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Gli effetti del benessere psicologico sulla salute degli anziani

Il benessere psicologico sembra avere un ruolo protettivo in molti disturbi della popolazione anziana, come in malattie cardiovascolari o disturbi cognitivi

Di Giulia Cesetti

Pubblicato il 04 Mag. 2015

Aggiornato il 23 Ott. 2017 13:20

Giulia Cesetti, OPEN SCHOOL Studi Cognitivi

Il benessere psicologico sembra avere un ruolo importante nella salute degli anziani ed esercita un fattore protettivo particolarmente significativo.

L’aumento dell’età media della popolazione in Italia e nel mondo rappresenta oggi un dato di fatto, che non può essere ignorato e che richiederà, nei prossimi anni, dei cambiamenti a livello economico e sociale, costringendo ad un ripensamento dell’assistenza sanitaria nella popolazione anziana. Porre l’attenzione al benessere psicologico dell’anziano sembra quanto mai necessario considerando gli effetti positivi che lo stesso esercita sulla salute.  Il benessere psicologico, infatti, sembra avere un importante ruolo protettivo in molti disturbi anche nella popolazione anziana. (Boehm & Kubzansky, 2012; Boyle, Buchman, Barnes & Bennett, 2010; Boyle et al, 2012;  Friedman, Hayney, Love, Singer & Ryff, 2007; Friedman & Ryff, 2012; Ryff, Singer & Love,  2004).

Quando si parla di benessere e si tenta di definirlo, data l’importanza che lo stesso riveste nella salute delle persone, ci si imbatte in un concetto multidimensionale e multideterminato che non prevede una definizione univoca, ma richiede uno sguardo più ampio e complesso. Due distinti approcci teorici hanno caratterizzato la ricerca sul benessere: il benessere edonico e il benessere e eudemonico. Il benessere edonico o soggettivo trova le sue radici in quella tradizione filosofica che incitava l’individuo a vivere il massimo piacere possibile e sosteneva che la felicità di ognuno potesse risultare dalla somma dei momenti edonici vissuti (Lieberg, 1958). In epoche più recenti e in ambito psicologico questo primo filone di ricerca ha avuto tra i suoi massimi esponenti Diener, Emmons, Larsen & Griffin (1985) e Bradburn (1969). Secondo il primo autore, il benessere soggettivo corrisponde alla soddisfazione della vita, ai giudizi cognitivi ed emotivi che le persone danno in riferimento alla loro vita. Bradburn (1969), invece, nella sua definizione di benessere soggettivo, sottolinea il ruolo delle emozioni positive; la felicità sarebbe il risultato, secondo l’autore, di un giudizio globale ottenuto confrontando aspetti positivi e negativi. Il benessere edonico o soggettivo può essere definito quindi come la ricerca del piacere e della felicità (Waterman, 2007) e, in un certo senso, la valutazione soggettiva della stessa operata dall’individuo.

Anche il secondo filone di ricerca, noto come benessere eudemonico, affonda le sue origini più antiche nella storia della filosofia. Aristotele, per primo, parlò di eudemonia definendola come la realizzazione del proprio potenziale, che è presente in ogni persona. Il daimon, essere divino, rappresentava, nella filosofia greca e nella cultura religiosa antica, un essere a metà strada tra l’uomo e la divinità. Secondo questa tradizione filosofica, ogni persona è dotata di alcune capacità uniche, conosciute come daimon; scopo dell’individuo è di riconoscere e sviluppare questi talenti. Aristotele quindi non intendeva negare il piacere, ma promuovere l’esercizio della virtù. Secondo tale pensiero, quindi, gli esseri umani gioirebbero nella realizzazione delle proprie potenzialità (che ognuno possiede) e tale contentezza, in un circolo virtuoso, accrescerebbe la capacità di sviluppare a pieno il proprio potenziale. In psicologia diversi autori hanno apportato contributi importanti a quello che può essere definito benessere psicologico o eudemonico. Tra questi troviamo: Maslow (1968) con la teoria dell’auto-realizzazione e Rogers (1961) con la teoria della persona pienamente funzionante.

