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Il controllo come scopo ultimo? Ossessività e anima moderna

Tutto è controllato perché tutto ha uno scopo. Scopi da perseguire ossessivamente, in una girandola controllante in cui tutto è al vaglio della quantità.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 14 Dic. 2015

Questo articolo è stato pubblicato da Giovanni Maria Ruggiero su Linkiesta il 21/11/2015

Le ossessioni del mondo moderno. Cosa sono? Ossessione è soprattutto il modo moderno di controllare il tempo.  Il controllo particellato del tempo, la suddivisione della giornata non in labili ore ma in precisi minuti e secondi introduce all’ossessività, al controllo.

Le ossessioni del mondo moderno. Cosa sono? Ossessione è soprattutto il modo moderno di controllare il tempo. Gli antichi non avevano il nostro controllo minuzioso del tempo. Ci vediamo domani mattina! E ci si vedeva il mattino dopo, da qualche parte dopo l’alba, in un tempo mal definito. Il controllo particellato del tempo, la suddivisione della giornata non in labili ore ma in precisi minuti e secondi introduce all’ossessività, al controllo. Il contenuto viene dopo, che sia ossessività per la forma fisica o per lo sport, per la tecnologia o per il lavoro o perfino per i piaceri, come il cibo o il sesso. Quel che conta è il controllo di noi stessi e del mondo, della nostra mente e dello spazio esterno. E soprattutto del tempo.

È il controllo del tempo che ci introduce nell’età moderna, che consente l’organizzazione della giornata in segmenti dedicati a scopi, a progetti, a obiettivi. E perfino al tempo libero, che non è più l’otium degli antichi, ma una pausa programmata e quindi anch’essa controllata.

Tutto è controllato perché tutto ha uno scopo, un utile. Questo è vero per la psicologia moderna, ma è vero anche per l’economia. Sfogliamo i primi capitoli di ‘L’azione umana’ del grande economista Ludwig von Mises (1966). von Mises sostiene che gli individui scelgono sempre consapevolmente le azioni ritenute più idonee al raggiungimento degli scopi voluti. L’azione è sempre quindi razionale, o meglio umanamente razionale (e non assolutamente razionale). Razionale nel senso che l’individuo sceglie sempre i mezzi da lui ritenuti più idonei in base a quel che sa nel momento della scelta.

In questa definizione di razionalità troviamo alcuni principi dello spirito moderno: la negazione di ogni razionalità assoluta e la valorizzazione di una razionalità individuale e strumentale. Non esiste un sommo bene, ma solo scopi individuali. E non esistono mezzi da considerarsi assolutamente razionali, ma solo ipotesi plausibili su quali mezzi siano più idonei per ottenere quanto desiderato, ipotesi costruite in base a quel che si sa e a quanto si è appreso nel proprio ambiente.

In tale modo, l’agire umano è concepito come inevitabilmente utilitaristico. Von Mises propone che le singole azioni umane siano spiegabili in termini di scopi e mezzi individuali. Attraverso la lente scientifica della metodologia utilitaristica ogni comportamento umano finisce con l’essere bollato con l’etichetta di comportamento acquisitivo. Ogni altra motivazione è rigettata come favola per educande. Per von Mises, anche il nobile distacco o la rinuncia ascetica si possono e si devono spiegare in termini di scopi e di mezzi. Scopi non grettamente materialistici, è vero, ma comunque scopi: desiderio di gloria, soccorso dei deboli, distacco dal mondo. Tutti questi scopi sono in realtà beni da acquisire, e non vi è gerarchia morale tra loro.

Scopi da perseguire ossessivamente, in una girandola acquisitiva e controllante in cui tutto è sottoposto al regno della quantità. Ogni cosa è misurabile, quantificabile, traducibile in una barra che rappresenta il livello di controllo che abbiamo raggiunto. Se non ci fosse questa quantificabilità, non potremmo avere un ossessivo che controlla tutto quantitativamente.

Perché noi moderni vogliamo controllare tutto? Forse perché ci consideriamo responsabili di tutto. Qui ci aiuta la psicologia clinica. La forma patologica dell’ossessività è il disturbo ossessivo-compulsivo. E qual è l’idea che muove gli individui ossessivo-compulsivi patologici? Essi si considerano responsabili di qualsiasi evento negativo sul quale abbiano anche un remotissimo potere d’influenza, non solo nel determinarlo ma anche –anzi, soprattutto- nel prevenirlo (Salkovskis, 1985). Per gli ossessivi è sempre possibile incolparsi di una qualche responsabilità, scoprire una spiegazione anche remotissima, a volte anche bizzarra, tra la propria responsabilità e ogni possibile disgrazia.

Nell’ossessività così l’utilitarismo moderno diventa responsabilità e perfino colpa. Gli scopi non sono più obiettivi da raggiungere ma prescrizioni a cui obbedire compulsivamente, pena un singolare nuovo senso del peccato.

Si dirà: ma in fondo gli uomini sono sempre stati utilitaristi. Sempre hanno perseguito scopi. Vero, ma non nel modo ossessivo e controllante moderno. Nella modernità si è scivolati nell’utilitarismo ideologico, l’utilitarismo che non si limita a essere un lato dell’azione umana ma che diventa l’aspetto dominante e l’unico veramente significativo: una disincantata e ruvida ammissione che non vi è altro che l’utile a questo mondo, e tutto ciò che si fregia di un’etichetta più elevata è inganno, velo.

Quando nei valori culturali condivisi si passa dalla serena consapevolezza che in ogni nostra azione vi sia una soddisfazione allo scopo esplicito di massimizzarla, avviene anche che il contenuto di questa utilità diventi sempre meno spirituale e più immediatamente materiale. E quindi quantificabile e misurabile. E ossessivo.

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Salkovskis, P.M. (1985), “Obsessional-compulsive problems: a cognitive-behavioural analysis”. In Behaviour Research and Therapy, 23, pp. 571-583.
  • von Mises, L. Human action. A treatise on economics. Yale University Press, New Haven Connecticut, 1996 [ed.or. Chicago, Regnery, 1949].
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