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La categorizzazione dell’informazione – Introduzione alla Psicologia nr. 32

La categorizzazione dell'informazione è una funzione cognitiva che consiste nella capacità di raggruppare gli elementi presenti nell'ambiente circostante

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 05 Nov. 2015

Aggiornato il 24 Ott. 2019 13:56

Categorizzazione dell’informazione: la categorizzazione dell’informazione in memoria permette di effettuare delle inferenze partendo da una serie di proprietà degli oggetti che appartengono a una data categoria. La categorizzazione, dunque, consente di interagire con gli oggetti attribuendo loro un nome.
INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA (Nr. 32)

 

Nelle scorse settimane su questa rubrica abbiamo parlato delle differenze tra memoria semantica e memoria episodica, di memoria autobiografica, di memoria a breve/lungo termine e working memory e di memoria implicita e esplicita (ndr).
Ora, ci dedicheremo alle modalità di categorizzazione dell’informazione in memoria.

È noto che non categorizzando gli oggetti sarebbe impossibile conoscere, imparare e effettuare ragionamenti.
la categorizzazione permette, insomma, di unire tutti gli oggetti con caratteristiche comuni e con funzioni simili, consentendo in questo modo di usufruire di denominazioni adeguate alla categoria specifica usata (Anderson 1991).

I vantaggi cognitivi della categorizzazione sono:
– economia cognitiva: massimizza l’informazione con il minimo sforzo cognitivo;
– percezione del mondo che non sarà recepito come un insieme di oggetti indistinti, ma formato da classi, categorie, di elementi correlati tra loro.

Le teorie sulla categorizzazione dell’informazione

Di seguito le più importanti teorie sulla categorizzazione.

Secondo la teoria classica, definita anche rule based, ogni oggetto è formato da un insieme di proprietà, che rappresentano le caratteristiche semantiche necessarie per essere considerato come tale (Keane and Eysenck 2005). Il processo di categorizzazione si basa sul riconoscimento di caratteristiche comuni agli oggetti, grazie alle quali possono essere inseriti in categorie prestabilite (Ashby and Maddox 1998).

Dai limiti della teoria classica nasce la teoria dei prototipi e degli esemplari. Secondo la teoria dei prototipi un elemento deve essere confrontato con un prototipo o esemplare ideale, oggetto rappresentativo di una categoria, che contiene tutte le caratteristiche più tipiche della categoria in esame.
Secondo la teoria degli esemplari, al contrario, una categoria è rappresentata semplicemente da tutti gli esemplari che appartengono alla categoria stessa. Il processo decisionale si basa sulla comparazione di elementi che accomunano gli oggetti e che andranno a determinare una rappresentazione mnestica per ogni esemplare della categoria. Inoltre, mentre per la teoria del prototipo esiste un oggetto prototipico con cui confrontare tutti gli altri della categoria, per la teoria degli esemplari si ottengono, invece, rappresentazioni distinte di un numero di oggetti che andranno a costituire delle sottoclassi all’interno della categoria.

Murphy e Medin (1985), per contro, affermano che tutti i soggetti possiedono delle teorie implicite, atte a spiegare il mondo e a classificare gli oggetti, natura compresa, che animano la realtà circostante. Queste teorie permetterebbero di inserire un elemento in una categoria partendo da un giudizio individuale.

Successivamente, Barsalou (1999) ha proposto la teoria della simulazione, secondo la quale nel concetto è presente intrinsecamente la capacità di costruire rappresentazioni flessibili, quindi adattabili alle situazioni e alle esperienze dell’individuo. I concetti, dunque, classificano situazioni dirette al raggiungimento di uno scopo, tipico di ogni individuo (Barsalou 1983).

Questo breve excursus sulle teorie della categorizzazione mostra rapidamente quali potrebbero essere le modalità secondo le quali la nostra mente immagazzina informazioni e si struttura.

 

RUBRICA: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Anderson, J. R. (1991). The adaptive nature of human categorization. Psychological Review. 98, 409–29.
  • Ashby, F. G., and Maddox, T. (1998). Stimulus categorization. In , eds. M.H. Birnbaum. Academic Press.
  • Keane, M. T., and Eysenck, M. W. (2005). Cognitive Psychology: A Student’s Handbook. Psychology Press.
  • Barsalou, L.W. (1993). Flexibility, structure, and linguistic vagary in concepts: Manifestations of a compositional system of perceptual symbols. In A.C. Collins, S.E. Gathercole, & M.A. Conway (Eds.), Theories of memory (pp. 29-101). London: Lawrence Erlbaum Associates.
  • Murphy, G. L., and Medin. D.L. (1985). The role of theories in conceptual coherence. Psychological Review 92, 289–316.
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