Il modello di benessere eudemonico enfatizza non tanto il dover stare sempre bene, quanto piuttosto l’importanza di rafforzare quelle caratteristiche che, se presenti e sviluppate in ogni individuo, possono rappresentare risorse personali fondamentali per il raggiungimento di un funzionamento ottimale nella vita di tutti giorni. All’interno della cornice del benessere eudemonico, Carol Ryff (1989) ha creato il suo modello di benessere psicologico facendo riferimento a tre importanti ambiti della psicologia: la psicologia dello sviluppo e dell’arco di vita, quella umanistica e i criteri di salute mentale.

Ryff (1989) ha avuto il merito di saper riassumere e sviluppare al meglio contributi importanti di autori precedenti e di considerare il benessere non semplicemente come assenza di malessere. Tra i contributi che l’autrice ha utilizzato nella creazione del suo modello di benessere psicologico occorre per lo meno citare, nell’ambito della psicologia dello sviluppo e dell’arco di vita, Erikson (1959) e Buhler (1971). Per quanto riguarda la psicologia umanistica si è ispirata al lavoro di Rogers (1961) dove la persona tende a sviluppare il suo potenziale ed è caratterizzata da diverse qualità. Per quanto concerne i criteri di salute mentale è importante ricordare il contributo di Jahoda (1958) la quale propose alcuni indici di funzionamento mentale positivo. Il modello che ne è derivato si compone di sei dimensioni, che andrebbero a definire il benessere psicologico: l’auto-accettazione, le relazioni positive con gli altri, l’autonomia, il controllo ambientale, lo scopo nella vita e la crescita personale. Come sottolineato in precedenza il benessere psicologico sembra avere un ruolo importante nella salute degli anziani ed esercita un fattore protettivo particolarmente significativo (Boehm & Kubzansky, 2012; Boyle, Buchman, Barnes & Bennett, 2010; Boyle et al, 2012; Friedman, Hayney, Love, Singer & Ryff, 2007; Friedman & Ryff, 2012; Ryff, Singer & Love, 2004).

Uno studio che ha messo in luce i correlati biologici del benessere psicologico negli anziani è stato realizzato da Ryff, Singer & Love (2004). Al campione, composto da 135 donne di età compresa tra i 61 e i 91 anni, è stata somministrata la forma breve della Psychological Well Being Scale (Ryff & Keyes, 1995)  per la misurazione del benessere eudemonico, mentre per la valutazione di quello soggettivo sono state utilizzate due scale: la Positive and Negative Affect Schedule (Tellegen, Watson & Clark, 1988) e la versione breve della Mood and Anxiety Symptom questionnaire (Watson, Weber, Smith Assenheimer, Clark, Strauss & Mc Cormick, 1995).  Sono stati valutati alcuni indicatori biologici relativi a diversi sistemi e apparati: neuroendocrini, immunitari e cardiovascolari; inoltre sono state raccolte informazioni sul sonno.

I risultati di questo studio hanno evidenziato che livelli elevati di benessere eudemonico, nel campione di donne anziane, sono associati ad una riduzione del cortisolo salivare, un ormone steroideo maggiormente prodotto in presenza di condizioni stressanti e delle citochine pro infiammatorie, in particolare l’IL-6, spesso implicata in diverse malattie come il diabete, l’aterosclerosi e la sindrome metabolica. Dai risultati si evince inoltre che maggiori livelli di benessere eudemonico erano associati ad una riduzione del rischio cardiovascolare e ad una maggiore durata del sonno REM, rispetto a chi presentava bassi livelli di benessere eudemonico. Un indicatore dello stato di salute degli anziani, che è influenzato dal benessere psicologico è l’interleuchina-6 (IL-6), alti livelli di questa proteina sono associati, come descritto in precedenza, ad una serie di malattie. Persone con maggiore scopo nella vita, relazioni positive con gli altri e controllo ambientale tendono a riportare livelli significativamente più bassi di IL-6 (Friedman, Hayney, Love, Singer & Ryff, 2007).

