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L’anima desiderante dell’industria del divertimento

Il divertimento e i desideri che spesso lo motivano possono sfociare in dipendenze, come lo shopping compulsivo, il gambling e la cybersexual addiction.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 02 Lug. 2015

Articolo pubblicato da Giovanni Maria Ruggiero su Linkiesta il 28/06/2015

 

Che il divertimento sia ormai un’industria è una (divertente) contraddizione dei giorni nostri, a cominciare dall’etimologia, latina per entrambe le parole.

Operosità, impegno e concentrazione si radunano intorno all’origine della parola “industria”, mentre divertimento è –letteralmente- volgere altrove, è allontanamento dall’impegno, è distrazione. E per distrarci l’industria del divertimento ci propone intrattenimento, parchi a tema, parchi giochi, mondiali di calcio, bordelli, Dubai e perfino cultura! Come mi dice il direttore Cancellato, ormai girano più soldi per farci divertire che per produrre cose. Miracoli dell’economia delle esperienze. Ma ogni pianeta ha il suo lato oscuro.

Forse il problema sono i desideri che tormentano l’esistenza. O forse no. Il problema non sono i desideri. Come scrivono Spada e Caselli (2011) il problema è come reagiamo mentalmente ai desideri quando essi balzano davanti alla nostra coscienza. Alcuni di noi sanno discriminare meglio i desideri su cui vogliono soffermarsi da quelli che in realtà non vogliono perseguire. Altri, purtroppo, si soffermano a elaborare mentalmente questi desideri, a immaginare le sensazioni che si provano a esaudirli, a pianificare mentalmente (come fosse un film) le azioni da compiere per raggiungerli e a identificare le ragioni valide che ci possono “concedere” o “permettere” di sceglierli. Questo processo di pensiero talvolta è tanto automatico che le persone non si rendono conto di esservi immerse. Sono fuse dentro questo canale di elaborazione. Tutto questo ha un impatto forte sulla sensazione di desiderio o di ‘fame’ per un oggetto o per un’attività.

La psicologia ha già provveduto a dare un nome tecnico alle varie aberrazioni patologiche dell’industria del divertimento. Si inizia naturalmente con lo shopping, che può diventare un obbligo, una schiavitù. L’atto dell’acquisto nello shopping compulsivo è sperimentato come un impulso incontrollabile e irresistibile, che comporta attività singole eccessive, costose e dispendiose in termini di tempo.

Tipicamente è un comportamento messo in atto in risposta ad emozioni negative, dando origine così a difficoltà finanziarie, personali e/o sociali. Nel momento dell’acquisto i compratori compulsivi sperimentano un restringimento dell’attenzione indicativo di uno stato mentale “assorbito” e che compromette qualsiasi processo cognitivo esecutivo/riflessivo. Durante questo stato dissociato/assorbito si potenziano gli effetti positivi per il proprio umore dovuti all’acquisto. Si origina, quindi, un circuito di feedback positivo: “acquistare mi fa stare bene”. In questa fase si sperimentano stati emotivi come: sollievo, gratificazione, miglioramento dell’umore e dell’autostima, che risultano però temporanei.

Con lo shopping siamo ancora in un ambito tutto sommato accettabile. Più in là inizia l’antro dei divertimenti più inquietanti. Naturalmente il divertimento sessuale è in prima fila. Accanto all’esercizio antichissimo in strada o nei bordelli, si presentano le forme tecnologiche più moderne, il cosiddetto cybersesso. Nella definizione di cybersesso rientrano tutte le modalità di utilizzo di internet che possono determinare eccitazione e gratificazione sessuale.

Si tratta di attività fra loro differenti, che comprendono la scrittura e la lettura di storie a contenuto erotico, la frequentazione di chat rooms a contenuto sessuale, la visione di filmati pornografici, l’uso di web-cam per attività erotiche a distanza e la ricerca d’incontri con persone che si prostituiscono. C’è di tutto, c’è il sesso vissuto e poi mostrato su internet, c’è il sesso procurato tramite internet, ma c’è anche il sesso vissuto esclusivamente in maniera virtuale.

La cybersexual addiction è la dipendenza da queste attività sessuali virtuali. Kimberly S. Young, docente di Psicologia presso l’Università di Pittsburgh e direttrice del Center for Online Addiction, ha tracciato un profilo del cybersexual addicted:[blockquote style=”1″] Il soggetto si dedica in modo sempre più compulsivo all’uso di internet per trovare un partner o materiale erotico, fino a considerare l’eccitazione che ne deriva come forma primaria di gratificazione sessuale, e fino a ridurre l’investimento sul partner reale. Inoltre il disagio scaturito dalla dipendenza porta il soggetto a nascondere le proprie relazioni virtuali agli altri, provando sentimenti di colpa o vergogna.[/blockquote]

Infine, in questa processione di piaceri industriali, incontriamo il gioco d’azzardo, il gambling.
Si tratta di un fenomeno in costante crescita. Studi epidemiologici stimano tassi di prevalenza compresi tra 1.1% e 5.3% nella popolazione adulta e in particolare nel contesto italiano si stimano tassi di prevalenza pari al 2.3% per i giovani e il 2.2% per gli adulti. Slot machine, video lottery, gratta e vinci, poker online e lotterie istantanee, sono centinaia le forme di gioco d’azzardo legalizzate in Italia.

A disposizione di ogni cittadino italiano ci sono più slot machine che posti letto in ospedale. Un dato allarmante, che negli ultimi anni ha contribuito all’impennata del numero di persone cadute nel vortice del gioco. Comincia così la testimonianza di Antonio, giocatore di azzardo patologico che ha perso tutti i suoi averi, alle slot e videolottery: [blockquote style=”1″]A volte ci parlavo con le slot, vedi a che livello ero arrivato[/blockquote].

I nuovi giochi d’azzardo (videopoker, slot-machine, bingo, giochi online) definiscono un nuovo modo di giocare: solitario, decontestualizzato, globalizzato, con regole semplici e universalmente valide e pertanto ad alta soglia di accesso. È un nuovo popolo del desiderio, differente dagli elitari e annoiati debosciati ottocenteschi che frequentavano le case da gioco in un’atmosfera decadentista e raffinata. Ora è un comportamento di massa che si rivolge a un pubblico che pensavamo estraneo e lontano dai luoghi culto dell’azzardo: adolescenti, casalinghe, pensionati, bambini e interi nuclei familiari, che popolano le sale gioco infestate da slot-machine e videopoker o le affollate sale da bingo.

Eccitazione e delusione definiscono un’oscillazione che il giocatore d’azzardo conosce bene, ma dalla quale non riesce a difendersi. La trappola risiede nel senso di prestigio, di onnipotenza, oltre che nelle vivide fantasie di vincita che da un certo punto in poi diventano certezza di potersi rifare, irrinunciabile modulatore dell’umore depresso che consegue alle frequenti perdite. Da qui in poi, aumentano la frequenza del gioco e il desiderio di recuperare, ma diminuiscono le possibilità di sottrarsi a questo pericoloso inganno.

 

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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