Si è appena concluso il Workshop ‘Il ruolo del corpo nell’elaborazione delle emozioni profonde‘: due giorni di aspetti teorici ed esperienziali sulle emozioni esperite nel corpo, con particolare attenzione ai pazienti con componenti traumatiche.
Si è appena concluso uno stimolante Workshop dal titolo: ‘Il ruolo del corpo nell’elaborazione delle emozioni profonde’. Il risultato è stato una maratona di due giorni di aspetti teorici ed esperienziali sulle “emozioni esperite nel corpo”, con particolare attenzione alle ricadute sul lavoro clinico e psicoterapico con pazienti con componenti traumatiche.
In un clima di operativa pragmaticità americana l’evento ha permesso ai partecipanti di consolidare le conoscenze circa la neurobiologia delle emozioni, l’attaccamento e la relazione terapeutica nella forma del clinico come ‘Regolatore Psicobiologico Interattivo’ (Schore, 1994, 2009) e agli approcci in psicotraumatologia ormai ampiamente consolidati in letteratura, come l’EMDR e la Terapia sulla Dissociazione Strutturale di Van der Hart (2006), con innovativi stimoli e tecniche di terapia Sensomotoria (Ogden, 2000, 2009) quale ad esempio l’esercizio sulle cinque fondamentali componenti motorie; quali l’abbandonarsi, lo spingere, il pretendersi, l’afferrare e il tirare (Brainbridge-Cohen, 1993).
L’autore Kukuni Minton, un Trainer fondatore dell’Istituto di Psicoterapia Sensomotoria (SPI) a Boulder, Colorado, (Centro clinico diretto da Pat Ogden e Janina Fischer) e primo formatore in Italia in terapia Senso motoria, ha guidati i presenti in un percorso di approfondimento di ipotesi specifiche sulla corporeità, come la Teoria Polivagale e la Sensopercezione (Porges, 2004) per un intervento che tenga maggiormente presenti le componenti somatiche nella valutazione e nell’intervento terapeutico di regolazione delle emozioni (Ogden, 2009).
E’ fondamentale infatti per una corretta procedura, afferma Minton, che i livelli di elaborazione e regolazione neurobiologica rimangano all’interno della così definita Finestra di Tolleranza (Sigel, 1999), intervenendo secondo modalità sia Top Down che Botton Up (Ogden e Minton, 2000).
Sono instate inoltre particolarmente approfondite le motivazioni che spingono il terapeuta a tenere uno sguardo sempre agganciato al corpo nel lavoro sulle emozioni e i ricordi dolorosi del paziente e l’utilizzo di una esplorazione e di un intervento che preveda esercizi immaginativi a più livelli (emotivo, sensoriale, percettivo, cognitivo e motorio) con una osservazione Mindfulness, finalizzata a mutare la prospettiva del paziente su parti del proprio Sè e Non Me, così da aiutarlo ad elaborare le emozioni bloccate.
Si auspicano maggiori studi di efficacia che supportino e permettano di valutare con dati empirici di outcome i numerosi e consolidati contributi teorici che supportano questa promettente forma di psicoterapia.
Doveroso ringraziare Psicosoma per aver reso possibile una iniziativa che sono sicuro abbia lasciato, come in chi scrive, un rinnovato stimolo e curiosità a conoscere e ad esplorare nuovi paradigmi teorici per fornire nuove chiavi di accesso al Sè dei nostri pazienti complessi, resistenti al trattamento e provenienti spesso da storie traumatiche.