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Come funziona l’EMDR? Il contributo delle neuroscienze

Report dal Congresso Nazionale EMDR - Labirinti traumatici: il filo dell'EMDR Milano, 8-10 Novembre 2013

Di Cristiana Chiej

Pubblicato il 21 Nov. 2013

Report dal Congresso Nazionale EMDR

Labirinti traumatici: il filo dell’EMDR

8-10 Novembre 2013, Milano

Come funziona l’EMDR?

Il contributo delle neuroscienze

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labirinti traumatici emdr

Si conferma l’efficacia dell’EMDR nel normalizzare l’attività limbica e tutti i sintomi che ne derivano, dimostrando l’utilità di questo trattamento non solo con le vittime di abuso e con il PTSD, ma anche con sindromi che comportano violenza e aggressività in cui l’attività del sistema limbico è alterata.

L’ultima mattinata del congresso non delude le aspettative create in questi giorni densi e faticosi ma proficui e forieri di interessanti riflessioni.

Gli interventi presentati, infatti, esplorano un’area di ricerca importantissima: l’apporto delle neuroscienze alla comprensione dei substrati neurofisiologici del trattamento psicoterapico, con un’attenzione particolare, ovviamente, all’EMDR.

Nel suo intervento Benedikt Amann, ricercatore presso la FIDMAG Research Foundation di Barcellona, parte dall’ipotesi che nel disturbo bipolare via sia una disfunzione a carico del Default Mode Network (DMN), una rete di aree cerebrali che risultano essere maggiormente attive durante le fasi di risposo e che si disattivano durante l’esecuzione della maggior parte dei compiti cognitivi che richiedono un attenzione focalizzata.

Questa rete, che comprende la corteccia prefrontale mediale, la corteccia anteriore e posteriore cingolata, il precuneo, il lobulo parietale inferiore, la corteccia temporale laterale e l’ippocampo, è attiva anche durante attività mentali introspettive, come il recupero di ricordi autobiografici, l’utilizzo della teoria della mente e immaginare il futuro. Il DMN regola le dinamiche di attivazione-disattivazione nel cervello sano.

Studi di neuroimmagine evidenziano che sia il disturbo bipolare sia il disturbo da stress post-traumatico presentano una disfunzionalità del DMN.

Dato che l’EMDR attiva il processo omeostatico naturale di elaborazione dell’informazione, l’ipotesi  è che la modulazione del DMN possa rappresentare il substrato neurobiologico nel trattamento EMDR.

Il gruppo di ricerca di Amann presenta uno studio pilota effettuato su un singolo caso di paziente bipolare con una storia di eventi traumatici, che mostra una significativa disattivazione del DMN dopo un trattamento EMDR di 14 sedute, portandolo ai livelli del gruppo di controllo.

Gli attuali modelli di trattamento per il disturbo bipolare sono prevalentemente farmacologici, talvolta affiancati da interventi psicoterapeutici, di psicoeducazione e interventi con la famiglia. Tutti questi tipi di trattamento non sembrano però molto efficaci nel prevenire ricadute e dai diversi studi emergono ancora troppe recidive.

Il lavoro presentato da Amann parte da un presupposto molto importante purtroppo spesso sottovalutato: le esperienze traumatiche infantili, come molti studi autorevoli hanno ormai dimostrato, sono molto frequenti e hanno un forte impatto nell’esordio di diversi disturbi psichiatrici.

Nel caso del disturbo bipolare la comorbilità con il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) è molto alta, circa il 20% e la presenza del PTSD peggiora significativamente la sintomatologia del disturbo bipolare, in termini di maggiori tentativi di suicidio, aumento dei cicli rapidi, sintomi maniacali più elevati, DMN disfunzionale ed in generale un peggiore decorso della malattia.

Tutto ciò ha importanti implicazioni nel trattamento dei pazienti bipolari e dei pazienti psichiatrici in generale, anche se fino ad oggi esistono pochissime evidenze scientifiche al riguardo.

Una di queste deriva da un interessante studio di Van den Berg e colleghi sul trattamento EMDR in pazienti psicotici che mostra, dopo 6 sedute EMDR, un significativo miglioramento sia dei sintomi del PTSD sia di quelli psicotici.

Lo studio BET (Bipolar EMDR Trauma Study), presentato da Amann, è il primo studio relativo all’applicazione dell’EMDR su pazienti bipolari: l’ipotesi di partenza è che l’elaborazione dei traumi attraverso l’EMDR non solo migliori i sintomi post-traumatici, ma che contribuisca a stabilizzare l’umore, a migliorare il funzionamento cognitivo e sia un metodo sicuro con questo tipo di pazienti.

I dati sembrano confortanti: rispetto al trattamento classico, 13-18 sedute EMDR hanno condotto ad un miglioramento significativo rispetto all’impatto degli eventi traumatici sia al termine del trattamento sia al follow-up a 3 e a 6 mesi. Si evidenzia, inoltre, un miglioramento globale del funzionamento e del tono dell’umore, soprattutto rispetto ai sintomi ipomaniacali.  L’EMDR viene infatti consigliato nel casi di sintomi ipomaniacali e subsindromici, mentre non è raccomandato nei casi di mania, fase mista e depressione grave. 

