Il termine gender, in italiano genere, viene utilizzato per riferirsi al concetto di identità di genere; ci permette, cioè, di parlare di mascolinità e femminilità andando al di là della differenza sessuale biologica.
Il significato del termine genere/gender
Uno dei primi ad usare il termine gender è lo psicologo neozelandese John Money, pioniere nello studio dell’intersessualità negli anni ’50, che parla di gender role, cioè ruolo di genere, riferendosi agli individui intersessuali, che presentano caratteri sessuali di entrambi i sessi e che per questo non possono essere chiaramente distinti dal punto di vista sessuale biologico. Money si accorse però che, a dispetto del loro ermafroditismo sessuale, queste persone si identificavano chiaramente come maschi o come femmine. Da questo momento il termine genere, per parlare di identità sessuale disgiunta da quella biologica, si diffonde all’interno degli ambienti scientifici medici e psicologici.
Grazie agli studi di genere cominciati negli anni ’50 e portati avanti fino ad oggi, il concetto di genere è andato complessificandosi; è doveroso quindi fare una distinzione tra identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale.
Identità di genere
L’identità di genere è definita da come ciascun individuo sente di essere, il suo sentimento profondo di femminilità o mascolinità.
Il ruolo di genere
Il ruolo di genere è invece ciò che è socialmente e culturalmente definito come maschile o femminile. Il ruolo di genere risponde quindi alla norma sociale e alle credenze condivise dai più che definiscono quali comportamenti si adattano a ruoli maschili o femminili.
L’orientamento sessuale
L’orientamento sessuale si riferisce all’attrazione affettivo-sessuale di una persona nei confronti di un’altra. Gli orientamenti sessuali sono diversi e sono ad oggi considerati come normali varianti della sessualità, tra i più conosciuti troviamo l’orientamento eterosessuale, omosessuale e bisessuale.
È chiaro che queste tre dimensioni possono comporsi all’interno di ciascun individuo in combinazioni differenti.
Transessualismo, transgenderismo e Disforia di genere
“Transessuale” è un termine medico che è usato per indicare quegli individui che sviluppano identità di genere definita (maschile o femminile) ma opposta al sesso biologico di nascita; per questo intervengono con terapie ormonali o con la chirurgia estetica per adeguare il proprio corpo alla propria identità di genere.
Il termine “transgender” definisce invece quegli individui che si identificano in modo transitorio o persistente con un sesso differente dal proprio sesso di nascita, non aderendo però pienamente al genere opposto, ma trovando più adatta a sé una collocazione intermedia tra il maschile e il femminile. Terapie ormonali e operazioni chirurgiche vengono quindi usate per modificare soltanto alcuni dei caratteri sessuali. Il movimento transessuale/transgender utilizza spesso il termine “trans” per indicare sia la condizione di transgender che quella di transessuale.
Nel DSM-5 si parla di gender dysphoria (disforia di genere), una condizione clinica in cui l’avvertire discrepanza tra il proprio sesso biologico e la propria identità di genere causa un disagio clinicamente significativo e compromette il funzionamento sociale e lavorativo. Esattamente come per i disturbi d’ansia, ad esempio, l’entità del disagio avvertito e le sue ripercussioni sono ciò che determinano la presenza di un quadro clinicamente significativo. Questo è un grande cambiamento, se consideriamo che nella precedente versione del DSM il Disturbo dell’Identità di Genere si focalizzava sulla percezione di una identità diversa dal sesso biologico, senza considerare il disagio soggettivo sperimentato.
Il gender e gli studi di genere o gender studies
Gli studi di genere si occupano dei significati socio-culturali legati all’identità di genere e ai ruoli di genere e sono trasversali a diverse discipline, sia scientifiche che umanistiche; hanno il merito di sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto al tema dell’identità di genere e alla sua relazione con la biologia sessuale dell’individuo, relazione complessa e influenzata da fattori psicologici, educativi e socio-culturali, quindi per nulla scontata e predefinita.
È l’antropologa Gayl Rubin nel 1975, con “The traffic women”, la prima a parlare di sex-gender system, un sistema binario asimmetrico per cui la differenza tra i caratteri sessuali biologici viene trasformata in modo arbitrario in una disparità tra uomo e donna.
I primi studi di genere però nascono negli Stati Uniti negli anni ’50 e si occupano di identità sessuale nelle due diverse dimensioni, negli anni ’70 e ’80 cominciano ad occuparsi della condizione femminile e si diffondono anche in Europa dove si collocano all’interno di una riflessione culturale, politica ed emancipativa più ampia sulla condizione della donna nella società e di come sia cambiato il suo ruolo, e più in generale sulla condizione delle minoranze sessuali, etniche, linguistiche e delle disabilità. Lungi dal negare le differenze di genere, gli studi di genere ne approfondiscono lo studio al fine di comprenderne meglio le varianti.
