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L’altruismo nei bambini di buona famiglia

Uno studio dimostra che i bambini in età prescolare, provenienti da famiglie benestanti, si comportano in modo meno caritatevole, rispetto agli altri.

Di Chiara La Spina

Pubblicato il 07 Gen. 2016

Secondo un recente studio, i bambini in età prescolare, provenienti da famiglie benestanti, si comportano in modo meno caritatevole, rispetto a quelli provenienti da contesti economici meno agiati e la mancanza di altruismo potrebbe influenzare la salute fisica e mentale dei bambini più ricchi.

La ricerca, pubblicata recentemente su Psychological Science, esamina le radici e i benefici dell’altruismo in età prescolare.
Gli autori dello studio sostengono che le loro scoperte sottolineino l’importanza dell’ambiente primario del bambino nello sviluppo della tendenza alla beneficenza e al compiere gesti generosi e caritatevoli.
Jonas Miller, studente laureato nel dipartimento di Psicologia presso l’Università della California dichiara: [blockquote style=”1″]Quando si hanno più risorse non c’è bisogno di essere tanto sensibili all’ambiente circostante, d’altra parte, se non si hanno molte risorse, si è più dipendenti dagli altri e diventa più importante sviluppare abitudini prosociali come il dare.[/blockquote] I risultati dello studio indicano che ciò potrebbe estendersi, come per i giovani, anche per i bambini in età prescolare.

Nello specifico Miller e i suoi colleghi hanno analizzato come 74 bambini in età prescolare, provenienti da varie fasce di reddito, rispondevano a richieste di donazioni.

Durante una sessione di gioco della durata di alcuni minuti con un’esaminatrice, i bambini erano progressivamente in grado di guadagnare 20 gettoni, che, come a loro era detto fin dall’inizio, potevano essere scambiati, alla fine dell’attività, con un premio. Al termine della sessione di gioco, l’esaminatrice spiegava ai bambini che lei lavorava anche in ospedale, con alcuni loro coetanei più sfortunati e malati, che, pertanto, non potevano guadagnare da soli i premi. Spiegava loro che, se avessero voluto, avrebbero potuto donare alcuni dei loro gettoni a questi bambini, così che, anche per loro, sarebbe stato possibile guadagnare premi, nonostante fossero impossibilitati a venire in laboratorio. I bambini venivano poi lasciati da soli a prendere le loro decisioni.

Lo studio dimostra l’esistenza di un rapporto inversamente proporzionale tra reddito familiare e quantità di gettoni che i bimbi si impegnavano a dare: nello specifico per ogni aumento di 15000$ nel reddito familiare, la quantità che il bambino si impegnava a donare diminuiva di due gettoni.

I ricercatori esaminarono anche le reazioni biologiche dei bambini al dare.
Dopo la fase di donazione, quando i bambini erano a riposo, quelli che davano di più mostravano una maggiore attività del nervo vago, che, tra le varie funzioni, aiuta a regolare il battito cardiaco. Da ricordare anche il fatto che, una più alta attività vagale a riposo è stata collegata alla diminuzione del rischio di patologie cardiache, ipertensione e diabete, nonché a meno ansia e depressione.

[blockquote style=”1″]Ciò che lo studio mostra è che sembriamo essere cablati fin dalla giovane età per ottenere benefici dall’aiutare gli altri, e dovremmo verosimilmente incoraggiare queste azioni nei bambini piccoli[/blockquote] dice Miller.

Felix Warneken, professore associato nel Dipartimento di Psicologia dell’Università di Harvard, che ha condotto una vasta ricerca sui comportamenti sociali dei bambini, ha elogiato lo studio in quanto, rispetto alle ricerche precedenti, è andato più in profondità, esaminando ampiamente sia gli aspetti fisiologici sia quelli sociali dell’altruismo.
Warneken ha trovato le scoperte dello studio sul reddito “provocatorie” e collegate ad altre recenti ricerche sugli adulti, che mostrano come il reddito e il potere influenzino l’altruismo.
Tuttavia, criticamente, ha messo in guardia dall’effettuare qualsiasi tipo di generalizzazione sulla base dello studio, dicendo che non dovremmo mai ricadere nel pensare sulla base di categorie.

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