expand_lessAPRI WIDGET

Il Binge Eating Disorder (BED): aspetti di personalità e difficoltà nell’espressione delle emozioni

Il Binge Eating Disorder è caratterizzato da episodi di abbuffate senza comportamenti compensatori e un elemento caratteristico è l'alessitimia - Psicologia

Di caterina micalizzi

Pubblicato il 31 Lug. 2015

Aggiornato il 27 Set. 2019 15:02

Caterina Micalizzi, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI

Il Binge Eating Disorder (BED) o disturbo da alimentazione incontrollata, secondo il DSM-IV-TR (APA, 2000) è caratterizzato da episodi ricorrenti di abbuffate, senza l’uso regolare di inappropriati comportamenti compensatori, tipici invece della bulimia nervosa. Tale disturbo sembra avere origine nel periodo dell’adolescenza, in una situazione di normopeso, spesso a seguito di una significativa perdita di peso dovuta ad una dieta autogestita o scorretta.

Questi pazienti manifestano difficoltà in svariati ambiti della loro vita: – disagio sociale e giovanile esteso alla maggior parte dei rapporti interpersonali; – distorsione nella visione del proprio corpo che alimenta un senso di insicurezza e d’inadeguatezza; – pressione e stress dovuti alla grande quantità di tempo trascorso sotto regime dietetico; – in alcuni casi abuso di alcool o droghe; – difficoltà a gestire gli stati d’animo o a esprimere/manifestare le proprie emozioni, compresa la rabbia; – senso di impotenza legato all’incapacità di controllare il proprio comportamento alimentare e il conseguente aumento di peso.

Il 50% dei pazienti con disturbo da alimentazione incontrollata soffre di depressione maggiore, disturbo di panico e di alcuni disturbi di personalità. Il sintomo dell’abbuffata infatti andrebbe a compensare una sensazione pervasiva di sconforto persistente presente nel momento della crisi. Un elevato sovrappeso può contribuire al mantenimento e all’accentuazione del sintomo compulsivo, in quanto restituisce a chi ne soffre un senso di fallimento, di colpa e di vergogna che autoperpetua la condotta alimentare incontrollata. Durante gli episodi di abbuffata il soggetto è inconsapevole di quello che sta facendo, per cui c’è una perdita di controllo (Mannucci, Ricca, Rotella, 2001). In seguito è in preda a sentimenti di disgusto.

I pazienti con binge eating disorder sono caratterizati da specifiche caratteristiche di personalità e proprio questi aspetti vengono considerati come fattori di vulnerabilità individuale, cioè fanno sì che coloro che ne sono portatori siano più esposti di altri a sviluppare il disturbo. Essi presentano: bassa autostima che spinge gli individui a sovrastimare l’apparenza corporea, riponendo nel raggiungimento della migliore forma fisica aspettative irreali di successo e di realizzazione personale. Inoltre, contribuisce ad interpretare in maniera eccessivamente negativa eventuali “sconfitte” o “ricadute” alimentari, favorendo l’insorgere di un altro aspetto comune nei soggetti con disturbi alimentari, e cioè il “senso di colpa”; pensiero dicotomico: il paziente sarebbe soggetto a estremizzazioni ripetute ed oscillazioni nel giudizio di se stesso e dell’ambiente. La mancanza di una sufficiente consapevolezza di sé facilita l’insorgenza e il mantenimento di comportamenti estremizzati anche in ambito alimentare, producendo l’ alternarsi di restrizioni ed abbuffate, tali da riproporre all’ individuo la propria incapacità di condurre un’ esistenza equilibrata e risulta pericoloso poiché rafforza il senso di fallimento di fronte anche ad una piccola “ricaduta” alimentare, favorendo l’insorgenza dei sensi di colpa, l’insinuarsi e il successivo perpetuarsi dei sintomi depressivi; perfezionismo patologico: valutazione di Sé eccessivamente dipendente dall’inseguimento e dal raggiungimento di determinati standard personali esigenti ed autoimposti (Dalle Grave, 2003). La persona pensa che potrà essere accettata solo a condizione di dare il massimo delle proprie possibilità senza la minima smagliatura. Il giudizio altrui viene considerato l’unico modo per stimare il proprio valore. Alessitimia: in quanto presentano difficoltà a identificare e a descrivere i propri sentimenti, associati a un senso di generale inadeguatezza e a perdita del controllo sulla propria vita (Brunch, 1973). I soggetti BED si può dire che non conoscono le mezze misure: manifestano comportamenti impulsivi o comportamenti ossessivi, presentano difficoltà a gestire le emozioni, sentendole troppo forti e intense al punto da reagire senza riflessione.

