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Io, me stesso e l’Avatar: dinamiche sociali e rapporti interpersonali dei giocatori dei MMORPGs – Parte 2

Nei giochi di ruolo on line vi è la possibilità di condividere esperienze con altri players. Ma cosa cambia nelle relazioni reali e off line dei giocatori?

Di David Scaramozzino, Silvia Bouvret

Pubblicato il 10 Dic. 2014

Aggiornato il 20 Apr. 2016 15:31

PARTE 2

Uno dei tanti obiettivi che si propone costantemente il mondo di internet, se non lo scopo principe, è quello di promuovere la comunicazione e quindi anche lo scambio sociale. A tal proposito, qual è il ruolo dei MMORPGs nelle interazioni sociali?

Diversi autori si sono soffermati sullo studio della costruzione dei rapporti sociali su internet. Per esempio McKenna e Bargh (citati in Shao-Kang et al., 2005) ipotizzano che coloro che hanno la tendenza a stabilire legami significativi online non riescono ad essere loro stesse nella vita reale e questo genera in loro ansia sociale (nel disturbo dell’Ansia Sociale, l’individuo ha paura e quindi evita tutte le situazioni sociali che presentino la possibilità di essere osservati e giudicati, soprattutto quelle situazioni sociali in cui l’individuo deve incontrare persone nuove o quelle situazioni dove deve fare qualcosa davanti ad un pubblico; l’ideazione cognitiva predominante di questi soggetti è quella di essere giudicati negativamente dagli altri, di essere messi in imbarazzo, umiliati o rifiutati). Costruire relazioni online, per questi soggetti, significa tamponare momentaneamente questa ansia.

Kimberly Young (citata in Shao-Kang et al., 2005), affermata studiosa e ricercatrice in questo campo, sostiene che i soggetti utilizzatori assidui di chat-rooms spesso mancano di contatti interpersonali autentici e reali con amici e familiari.

A questo punto è il momento di entrare nel vivo di questa trattazione e determinare quale sia il ruolo dei MMORPGs nelle interazioni sociali.

I creatori di questo tipo di giochi inventano delle comunità virtuali nelle quali ciascun utente può costruirsi un ruolo e partecipare alla vita virtuale interagendo con persone provenienti da tutto il mondo. Quando infatti si chiede ai giocatori il perché della popolarità di questi giochi, la risposta è quasi sempre la stessa: sono le persone che ci attraggono, non il gioco in sé (Ducheneaut et al., 2006).

Ciò che sembrerebbe fare la differenza è la possibilità di condividere esperienze, la natura collaborativa di molte attività, il piacere di essere parte di una comunità e la possibilità di guadagnarsi una reputazione. I MMORPGs sono infatti essenzialmente dei giochi di reputazione che permettono al giocatore di guadagnare uno status, una reputazione e una fama, il tutto garantito dalla presenza di altri giocatori (detti audience) senza i quali il gioco avrebbe meno senso e soprattutto molta meno attrattiva (sempre a detta degli utenti stessi).

Un interessante progetto di ricerca ha portato gli autori Ducheneaut, Yee, Nickell e Moore ad immergersi in prima persona in questo mondo online (ognuno creando un account) e quindi ha permesso agli autori di studiare dall’interno le dinamiche del famoso gioco World of Warcraft (WoW).

I ricercatori hanno osservato che il gioco innanzitutto incoraggia gli utenti a formare dei gruppi sfruttando due meccanismi principali:

  • sulla base dell’appartenenza ad una qualche razza o casta che ha gli stessi poteri e le stesse abilità e
  • sulla base del fatto che alcune sfide o missioni sono troppo complicate per essere affrontate da soli.

Nonostante ciò alcuni giocatori hanno fatto notare che non sempre il gruppo costituisce un vantaggio e che anzi alcuni personaggi preferiscono perfino l’attività solitaria e solo negli ultimissimi livelli del gioco si uniscono ad altri gruppi.