Uno studio recente (Friedman & Ryff, 2012) ha esaminato alcuni aspetti psicologici in un campione di 998 anziani provenienti dall’indagine nazionale MIDUS che presentavano condizioni croniche multiple. Sono state raccolte informazioni circa le condizioni mediche croniche, i correlati biologi, in particolare l’interleuchina-6 e la proteina C reattiva (CPR) e i domini del funzionamento psicologico. I risultati hanno mostrato che sebbene l’IL-6 e il CPR aumentassero all’aumentare del numero delle malattie croniche, gli intervistati che presentavano livelli elevati di scopo nella vita, relazioni positive con gli altri e, nel caso della CPR, emozioni positive, mostravano minori livelli di indici infiammatori, rispetto a chi riportava bassi punteggi di benessere eudemonico. Considerando questi risultati gli anziani che presentano comorbilità mediche potrebbero comunque mantenere livelli elevati di funzionamento psicologico positivo e in un vero e proprio circolo virtuoso, quest’ultimo sarebbe a sua volta associato ad una riduzione del rischio biologico.

Un aspetto interessante riguarda il rapporto tra benessere psicologico e deterioramento cognitivo. Ricerche longitudinali hanno mostrato che un elevato livello di scopo nella vita è associato ad una riduzione del rischio di sviluppare Alzheimer e deterioramento cognitivo lieve in anziani residenti in comunità (Boyle, Buchman, Barnes & Bennett, 2010; Boyle et al, 2012). Un altro dato importante per la salute degli anziani riguarda il rapporto tra benessere e malattie cardiovascolari. Una recente review realizzata da Boehm & Kubzansky (2012) ha rilevato l’associazione tra il benessere psicologico e il rischio cardiovascolare, evidenziando i comportamenti salutari che mediano la relazione tra rischio cardiovascolare e benessere psicologico. Considerando il benessere un concetto ampio è stata operata, in questo studio, una distinzione tra benessere edonico, eudemonico, ottimismo e altre misure relative benessere presenti in letteratura. Lo studio ha evidenziato risultati molto interessanti; secondo quest’ultimi, infatti, il benessere psicologico ha un ruolo protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari, a parità di fattori di rischio e malattie. In particolare sembra che il benessere edonico sia maggiormente associato, rispetto a quello eudemonico, alla salute dell’apparato cardiovascolare. Tuttavia ciò potrebbe essere causato dalla minore presenza, in questa review, di ricerche disponibili relative al benessere eudemonico.

I risultati mostrano come l’ottimismo sia significativamente associato alla riduzione del rischio cardiovascolare. Inoltre, nella maggior parte dei casi, il benessere psicologico sembrerebbe associato positivamente ai comportamenti salutari e negativamente a quelli a rischio per la salute, ad esempio, fumo, consumo di alcol, attività fisica, qualità e quantità del sonno e alimentazione.

Per evidenziare l’importanza che dovrebbe essere attribuita alla promozione del benessere negli anziani, sembra utile presentare un ultimo studio che è stato realizzato su un campione di donne anziane (Ryff et al, 2006) e che si poneva l’obiettivo di valutare se il benessere e il malessere potessero essere considerati due concetti opposti o indipendenti.
Per supportare la prima ipotesi, i correlati biologici, legati al benessere e al malessere (che sono stati misurati), sarebbero dovuti essere gli stessi, ma, ovviamente, in direzioni opposte. Nel caso della seconda ipotesi, invece, ci si aspettava correlati biologici diversi associati al benessere e al malessere. Dei sette correlati biologici che sono stati valutati, relativi all’ambito cardiovascolare, immunitario e neurochimico, solo due di questi, e precisamente il peso e l’emoglobina glicosilata, supporterebbero la prima ipotesi. Il benessere potrebbe essere, per questo motivo, considerato come indipendente dal malessere, l’assenza di quest’ultimo non garantirebbe con certezza la presenza del primo. Tutto ciò sembrerebbe richiedere un ampliamento di prospettiva per assicurare, in termini di assistenza sanitaria alla popolazione anziana, non solo un’attenzione alla sintomatologia fisica, ma l’effettiva presenza di interventi di promozione del benessere psicologico, visto e considerato l’impatto che lo stesso esercita sulla salute.

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