expand_lessAPRI WIDGET

Transessualità, omosessualità e bisessualità: possibili fattori di rischio per patologie legate all’alimentazione

La ricerca ha indagato il nesso tra identità di genere, orientamento sessuale, diagnosi di patologie alimentari e presenza di comportamenti compensatori.

Di Alessia Gallucci

Pubblicato il 27 Mag. 2015

Aggiornato il 05 Ago. 2022 12:52

FLASH NEWS

La ricerca in questione si è posta l’obiettivo di testare l’associazione tra l’identità di genere, l’orientamento sessuale e la diagnosi di patologie alimentari così come la presenza di comportamenti compensatori, come l’uso di pillole dietetiche, lassativi o vomito autoindotto.

Ad oggi la maggior parte degli studi sulla patologia alimentare si è concentrata su soggetti che possono essere definiti “cisessuali”, cioè persone che sul piano biologico, personale e sociale si trovano a loro agio con il genere che è stato loro assegnato alla nascita. Quindi pochissime ricerche hanno confrontato i dati sui tassi di prevalenza dei disturbi alimentari nei cisessuali e nei transessuali e nessuno studio ha preso in esame persone che, pur riconoscendo la concordanza tra la loro identità di genere ed il corrispettivo ruolo e comportamento, si dichiarano bisessuali o incerti sul loro orientamento sessuale. Ciò a fronte dell’evidenza che, ad esempio, per le persone transessuali è più frequente provare una maggiore insoddisfazione per il proprio corpo, aspetto che, come diversi studi hanno rilevato, può aumentare il rischio di disturbi alimentari.

Quindi la ricerca in questione si è posta l’obiettivo di testare l’associazione tra l’identità di genere, l’orientamento sessuale e la diagnosi di patologie alimentari così come la presenza di comportamenti compensatori, come l’uso di pillole dietetiche, lassativi o vomito autoindotto.

A questo scopo sono stati considerati quasi 290 studenti reclutati da 223 università americane di cui, attraverso un’ intervista, si è indagato il genere, l’orientamento sessuale, se nell’ultimo anno hanno ricevuto dei trattamenti professionali per diagnosi di anoressia o bulimia e se negli ultimi trenta giorni hanno fatto ricorso a pillole dietetiche, vomito autoindotto o lassativi (sono state poi considerate anche altre variabili come l’etnia, l’uso di tabacco, le esperienze di binge drinking, il livello di stress, l’attività sportiva ed il prendere parte a comunità sociali).

Relativamente all’identità di genere e all’orientamento sessuale le interviste hanno permesso di suddividere i partecipanti in quattro categorie: transessuali, cisessuali che si dichiarano omosessuali o bisessuali, eterosessuali e insicuri sul proprio orientamento.

I risultati hanno mostrato che i tassi maggiori di patologie alimentari sono riscontrabili tra gli studenti transessuali e in quelli cisessuali che si dichiarano omosessuali o bisessuali, ciò è vero in particolare per i maschi; inoltre gli studenti transessuali presentano anche un numero più elevato di comportamenti compensatori, così come accade per le femmine che dicono di essere insicure del proprio orientamento sessuale, aspetto che le distingue dalle femmine eterosessuali. Infine i maschi eterosessuali sono quelli che mostrano un numero minore di disturbi alimentari e di comportamenti compensatori.

Questi risultati possono trovare diverse spiegazioni. Ad esempio le persone transessuali potrebbero cercare di perdere peso per rendere meno evidenti i caratteri sessuali secondari, oppure nel caso specifico delle donne transessuali i comportamenti tipici delle patologie alimentari possono essere funzionali ad aumentare l’ attrattività e la magrezza tipiche femminili.

Inoltre gli individui che hanno deciso di modificare il loro genere vivono dei livelli più elevati di stress a causa della discriminazione e dello stigma sociali, stress che è comune anche tra le persone omosessuali, bisessuali o incerte del loro orientamento sessuale. Una terza possibilità riguarda il fatto che i transessuali rispetto ai cisessuali presentano più probabilmente delle forme di psicopatologia e ciò li rende inclini a ricercare più spesso dei trattamenti professionali; quest’ultimi vengono anche richiesti per l’implementazione delle terapie funzionali al cambiamento di genere.

Nonostante i limiti che caratterizzano la presente ricerca, come ad esempio il fatto che considera solamente le diagnosi di anoressia e bulimia, la difficoltà di generalizzare i risultati dato che è stata condotta su studenti universitari o i confini non così netti tra disturbi alimentari, identità di genere ed orientamento sessuale, essa ha contribuito a mettere in evidenza l’importanza e la necessità di un intervento precoce su questa popolazione a rischio.

 

ARTICOLO CONSIGLIATO:

Omosessualità: perchè le terapie riparative sono inutili (e dannose)  

BIBLIOGRAFIA:

Si parla di:
Categorie
ARTICOLI CORRELATI
Una dieta sostenibile è possibile?

Una dieta sostenibile contribuisce alla sicurezza alimentare e nutrizionale e ad una vita sana per le generazioni presenti e future

Esplorando la food addiction: quando il cibo diventa una dipendenza

Il termine food addiction indica la dipendenza da alimenti ad alto contenuto calorico, ricchi di zuccheri e grassi

WordPress Ads
cancel