Un fenomeno molto particolare però è costituito dalla cosiddette gilde: le gilde sono dei gruppi di giocatori più o meno grandi all’interno delle quali sono presenti dei capi che le guidano. Le gilde, come osservano gli autori, sono il luogo all’interno del quale vengono costruite la maggior parte delle amicizie virtuali a lungo termine, anche se mano a mano che il numero dei partecipanti della gilda cresce, diminuisce la possibilità di socializzare e conoscere i membri del gruppo (in media i giocatori conoscono al massimo 1 membro su 4 di tutta la gilda e giocano più spesso al massimo con 1 membro su 10).

Inoltre è stato osservato che il numero medio di ore trascorse sul gioco aumenta se il soggetto è parte di una qualche gilda, il che ha fatto supporre agli autori della ricerca che forse in un certo modo nelle gilde esiste una forma di pressione sociale per cui gli utenti che vi fanno parte sono costretti a giocare sempre di più.

Per concludere i quattro autori della ricerca hanno osservato che nel gioco WoW un elemento che aumenta e massimizza la possibilità di migliorare l’atmosfera sociale è il sense of humor presente nel gioco stesso: il gioco è caratterizzato infatti da toni rasenti il comico, talvolta con situazioni bizzarre e oggetti buffi utilizzabili dagli utenti e personaggi di sfondo che presentano caratteristiche memorabili e divertenti.

Ciò che rende questi giochi particolarmente accattivanti è dato da tre componenti: interagire con altri istantaneamente e in modo anonimo, formare relazioni virtuali e costruire comunità virtuali.

Date queste caratteristiche, gli individui che hanno particolari difficoltà nelle interazioni sociali potrebbero utilizzare i contatti di internet come sostituti di quelli reali. Uno studio condotto da Shao-Kang e colleghi su 180 studenti di Taiwan ha permesso di dimostrare che gli assidui utilizzatori di giochi di ruolo online hanno relazioni interpersonali molto meno soddisfacenti rispetto ai giocatori non compulsivi e ai soggetti non giocatori. Inoltre è stato dimostrato che l’ansia sociale tende ad aumentare in base al grado di utilizzo di questi giochi. Va sottolineato che, anche se questo tipo di giochi sembri attenuare i sintomi dell’ansia sociale, di fatto non migliora la capacità dei soggetti di relazionarsi nel mondo reale (Shao-Kang, Chih-Chien, Wenchang, 2005).

Strettamente legata al fattore interpersonale, l’identificazione del giocatore con il personaggio interpretato online non è un elemento da sottovalutare. Wolfendale (citato in Smahel et al., 2008) sostiene che la relazione tra giocatore e personaggio sia molto simile a quella che si costruisce con una persona assente, o più nello specifico non reale, ma nonostante ciò i sentimenti nei suoi confronti sono invece veri. L’autore anzi aggiunge che sarebbe addirittura più appropriato definire tale legame attaccamento e non semplicemente relazione.

I dati della ricerca condotta da Smahel e colleghi sono abbastanza chiari a riguardo:

  • il 26% di partecipanti ha concordato sul fatto che le abilità e le caratteristiche dei loro avatar sono simili a quelle da loro possedute anche se più potenti,
  • il 17% ha affermato che il loro avatar compensa le proprie abilità e capacità,
  • il 14% sostiene che l’avatar e il giocatore siano la stessa persona,
  • il 18% afferma di possedere le stesse abilità del proprio avatar e infine
  • il 65% si dichiara fiero e orgoglioso del proprio personaggio.

Questa ricerca non dimostra solamente che una piccola percentuale di giocatori tende ad identificarsi fortemente con il proprio avatar e a provare nei suoi confronti dei sentimenti autentici ma anche che un forte coinvolgimento emotivo influisce sulla dipendenza dal gioco e che chiude il giocatore nel mondo virtuale, portandolo a sostituirlo con quello reale.

MMORPGs are both game and communities

(cit. Ducheneaut et al.)

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BIBLIOGRAFIA:

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