Libera Liana Diana, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI SAN BENEDETTO DEL TRONTO
Il rapporto tra la religione e la salute mentale ha suscitato molto interesse negli ultimi anni, infatti alcuni autori hanno rilevato l’importanza della religione come strategia di coping che consentirebbe di dare un senso alla sofferenza e di promuovere le regole sociali che facilitano la cooperazione e il sostegno reciproco.
Koenig (2001), definisce la religione come un sistema organizzato di credenze, pratiche, riti e simboli, progettato per facilitare la vicinanza a Dio, al più alto potere o alla realtà finale.
Sempre dallo stesso autore, la religione viene distinta dalla spiritualità, intesa come una ricerca personale volta alla comprensione delle risposte alle domande ultime sulla vita, sul suo significato e sul rapporto con il sacro.
La spiritualità, non necessariamente genera o deriva dallo sviluppo di riti religiosi e dalla formazione di una comunità.
Il rapporto tra la religione e la salute mentale ha suscitato molto interesse negli ultimi anni, infatti alcuni autori hanno rilevato l’importanza della religione come strategia di coping che consentirebbe di dare un senso alla sofferenza e di promuovere le regole sociali che facilitano la cooperazione e il sostegno reciproco.
Vi sono due tipologie di coping: quello positivo caratterizzato da una forte connessione con il divino che favorisce una lettura alternativa degli eventi negativi; mentre nel coping negativo si riscontrano agitazione e tensione accompagnate da un continuo conflitto interno (Pargament, 1999).
In generale, la maggior parte degli studi ha riportato che livelli maggiori di coinvolgimento religioso sono correlati in maniera positiva al benessere psicologico e in misura minore con depressione, pensieri suicidari e comportamenti di abuso. Inoltre, l’’impatto positivo della religione appare maggiore in situazioni stressanti come nelle persone in età avanzata, con disabilità o malattia medica (Moreira-Almelida 2006).
Ad esempio, nello studio di Vaillant e al. (2007), è emerso come uomini con depressione maggiore o con una quantità elevata di eventi di vita negativi, abbiano il doppio delle probabilità di manifestare un alto coinvolgimento religioso.
I dubbi e i conflitti religiosi, la percezione di un rapporto negativo con Dio e le interazioni negative nelle comunità religiose, d’altra parte, sono fattori che possono provocare ansia, paura o addirittura portare allo sviluppo di vere e proprie psicopatologie.
La religiosità è stata associata ad un vario numero di disordini psicologici, incluso il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC). La religiosità può influenzare la natura delle ossessioni e compulsioni in soggetti con DOC, e può avere un impatto su come il soggetto esperisce la sintomatologia. La religione infatti coinvolge diversi aspetti della vita che molto spesso si associano a rituali, che possono differenziarsi a seconda del credo religioso.
Lee and Kwon (2003) distinguono le ossessioni autogene, che si presentano senza stimoli evocativi identificabili (relative al sesso, alla religione e all’aggressività) da quelle reattive, che hanno come oggetto un contenuto realistico (riguardanti la contaminazione, il dubbio, la simmetria).
Tipica caratteristica delle ossessioni religiose è l’inaccettabilità dei propri pensieri e sentimenti di vergogna e imbarazzo che si aggiungono alle già presenti ansia e paura.
Tali vissuti, portano alla messa in atto di comportamenti compulsivi che hanno lo scopo di ridurre l’attivazione emotiva e di prevenire il verificarsi dell’evento temuto.
Le ossessioni religiose, sarebbero il risultato della sensazione da parte del soggetto, che qualunque cosa faccia sia monitorata da una fonte suprema di potere. Esempi di ossessioni di tipo religioso sono i seguenti: i peccati commessi non saranno mai perdonati da Dio e si andrà all’inferno, non si possono avere cattivi pensieri e bestemmiare in un luogo religioso, avere la convinzione di aver perso il contatto con Dio, pensieri intrusivi su Dio, Santi o figure religiose.
Esempi di compulsioni legate alla religione consistono nel recitare le preghiere più e più volte, toccare o baciare oggetti sacri ripetutamente, rituali di lavaggio, costrizioni alimentari etc.
Dal punto di vista cognitivo, uno studio svolto da Siev (2011) ha evidenziato come le ossessioni religiose siano correlate positivamente a pensieri maladattivi individuati dall’Obsessive Compulsive Cognition Working Group (OCCWG 2001) collegati al DOC.
Tali pensieri disfunzionali sono:
- Eccessiva importanza attribuita al pensiero;
- Necessità di un controllo totale sui pensieri;
- Senso eccessivo di responsabilità;
- Sopravvalutazione della minaccia.
Non sono state individuate correlazioni significative con l’intolleranza all’incertezza e il perfezionismo.