Il gruppo di ricerca ha sviluppato anche un protocollo EMDR specifico da utilizzare con pazienti bipolari. Il piano di trattamento prevede di iniziare con i sintomi legati al presente, che serviranno come via d’ingresso ai ricordi traumatici del passato. Molta importanza viene riconosciuta alla fase di stabilizzazione e installazione delle risorse, anche facendo ricorso a 5 specifici sotto-protocolli creati per questo tipo di pazienti: il protocollo per la stabilizzazione del tono dell’umore, per la consapevolezza di malattia, per l’aumento dell’aderenza, per i sintomi prodromici e per la de-idealizzazione dei sintomi maniacali.

Sarà necessario testare questi risultati su un campione più numeroso, ma sembra una buona direzione per il futuro dell’EMDR e di tanti pazienti affetti da gravi patologie psichiatriche che troppo spesso vengono trattati solo con farmaci, non sufficientemente efficaci nel prevenire le recidive. 

Il secondo ed ultimo intervento della giornata, presentato da Marco Pagani, del CNR di Roma, esplora la neurofisiologia della violenza e le potenzialità del trattamento EMDR nell’intervenire sulle alterazioni patofisiologiche presenti in questi stati.

La relazione apre con una revisione critica della letteratura scientifica relativa alla neurofisiopatologia dei comportamenti violenti. La neurobiologia degli abusi sessuali è stata al centro dei primi studi di neuroimmagine sul PTSD e diverse ricerche hanno ormai dimostrato che nelle persone con una storia di abuso o trauma psichico sono presenti alterazioni patologiche tipiche a carico di alcune strutture cerebrali: la corteccia frontale, che non esercita più la sua fisiologica inibizione sull’amigdala, la quale per questa ragione è iperattiva e contiene informazioni non processate; l’ippocampo; il cingolo anteriore e posteriore e l’insula.

Vari studi hanno evidenziato come l’ipotalamo sia un area centrale in qualunque reazione aggressiva: l’ipotalamo mediale, insieme al mesencefalo, media la rabbia difensiva, mentre quello laterale è coinvolto nell’attacco predatorio. Entrambe queste forme di aggressività sono controllate dal sistema limbico, a sua volta influenzato da input sensoriali e sottocorticali e da da input provenienti dalla corteccia cerebrale.

Con il miglioramento delle tecniche di rilevazione neuro-fisiologica è stato anche possibile indagare il funzionamento e l’efficacia degli interventi terapeutici. Da una meta-analisi di numerosi studi sull’argomento ne sono uscite “vincenti”, per quanto riguarda il trattamento per il PTSD, la terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma e l’EMDR.

Proprio sull’EMDR numerosi sono stati gli studi di efficacia che hanno preso in considerazione i substrati neurobiologici e tutti hanno messo in evidenza una normalizzazione dell’attività cerebrale associata con una remissione dei sintomi tipi del PTSD. La corteccia prefrontale riacquista il suo ruolo inibitorio riducendo l’attivazione dell’amigdala, e in generale le anomalie cerebrali tipiche del PTSD mostrano una sorprendente inversione di tendenza in seguito al trattamento EMDR.

Il dott. Pagani presenta anche un interessantissimo studio condotto dal CNR in cui l’efficacia del trattamento EMDR è stata testata mediante la misurazione elettroencefalografica in un contesto “ecologico”, ovvero nello studio del terapeuta durante la seduta, riducendo al minimo l’invasività dello strumento di misurazione. Il dato interessante che emerge da questa indagine è l’andamento dell’attivazione cerebrale durante la terapia: nel corso della prima seduta si attivano le regioni del trauma accompagnate da sensazioni molto disturbanti; nella fase intermedia del trattamento si attivano regioni diverse, con valenza cognitiva, e la sensazione disturbante diminuisce; durante l’ultima seduta si attivano regioni cerebrali in cui tutte le informazioni sono elaborate e integrate e non si attivano più le regioni del trauma. In questa fase non sono più presenti le sensazioni disturbanti.

Questo dato conferma l’efficacia dell’EMDR nel normalizzare l’attività limbica e tutti i sintomi che ne derivano, dimostrando l’utilità di questo trattamento non solo con le vittime di abuso e con il PTSD, ma anche con sindromi che comportano violenza e aggressività in cui l’attività del sistema limbico è alterata.

Questa ultima considerazione, in linea con quanto emerso dai lavori delle giornate precedenti, sembra essere un’altra importante tessera del puzzle che nel comporsi mostra l’enorme potenziale di questo strumento nell’affrontare non solo la sofferenza dei traumatizzati, ma nel contribuire ad un maggiore benessere sociale, facendosi carico efficacemente dei comportamenti aggressivi e violenti.

L’EMDR in pochi anni ha conquistato molti e si è diffuso con relativa rapidità in tutto il mondo e fra terapeuti provenienti da tutti gli orientamenti, mantenendo tuttavia un certo alone di mistero sui  suoi meccanismi di funzionamento.

La ricerca sta lentamente svelando questi misteri, con l’esito di accrescerne ulteriormente il fascino e nel contempo la solidità, con prove di efficacia convincenti e scientificamente fondate.

LEGGI:

CONGRESSO NAZIONALE EMDR – ABUSI E MALTRATTAMENTI – VIOLENZA – TRAUMA – ESPERIENZA TRAUMATICA – DISTURBO DA STRESS POST TRAUMATICO – PTSD – EYE MOVEMENT DESENSITIZATION AND REPROCESSING – EMDR – DISTURBO BIPOLARE – NEUROSCIENZE

EMDR e Dissociazione – Intervista ad Annabel Gonzalez

 

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