Il conflitto pt. 4
Il conflitto: componenti e processi emotivo-affettivi.
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I ragazzi tendono a ribattere in maniera altrettanto aggressiva dal punto di vista verbale e a passare poi all’aggressione fisica, quando l’umiliazione e la rabbia suscitata dall’attacco verbale diventano intollerabili cognitivamente ed emotivamente.
Per rendere conto della reale processualità e complessità dell’escalation, è necessario considerare il fatto che essa è sempre una dinamica satura di emozioni forti e impulsive, tra cui rabbia, senso di umiliazione, ostilità, ansia (Winstok e Eisikovits, 2008); questo tumulto emozionale comporta una sensazione di perdita di controllo della situazione fino al punto in cui l’aggressività viene percepita come la sola modalità di riacquisire la percezione di controllo di sé stessi e della situazione (ibid.). La componente emotiva e psicofisiologica dell’escalation è così importante e sostanziale, che Winstok (2008) parla di “covert escalation”, intendendo quella dimensione cognitiva e affettiva nascosta al di sotto dei comportamenti visibili all’esterno.
Per conoscere queste componenti nascoste, è indispensabili utilizzare metodologie qualitative che analizzino le emozioni e motivazioni profonde dei partecipanti al conflitto.
Una ricerca di Geiger e Fischer (2006), mediante interviste qualitative, ha indagato i vissuti emotivi profondi direttamente dalle parole e dalle narrazioni di un campione di preadolescenti. Le domande delle interviste intendevano analizzare tutte le componenti e i fattori coinvolti nell’escalation del conflitto tra compagni di classe, ad esempio le motivazioni o condizioni che la innescavano, le reazioni verbali e comportamentali aggressive, l’eventuale uso della violenza, le emozioni profonde provate durante e dopo il conflitto.
Dalle parole degli studenti emerge il dato che il conflitto è una parte integrante e sempre presente della vita scolastica e gruppale e non si limita all’aggressività verbale ma sfocia spesso in quella fisica.
I ragazzi del campione descrivono diversi parametri mediante cui valutare la gravità o l’innocenza delle provocazioni o degli scherni; alcune delle condizioni contestuali che maggiormente fanno percepire il conflitto come grave e che innescano risposte altrettanto aggressive e il rischio di escalation, sono ad esempio il contenuto ostile o offensivo della provocazione, il fatto di essere oggetto di derisione di fronte al gruppo dei pari, ma soprattutto il bersaglio della provocazione o offesa subita.
Infatti, come sottolineano gli autori, i ragazzi tendono a ribattere in maniera altrettanto aggressiva dal punto di vista verbale e a passare poi all’aggressione fisica, quando l’umiliazione e la rabbia suscitata dall’attacco verbale diventano intollerabili cognitivamente ed emotivamente. Il dolore, la rabbia e il risentimento sono ingigantiti quando bersagli dell’umiliazione o della derisione subita sono elementi profondi della propria identità e dei propri affetti; nelle parole semplici e dirette dei preadolescenti, si risponde a tono alle offese e alle umiliazioni, soprattutto se pubbliche, quando “fanno male”.
La percezione che l’attacco verbale abbia oltrepassato la soglia della tolleranza è sollecitata dal fatto di aver subito una grave e inaccettabile violazione di quegli aspetti idiosincratici profondi che costituiscono e strutturano la dimensione identitaria ed affettiva delle persone. La messa in atto di condotte competitive, aggressive, quando non espressamente violente, in risposta ad un attacco o ad una provocazione risulta l’unica soluzione possibile per difendere quegli elementi naturali e immodificabili del proprio Sé, come l’appartenenza di genere, i tratti derivanti dall’etnia, alcuni difetti fisici.
L’escalation del conflitto e il passaggio dall’aggressività verbale a quella fisica, sono innescati dall’attacco a componenti emotivamente e cognitivamente salienti della propria identità personale e sociale; ridicolizzazioni e offese rivolte a caratteristiche personali immodificabili e stabili nel tempo, suscitano intollerabili vissuti emotivi di rabbia, umiliazione e frustrazione che sfociano nella percezione che l’unico modo per fare valere e difendere il proprio punto di vista sia quello di aggredire alla stessa maniera e di ripagare con la stessa moneta il torto subito. Secondo Anderson e Bushman (2002), l’emozione che gioca il ruolo cruciale nel determinare un’eventuale aggressione fisica è la rabbia, in quanto interferisce con i processi cognitivi complessi di ragionamento e valutazione morale e di autocontrollo, provvedendo a una giustificazione del proprio comportamento aggressivo.
Non sono rari in casi estremi di escalation, soprattutto quando le emozioni in gioco risultano intollerabili, processi di deindividuazione e deumanizzazione dell’altro, che tendono a negare la diversità e la dignità delle persone (Arielli e Scotto, 2003; Coleman et al., 2007); sempre a livelli estremi, la lucidità cognitiva e percettiva viene definitivamente persa, le motivazioni originarie si affievoliscono e rimane come unica legge quella della retaliation, ovvero di rispondere a un torto subito con un attacco di almeno pari entità, meglio nota come “legge del taglione” (Anderson e Bushman, 2002; Arielli e Scotto, 2003; Geiger e Fischer, 2006; Anderson, Buckley e Carnagey, 2008).
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LEGGI ANCHE:
RAPPORTI INTERPERSONALI – PSICOLOGIA SOCIALE –
VIOLENZA – ADOLESCENTI
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
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