Vari studi, come quello di Fassino et al., 2002, si sono avvalsi del Temperament and Character Inventory (TCI) uno strumento specifico utilizzato per analizzare il profilo temperamentale e caratteriologico dei DCA. Essi hanno evidenziato che i pazienti con Binge eating disorder (BED) confrontati con pazienti obesi senza BED ottengono alti punteggi nella scala HA (Harm Avoidance), per cui sono soggetti più insicuri, timidi, apprensivi, nervosi, irascibili e impulsivi, più passivi e si scoraggiano più facilmente. Secondo un altro studio (Marcus et al., 1990; De Zwaan el al., 1994; Kirkley et al., 1992) i pazienti BED tendono ad ottenere tramite tale strumento bassi livelli di SD (autodirezionalità) e di C (cooperatività) per cui mostrano maggiore immaturità, debolezza, fragilità, tendenza alla colpevolizzazione altrui, scarsa capacità integrativa e sono più critici, autocentrati, intolleranti, incapaci di aiutare e opportunisti. Da tale studio emerge pure che i soggetti con disturbo da alimentazione incontrollata, rispetto ai soggetti senza tale disturbo, manifestano un livello di ansia e di depressione maggiormente elevato, una maggiore insoddisfazione per il proprio corpo, un elevato impulso alla magrezza e tendenze bulimiche. Inoltre il disturbo è associato a disturbi psichiatrici, quali il disturbo borderline di personalità, il disturbo evitante di personalità, il disturbo paranoide di personalità e il disturbo istrionico di personalità.

L’approccio psicobiologico, che ha effettuato studi tramite il TCI, ha evidenziato tratti di personalità caratteristici del BED quali: un’alta ricerca della novità, un alto evitamento del danno ed un’autodirettività inadeguata. L’elevato evitamento del danno è la dimensione temperamentale caratteristica del soggetto BED che attiene allo spettro depressivo, che predispone alla deflessione del tono timico, alla presenza di maggior rischio suicidario e ad una bassa qualità di vita, condizioni tra loro associate, e spesso presenti nella popolazione degli obesi essenziali, ma più evidente negli obesi-BED (Fassino, Leombruni, Pierò et al., 2002). Di questi tre tratti, però, soprattutto l’autodirettività sembra l’indicatore personologico più caratteristico e rilevante dal punto di vista clinico, sia per discriminare più efficacemente dal punto di vista psicopatologico i diversi quadri sintomatologici e comportamentali, che come elemento predittivo di esito. Secondo alcuni modelli teorici (Vinai, Todisco, 2007) le persone affette da disturbo da alimentazione incontrollata riescono a percepire le emozioni solo quando raggiungono una certa intensità, al di sotto della quale sono come anestetizzati, ma appena iniziano a percepirle non sono più in grado di tollerarle. Nei pazienti con bassa autostima, la tendenza al controllo e al perfezionismo provocano facilmente emozioni negative.
Mitchell e collaboratori (1999) hanno evidenziato che nei pazienti BED l’abbuffata ha un valore edonico. Infatti essi tendono ad apprezzare in maniera significativa l’odore, il gusto, la consistenza del cibo.

Secondo Williamson, White et al. (2004) gli stimoli ambigui, informazioni riguardo al corpo o all’alimentazione attiverebbero dei bias cognitivi (attenzionali, mnestici etc) relativi allo schema corporeo, che portano a valutazioni negative sul proprio peso e corpo (sovrastima del corpo e del peso) e conducono ad emozioni negative intollerabili. Per cui vi sarebbe un alterazione della percezione corporea dei pazienti che è vissuta in modo pervasivo elicitando comportamenti adatti a far fronte a stati emotivi insostenibili.
Stice (2001) suggerisce che nel binge eating disorder il bisogno di mangiare viene decritto dai pazienti stessi come incoercibile e l’assunzione di cibo come una vera e propria compulsione all’insegna della perdita di controllo su quanto ingurgitato e sulla durata dell’abbuffata stessa (Apfeldorfer, 1996).