Inoltre, è stata riscontrata una moderata correlazione con la scrupolosità a livello morale, criterio diagnostico del Disturbo Ossessivo Compulsivo di Personalità (DOCP), soprattutto rispetto all’importanza e al controllo dei pensieri, all’alto senso di responsabilità e alla fusione pensiero-azione (TFA). Per il paziente scrupoloso anche il minimo dubbio sulla possibilità di aver peccato e di essere puniti, origina ansia, che cerca di ridurre attraverso risposte non adattive (es. l’evitamento). I comportamenti non adattivi, generando un benessere immediato, tendono a rafforzare tale circolo vizioso (Abramowtz et al,2004).
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo nelle principali religioni monoteiste: Cristianesimo, Islamismo e Ebraismo
Molti studiosi hanno indagato come si presenta il Disturbo Ossessivo Compulsivo nelle principali religioni monoteiste: Cristianesimo, Islamismo e Ebraismo.Sica e colleghi nel 2002, hanno svolto uno studio sulla relazione tra la pratica religiosa e le manifestazioni del DOC in un campione non clinico di italiani cattolici. I soggetti sono stati suddivisi in tre gruppi, in base al loro coinvolgimento a livello religioso: alta, media e bassa religiosità. Il gruppo con alta religiosità presentava punteggi più alti nei test che valutavano l’importanza, il controllo dei pensieri e la responsabilità percepita, rispetto alle altre due categorie.
Nell’ebraismo e nella religione musulmana le ossessioni e le compulsioni appaiono maggiormente connesse alla preghiera, alla restrizione alimentare e alla pulizia che precede la preghiera (Greenberg & Witztum, 1994). Lo studio di Yorulmaz (2009), prende in esame il rapporto tra la religiosità e le cognizioni del DOC nella religione musulmana e cristiana.
Entrambi i gruppi religiosi, riportarono ossessioni sull’importanza e il controllo dei pensieri e la fusione pensiero-azione a livello morale, confermando che la religiosità è associata al DOC (Abramowitz 2004) e che potrebbe essere un’importante questione da valutare a prescindere dal credo di appartenenza.
In particolare i Musulmani presentano maggiore preoccupazione per l’importanza e il controllo dei pensieri rispetto ai Cristiani ed hanno una maggiore tendenza ad utilizzare il rimuginio come strategia di controllo. Yorulmaz, ipotizza come tali differenze nell’espressione del DOC possono derivare dalle differenze nelle dottrine e negli insegnamenti delle diverse religioni.
La religione Musulmana si può considerare più ritualistica, con comportamenti pre- definiti: ad esempio, è richiesto lavarsi cinque volte al giorno prima di pregare; le parti del corpo devono essere lavate in un preciso ordine e se ciò non accade si deve ricominciare.
Dall’ altro lato, nel Cristianesimo, l’enfasi è posta sui pensieri e sulla morale; la fede è definita dal credere in Gesù, con un minor numero di rituali.
In questo studio, bisogna inoltre tener conto delle differenze di tipo culturale, infatti i soggetti Cristiani vivevano in Canada, società dove l’individualismo è molto marcato rispetto all’altro campione proveniente dalla Turchia, dove il collettivismo e l’interdipendenza relazionale ed emotiva sono dominanti.
In generale, queste ricerche fanno ipotizzare che le differenze nell’espressione Sintomatologica del DOC possono essere attribuite alle caratteristiche peculiari di ogni religione e al minore o maggiore coinvolgimento religioso.
L’importanza di tali studi, consiste nel traslare i risultati nella pratica clinica, considerando l’importanza del contesto religioso nella fase di assessment e trattamento del Disturbo Ossessivo Compulsivo basato su tematiche religiose.
Infatti, la religione può rappresentare parte del disturbo, contribuendo ai sintomi (es. ossessioni o manie), alimentando il pensiero magico e le resistenze al trattamento oppure può costituire un fattore motivazionale per la terapia e l’integrazione sociale.
In conclusione, il terapeuta dovrebbe conoscere il contesto religioso e culturale in cui svolge il proprio lavoro, in modo da poter utilizzare tali elementi per promuovere il benessere psicologico.
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BIBLIOGRAFIA:
- Abramowitz, J.S., Deaconi, B.J., Woods, C.M., & Tolin, D.F. (2004). Association between Protestant religiosity and obsessive-compulsive symptoms and cognition. Depression & Anxiety, 20, 70 -76.
- Greenberg, D., & Witztum, E. (1994). The influence of cultural factors on obsessivecompulsive disorder: Religious symptoms in a religious society. Israel Journal of Psychiatry and Related Sciences, 31(3), 211-220.
- Koenig, H.G., Mc Cullough, M., & Larson, D.B. (2001). Handbook of religion and health: a century of research reviewed. New York: Oxford University Press.
- Lee, H.J., Kwon, S.M. (2003). Two different types of obsession: Autogenous and reactive obsession. Behaviour Research Therapy, 41, 11 – 29.
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- Yorulmaz, O., Gencoz, T. and Woody, S. (2009), OCD cognitions and symptoms in different religious contexts. Journal of Anxiety Disorders, 23(3).