La teoria del gender o ideologia del gender
La teoria del gender, nasce all’interno degli ambienti cattolici negli anni ’90. Secondo i sostenitori della teoria del gender, gli studi di genere, o gender studies, servirebbero a mitigare un complotto volto a far tramontare l’idea di famiglia tradizionale basata su una chiara definizione di sessi e ruoli di genere.
Nel 1995, già nella fase precongressuale della conferenza mondiale sulle donne tenutasi a Pechino, il dibattito tra femministe e delegati a favore della famiglia si fa molto acceso. Un paio di anni prima la biologa Anne Fausto-Sterling pubblicava sulla rivista “The science” un articolo in cui proponeva di aggiungere ai due sessi maschile e femminile sia l’ermafrodita (cioè l’individuo intersessuale che ha sia un testicolo che un ovaio), che gli pseudoermafroditi femmina (una persona intersessuale con le ovaie, con qualche caratteristica sessuale maschile e nessun testicolo) e maschio (una persona intersessuale con i testicoli, con qualche caratteristica sessuale femminile e nessuna ovaia). Questa pubblicazione, così come quella di Susan Kessler che nel 1990 titolava “The medical construction of gender: case managements of intersexed infants”, hanno principalmente lo scopo di accendere un dibattito attorno al tema dell’identità di genere, arbitrariamente assegnata dai medici alla nascita anche in quei casi in cui le malformazioni degli apparati genitali non permettono una chiara classificazione biologica.
Fu proprio nell’ambito di questo acceso dibattito che il termine gender venne, impropriamente, utilizzato come sinonimo di omosessualità e transessualità.
Due anni dopo il congresso, Dale O’Leary, giornalista conservatrice, rappresentante del Family Research Council, una lobby familiarista cattolica statunitense, attivista dell’Opus Dei, e vicina ai Narth (Associazione nazionale per la ricerca e terapia dell’omosessualità), cioè ai sostenitori delle terapie riparative per l’omosessualità, pubblica “The Gender Agenda: Redifining Equality”, in cui troviamo una prima formulazione di quella che è attualmente considerata la teoria del gender.
Secondo la giornalista i sostenitori dell’ideologia del gender sarebbero:
– Il gruppo che si occupa del controllo della popolazione;
– quello dei libertari della sessualità;
– gli attivisti dei diritti dei gay;
– i promotori multiculturali del political correct;
– la componente estremista degli ambientalisti;
– i neo-marxisti/progressisti;
– i decostruzionisti/postmodernisti.
L’Agenda di genere è sostenuta anche dai grandi liberal governativi e da alcune corporazioni multinazionali (Dale O’Leary, Maschi o femmine? La guerra del genere, Rubbettino, 2006. pag.11).
Successivamente il Consiglio Pontificio per la famiglia pubblicò Lexicon: termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, un dizionario enciclopedico composto da circa novanta voci sulle questioni di genere, sessualità e bioetica. Eccone un estratto: [blockquote style=”1″]Dall’inizio degli anni ’90, il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha intrapreso un lavoro di ricerca attraverso specialisti internazionali per produrre un’analisi della teoria del genere e rispondere ai suoi sofismi ( ). L’obiettivo del Lexicon è quello di fornire uno studio ed una critica della teoria del genere a partire da principi di ragione e non ispirandosi a considerazioni religiose. (…) Il popolo dovrà ribellarsi contro il negazionismo dei sessi e il relativismo ugualitarista.[/blockquote] (Anatrella, in Pontificio Consiglio per la Famiglia, 2011).
“Dopo la pubblicazione del Lexicon, l’espressione «IDG» viene episodicamente ripresa (soprattutto in Italia) su giornali conservatori, utilizzata nei titoli di convegni organizzati dall’associazionismo cattolico e ricorre in alcuni importanti interventi di Joseph Ratzinger (il più noto è il discorso alla Curia Romana del dicembre 2012). Sarà, però in Francia, in concomitanza con il dibattito che ha portato nel maggio del 2013 all’approvazione della legge estensiva dell’istituto matrimoniale alle coppie formate da persone dello stesso sesso, che essa si diffonderà nello spazio mediatico e politico. Il fronte degli oppositori al matrimonio egualitario ha, infatti, adottato l’espressione teoria del genere per etichettare e stigmatizzare la coalizione di quelli che considerava i suoi avversari politici” (Sara Garbagnoli, “L’ideologia del genere”: l’irresistibile ascesa di un’invenzione retorica vaticana contro la denaturalizzazione dell’ordine sessuale, in AG AboutGender, International Journal of Gender Studies, n. 6, 2014, pag.258).