Tra i fattori che la letteratura recente indica come determinanti nella genesi e nel mantenimento del disturbo vi sono l’esperienza e la regolazione disfunzionale delle emozioni: le persone a rischio di questi disturbi spesso presentano difficoltà nella gestione delle emozioni, sperimentano frequentemente emozioni negative molto intense e utilizzano il cibo per regolarle (Polivy e Herman, 2002; Bardone-Cone e Cass, 2006; Macht, 2008). Alcuni soggetti riferiscono che il loro comportamento alimentare incontrollato viene scatenato da alterazioni disforiche dell’umore, come depressione, ansia, irritabilità e tristezza variamente associate. Altri non sono in grado di individuare precisi fattori scatenanti, ma riferiscono sentimenti aspecifici di tensione che ricevono sollievo dal mangiare senza controllo. Anche la quantità e la qualità di cibo ingerito paiono correlare con le emozioni provate dal paziente. Le maggiori quantità sarebbero assunte in risposta all’ansia, mentre nei casi di umore depresso vi è la tendenza a ricercare cibi particolari in cui è la qualità ad essere consolatoria. Inizialmente il paziente sente delle sensazioni di gratificazione legate al cibo e al senso di pienezza, ma ciò lascia rapidamente posto a spossatezza, fastidio fisico e deflessione del tono dell’umore (Wegner et al., 2002). Si evidenzia quindi una stretta relazione fra esperienze emozionali e comportamento alimentare. Infatti, i risultati di alcuni studi rilevano anche che l’alimentazione viene usata dalle persone con questi disturbi come regolatore degli stati affettivi (Evers, Marijn Stok e Ridr, 2010), in particolare come strumento per evitare o inibire l’esperienza emozionale.

Alcuni studi riportano nelle ragazze con Disturbi dell’Alimentazione incontrollata minore consapevolezza delle emozioni e maggiore difficoltà nella loro regolazione (Harrison, Sullivan, Tchanturia e Treasure, 2009), con un uso prevalente o esclusivo di strategie di regolazione emozionale disfunzionale, come la soppressione o l’evitamento delle emozioni (Oldershaw et al., 2012), e minore ricorso a strategie adattive come la rivalutazione cognitiva e il problem solving (Aldao e Nolen-Hoeksema, 2010). Secondo la letteratura (Speranza, Loas, Wallier, et al., 2007), l’alessitimia, conseguenza deficitaria o strategia messa in atto rispetto a una gestione emotiva disregolata o disfunzionale, è una delle caratteristiche principali dei disturbi del comportamento alimentare, incluso il BED. Elevati livelli di alessitimia corrispondono a una significativa difficoltà nell’identificare le emozioni e i sentimenti, specialmente rabbia e stati emotivi negativi, e nell’esprimerli verbalmente, associata a un senso di generale inadeguatezza e a perdita del controllo sulla propria vita (Schimdt, Jiwany, Treasure, 1993).

Sviluppi teorici classici suggerivano una stretta relazione tra deficit emozionali e binge eating, attribuendo ai soggetti BED peculiari strategie psicopatologiche “difensive”. Clinicamente si osserva il tentativo di evitare sentimenti paurosi e sgradevoli e di limitare l’esperienza emozionale in generale (Markey, Vander, 2007) . Inoltre, si è osservato in uno studio condotto da Carano, De Berardis, Gambi, et al., (2006) che ha indagato la relazione tra immagine corporea e presenza del costrutto alessitimico nei soggetti con BED, che questi ultimi mostrano una maggiore gravità del disturbo alimentare (indici di massa corporea più elevati) e una maggiore insoddisfazione per il proprio corpo rispetto ai pazienti non alessitimici. I soggetti BED alessitimici rispetto ai soggetti BED non alessitimici rispondono meno ai trattamenti psicoterapeutici e nutrizionali, mostrando elevati tassi di drop-out. Nello specifico, i pazienti BED alessitimici hanno difficoltà a identificare e a descrivere sentimenti ed emozioni senza presentare caratteristiche di pensiero orientato esternamente.

Come affermano Taylor e al., (1997), le persone affette da BED sono fondamentalmente alessitimiche, in quanto presentano deficit nel riconoscimento dei propri stati interni (fame, sazietà, senso di vuoto), nell’esplorazione del proprio mondo interiore e nella competenza necessaria per riconoscere ed esprimere le proprie emozioni. La mancanza d’informazioni sul proprio stato di benessere e sui propri desideri e bisogni, ostacola la creazione di confini stabili con gli altri, aumentando, di conseguenza, la dipendenza dall’ambiente esterno per avere conferme e sicurezze. Quindi emerge in tali pazienti una mancanza di consapevolezza enterocettiva, con conseguente confusione e incertezza nel riconoscere e rispondere in modo preciso agli stati emotivi.

Secondo le moderne teorie biopsicosociali i deficit di regolazione delle emozioni possono essere spiegati da fattori relazionali precoci, quali, in particolare, l’incapacità del caregiver di facilitare attraverso la funzione riflessiva, un pattern di attaccamento sicuro nei propri figli, determinando un’insufficiente maturazione della mentalizzazione e della regolazione emotiva (Fonagy & Target, 2001; Schore, 2001; Caretti & e La Barbera, 2005).

 

ARTICOLO CONSIGLIATO:

BED: emotional eating, risposte allo stress o soluzioni di personalità?

BIBLIOGRAFIA:

Si parla di:
Categorie
ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel