d’ansia e aiutarlo ad appropriarsi anche dell’altra modalità in modo che possa scegliere e cambiare senza essere costretto dalla mancanza di alternative.

 

RUBRICA CIOTTOLI DI PSICOPATOLOGIA GENERALE

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