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La schizofrenia e l’autoreferenzialità nella percezione dei segnali sociali

Gli schizofrenici a causa del bias dell'autoreferenzialità tendono a considerare qualsiasi gesto o segnale sociale come rivolto a se stessi

Di Alessia Gallucci

Pubblicato il 15 Ott. 2015

Aggiornato il 23 Mar. 2016 13:15

Gli individui affetti da schizofrenia presentano dei movimenti facciali meno variabili e complessi, una minore coordinazione tra i movimenti facciali e il discorso e un minor numero di gesti manuali rispetto sia ai soggetti sani sia ai pazienti depressi; inoltre i pazienti psicotici hanno una minore capacità imitativa e, pur essendo in grado di identificare i gesti archetipici tendono a giudicare comunicativi dei gesti che in realtà sono accidentali.

È largamente noto che una delle limitazioni che caratterizza i pazienti schizofrenici riguarda la cognizione sociale e la comunicazione interpersonale, cioè la capacità di esprimere in modo comprensibile le proprie intenzioni ed inferire quelle degli altri; queste difficoltà spesso precedono la comparsa dei sintomi positivi e sono peggiorate dal fatto che questi pazienti hanno delle relazioni sociali molto limitate così come dei bassi tassi occupazionali.

Tuttavia mentre la comunicazione verbale è stata largamente studiata, poche ricerche si sono occupate di quella non verbale che è altrettanto importante dato che la postura, i gesti, i movimenti del corpo e l’espressione facciale, mediano anch’essi l’interazione interpersonale soprattutto quando sono presenti delle difficoltà linguistiche a causa di fattori situazionali o personali. In particolare, gli individui affetti da schizofrenia presentano dei movimenti facciali meno variabili e complessi, una minore coordinazione tra i movimenti facciali e il discorso e un minor numero di gesti manuali rispetto sia ai soggetti sani sia ai pazienti depressi; inoltre i pazienti psicotici hanno una minore capacità imitativa e, pur essendo in grado di identificare i gesti archetipici tendono a giudicare comunicativi dei gesti che in realtà sono accidentali.

Quest’ultimo aspetto, cioè pensare che gli eventi ambientali siano rivolti a se stessi quando in realtà non lo sono, può essere considerato un bias di autoreferenzialità che è tipico dei pazienti che presentano deliri e che è particolarmente importante, dato che comprendere chi è il destinatario di una comunicazione guida il modo e la maniera in cui il soggetto agisce sul messaggio che sta trasmettendo. Il bias di autoreferenzialità può essere la conseguenza di una disfunzione a livello percettivo come la perdita di acuità visiva, uditiva o di un’esperienza allucinatoria, a livello cognitivo come processi attentivi o di analisi del contesto poco adeguati, oppure a livello metacognitivo.

Lo studio presente si è quindi posto l’obiettivo di indagare come i pazienti schizofrenici percepiscono i gesti che osservano, basando l’analisi sul livello meramente percettivo, cioè il riconoscimento del gesto, sul livello contestuale e sul livello metacognitivo che è particolarmente interessante in quanto ricerche recenti hanno mostrato che alcuni dei substrati anatomici che mediano i processi metacognitivi sono anche alla base della cognizione sociale.

In particolare il fatto che i precedenti studi non abbiano riscontrato alcuna differenza tra i pazienti con schizofrenia e i soggetti sani nella sensibilità con cui viene riconosciuto il gesto ha guidato l’ipotesi secondo cui i pazienti psicotici sono in grado di identificare senza problemi i gesti archetipici; secondariamente i ricercatori hanno ipotizzato che gli individui affetti da schizofrenia, a differenza dei controlli, sono più in difficoltà quando devono modificare la comprensione del gesto in base alle informazioni contestuali cioè, a causa del bias di autoreferenzialità, tenderebbero a considerare i gesti come sempre rivolti a se stessi nonostante le evidenze esterne; infine si è ipotizzato che le valutazioni metacognitive dei pazienti schizofrenici siano meno accurate rispetto a quelle dei soggetti sani.

La ricerca ha quindi considerato 29 individui affetti da schizofrenia o da disturbo schizoaffettivo e 25 soggetti sani, sottoponendoli alla visione di un video di tre secondi in cui un attore riproduceva movimenti accidentali o gesti comunicativi; entrambi i tipi di azione potevano essere completamente rivolti all’osservatore, ambigui cioè alcuni indizi non verbali venivano diretti all’osservatore mentre altri no o completamente non rivolti all’osservatore. Al termine dei video i partecipanti, attraverso un compito a scelta forzata, dovevano indicare che tipo di gesto avevano visto e l’accuratezza della loro risposta; infine veniva chiesto loro di giudicare se si consideravano o meno i destinatari dei movimenti osservati e ancora una volta valutare l’affidabilità del loro giudizio.

I risultati hanno mostrato che i pazienti schizofrenici riescono a comprendere il significato dei gesti allo stesso modo dei soggetti sani, tuttavia rispetto ai controlli essi tendono a considerarsi i destinatari dei gesti ambigui e di quelli che in realtà non sono rivolti a loro. Ciò farebbe pensare ad un’organizzazione modulare della mente, in quanto nei pazienti schizofrenici sarebbe preservata la capacità di inferire informazioni a partire da messaggi comunicativi di basso livello ma mancherebbe l’abilità di tenere conto degli indizi contestuali. I ricercatori hanno ipotizzato che questa condizione potrebbe essere la conseguenza di un disturbo della teoria della mente o della memoria di lavoro, oppure l’esito di un deficit percettivo, infatti i pazienti psicotici presentano delle particolari alterazioni a livello della via dorsale che è implicata nell’elaborazione di caratteristiche globali.

Questa ipotesi potrebbe essere supportata anche dall’evidenza che i soggetti schizofrenici rispetto a quelli sani fanno più fatica ad integrare le informazioni locali all’ interno dello spazio o a concentrarsi su alcuni stimoli target quando essi sono presentati tra tanti distrattori. Inoltre, a fronte della buona capacità di riconoscere i gesti, è stato possibile osservare delle difficoltà nell’esprimere autogiudizi e nel determinare l’accuratezza delle proprie risposte, dimostrando che nei pazienti il problema non è relativo al sistema specchio quanto piuttosto alle capacità di monitoraggio. A differenza degli studi precedenti invece la ricerca presente non ha osservato alcuna associazione tra la gravità dei deliri, la percezione dei gesti e la loro rappresentazione metacognitiva.

Quindi in conclusione lo studio ha osservato che i pazienti schizofrenici sono in grado di codificare i gesti che osservano ma, a causa del bias di autoreferenzialità, tendono a considerarli sempre come rivolti a se stessi e ciò può ulteriormente compromettere i loro scambi interpersonali; per questo degli interventi psicoterapeutici comportamentali sarebbero particolarmente auspicabili.

 

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