[blockquote style=”1″]In Italia l’espressione «ideologia di genere» (preferita, sino ad ora, a «teoria del genere») è brandita dall’estate del 2013 da militanti conservatori e associazioni familiariste cattoliche organizzatisi in gruppi che ricalcano nei nomi («Manif pour Tous-Italia», «Sentinelle in piedi», «Hommen-Italy»), nei loghi e nelle modalità di azione i corrispettivi francesi, per coagulare ed esprimere la loro opposizione, da un lato, all’adozione di una legge che punisca forme di violenza fisica o verbale indirizzata nei confronti delle persone omosessuali e transessuali in ragione del loro orientamento sessuale e/o della loro identità di genere (alcuni disegni di legge giacciono in Commissione Giustizia in attesa di discussione) e, dall’altro, qualunque forma di intervento in ambito scolastico che promuova formazioni per insegnanti in cui le questioni degli stereotipi di genere, delle violenze omotransfobiche e della varietà dei tipi di famiglia (inclusa quella omogenitoriale) vengano affrontate. Sul piano degli attori, si tratta degli stessi che si sono mossi in occasione del Family Day del 2007. Tra di essi: il Forum delle Associazioni familiari, che ha diffuso via internet un «vademecum strumenti di autodifesa dalla teoria del gender per genitori con figli da 0 a 18 anni» e l’ Unione Giuristi Cattolici Italiani, che ha co-organizzato, sovente insieme ad Alleanza cattolica, decine di seminari contro «LTDG.[/blockquote] (Sara Garbagnoli, “L’ideologia del genere”: l’irresistibile ascesa di un’invenzione retorica vaticana contro la denaturalizzazione dell’ordine sessuale, in AG AboutGender, International Journal of Gender Studies, n. 6, 2014, pag.259).
La posizione dell’AIP – Associazione Italiana Psicologi rispetto alla teoria del gender
L’AIP ritiene opportuno intervenire per rasserenare il dibattito nazionale sui temi della diffusione degli studi di genere e orientamento sessuale nelle scuole italiane e per chiarire l’inconsistenza scientifica del concetto di “ideologia del gender”. Esistono, al contrario, studi scientifici di genere, meglio noti come Gender Studies che, insieme ai Gay and Lesbian Studies, hanno contribuito in modo significativo alla conoscenza di tematiche di grande rilievo per molti campi disciplinari (dalla medicina alla psicologia, all’economia, alla giurisprudenza, alle scienze sociali) e alla riduzione, a livello individuale e sociale, dei pregiudizi e delle discriminazioni basati sul genere e l’orientamento sessuale.
Le evidenze empiriche raggiunte da questi studi mostrano che il sessismo, l’omofobia, il pregiudizio e gli stereotipi di genere sono appresi sin dai primi anni di vita e sono trasmessi attraverso la socializzazione, le pratiche educative, il linguaggio, la comunicazione mediatica, le norme sociali. Il contributo scientifico di questi studi si affianca a quanto già riconosciuto, da ormai più di quarant’anni, da tutte le associazioni internazionali, scientifiche e professionali, che promuovono la salute mentale (tra queste, l’American Psychological Association, l’American Psychiatric Association, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ecc.), le quali, derubricando l’omosessualità dal novero delle malattie, hanno ribadito una concezione dell’omosessualità come variante normale non patologica della sessualità umana.
L’Unicef, nel Position Statement del novembre 2014, ha rimarcato la necessità di intervenire contro ogni forma di discriminazione nei confronti dei bambini e dei loro genitori basata sull’orientamento sessuale e/o l’identità di genere. Un’analoga policy è da tempo seguita dall’Unesco. Favorire l’educazione sessuale nelle scuole e inserire nei progetti didattico-formativi contenuti riguardanti il genere e l’orientamento sessuale non significa promuovere un’inesistente “ideologia del gender”, ma fare chiarezza sulle dimensioni costitutive della sessualità e dell’affettività, favorendo una cultura delle differenze e del rispetto della persona umana in tutte le sue dimensioni e mettendo in atto strategie preventive adeguate ed efficaci capaci di contrastare fenomeni come il bullismo omofobico, la discriminazione di genere, il cyberbullismo. La seria e appropriata diffusione di tali studi attraverso corrette metodologie didattico-educative può dunque offrire occasioni di crescita personale e culturale ad allievi e personale scolastico e a contrastare le discriminazioni basate sul genere e l’orientamento sessuale nei contesti scolastici, valorizzando una cultura dello scambio, della relazione, dell’amicizia e della nonviolenza.
L’AIP riconosce la portata scientifica di Gender Studies, Women Studies, Lesbian and Gay Studies e ribadisce l’importanza della diffusione della cultura scientifica psicologica per la crescita culturale e sociale del nostro paese.