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Altruismo: si è sviluppato da ragioni egoistiche

Gli animali che vivono in gruppo, inclusi gli esseri umani, hanno sviluppato una sensibilità verso l’ingiustizia per evitare di essere sfruttati tra pari

Di Ioana Cristina Marchis

Pubblicato il 08 Ott. 2014

FLASH NEWS

Gli autori suggeriscono che gli animali che vivono in gruppo, inclusi gli esseri umani, hanno sviluppato una sensibilità verso l’ingiustizia per evitare di essere sfruttati all’interno del gruppo di appartenenza.

“Assicurati di giocare correttamente” dicono spesso i genitori ai loro figli. In realtà, i bambini non hanno bisogno d’incoraggiamenti per essere onesti, è una caratteristica della vita sociale che emerge durante l’infanzia.

Quando ai bambini si dà la possibilità di condividere i dolci, essi tendono a comportarsi egoisticamente, ma dall’ età di 8 anni la maggior parte preferiscono distribuire le risorse per evitare le disuguaglianze, almeno all’interno del proprio gruppo.

I biologi sono sorpresi da questa tendenza dei bambini a comportarsi altruisticamente. La teoria dell’evoluzione attraverso la selezione naturale prevede che gli individui si comportino così in modo da massimizzare il proprio benessere; quindi vengono selezionati solo quei comportamenti che garantiscono la sopravvivenza e la riproduzione dell’individuo singolo o della famiglia a cui fa parte . Tuttavia, il comportamento mostrato dai bambini sembra essere opposto, mostrando dei comportamenti altruistici nei confronti dei loro compagni con cui non sono imparentati.

Il senso di correttezza, egualitarismo o l’avversione verso la disuguaglianza, può essere “danneggiato” dalle istruzioni ricevute per “essere corretti” e dalle ricomprese associate a tali comportamenti.

Questo succede in quanto una motivazione intrinseca del bambino viene trasformata in una regola imposta dall’esterno. E come ben si sa è più semplice seguire le regole in cui si crede invece di quelle che vengono imposte dall’esterno.

 

Gli uomini sono di natura prosociali. Spesso siamo motivati ad aiutare il prossimo in assenza di una richiesta esplicita d’aiuto, come per esempio nel pianto. Poiché le pratiche culturali non influenzano in modo diretto le tendenze prosociali dei bambini in via di sviluppo si pensa che il senso di correttezza che essi possiedono deve aver avuto una forte valenza positiva durante il corso dell’evoluzione umana.

In un recente studio pubblicato sulla rivista Science, Sarah Brosnan dell’Università di Georgia e Frans de Waal della Università di Emory, hanno indagato come si è evoluta la nostra capacità di essere corretti e di reagire di fronte alle ingiustizie.

Per il presente studio sono state studiate le risposte in specifici compiti di diverse specie di primati (scimmie cappuccino e scimpanzé) cani, uccelli e pesci. Dai risultati è emerso che solo gli scimpanzé reagiscono negativamente quando all’interno del gruppo dei pari vengono ricompensati di meno per lo stesso comportamento svolto rispetto agli altri membri (come per esempio ricevere dei pezzi di banana ogni talvolta volta che si tira la stessa corda). Questo comportamento non emerge all’interno dei membri della stessa famiglia.

Gli autori suggeriscono che gli animali che vivono in gruppo, inclusi gli esseri umani, hanno sviluppato una sensibilità verso l’ingiustizia per evitare di essere sfruttati all’interno del gruppo di appartenenza.

Inoltre gli autori suggeriscono che la motivazione di ricevere uguali ricompense, nonostante si penalizzi se stessi,  avviene per preservare la cooperazione trai i pari necessaria per la sopravvivenza di un gruppo.

Le azioni eroiche e di carità (come salvare la vita di un’altra persona, donare sangue e soldi) possono essere interpretate in termini di benefici, sostengono gli autori del presente studio. In quanto le persone che le attuano guadagnano il riconoscimento e l’apprezzamento dei pari.

 

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Ioana Cristina Marchis
Ioana Cristina Marchis

Dottoressa Magistrale in Psicologia dello Sviluppo e dei Processi Educativi, Tirocinante presso Studi Cognitivi

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