expand_lessAPRI WIDGET

Fenomenologia del badantismo – Psicologia & Musica

Il badantismo è cresciuto in concomitanza al cambiamento della famiglia tradizionale italiana, sicuramente meno coesa di un tempo e in continua evoluzione.

Di Gaspare Palmieri

Pubblicato il 19 Nov. 2013

Gaspare Palmieri  - Fenomenologia del badantismo - Il badantismo è cresciuto in concomitanza al cambiamento della famiglia tradizionale italiana, sicuramente meno coesa di un tempo e in continua evoluzione (Fruggeri, 1997).

Alcuni studi hanno dimostrato in modo preciso come l’inserimento in famiglia di quelle che in termini anglosassoni vengono chiamate Migrant Care Workers (MCW) riduce il carico assistenziale dei familiari, soprattutto in caso di patologie croniche degenerative come il morbo di Alzheimer.

Accetto molto volentieri l’invito di Flavio Ponzio di presentare il video della mia canzone “Le badanti”, che sarà contenuta nel mio prossimo CD da solista “Un lupo” in uscita tra poco sui canali digitali (ormai stampare i CD, aimè, non ha più senso).

Il brano si riferisce al fenomeno italiano del “badantismo”, che negli ultimi anni ha assunto dimensioni veramente notevoli. L’assistenza agli anziani ormai è quasi completamente nelle mani e nelle capacità di accudimento di un vero esercito di donne straniere, provenienti soprattutto dai paesi dell’est. Si contano in Italia più di un milione e seicentomila badanti, con un incremento del 53% nell’ultimo decennio.

Alla base del fenomeno ci sono sicuramente i mutamenti sociali che hanno interessato l’Italia negli ultimi anni. In primo luogo l’invecchiamento della popolazione, con il conseguente aumento della richiesta assistenziale. Fino a qualche tempo fa questo tipo di assistenza era prevalentemente a carico delle donne di famiglia, oggi meno disponibili perché più impegnate dal punto di vista lavorativo. La crisi del sistema ideologico comunista dell’Europa dell’est ha fatto il resto, favorendo un flusso migratorio sempre più massiccio verso il nostro paese. Il badantismo è cresciuto in concomitanza al cambiamento della famiglia tradizionale italiana, sicuramente meno coesa di un tempo e in continua evoluzione (Fruggeri, 1997).

Alcuni studi hanno dimostrato in modo preciso come l’inserimento in famiglia di quelle che in termini anglosassoni vengono chiamate Migrant Care Workers (MCW) riduce il carico assistenziale dei famigliari, soprattutto in caso di patologie croniche degenerative come il morbo di Alzheimer.

Nel mio lavoro di psichiatra ho avuto occasione di conoscere diverse badanti, alcune bravissime e con capacità di accudimento davvero materne, altre un po’ più rigide e autoritarie, forse per l’educazione ferrea ricevuta sotto i regimi socialisti (o semplicemente per via dell’accento dei paesi dell’est, che non è certo morbido e suadente come l’accento sudamericano ad esempio o simpaticamente buffo come l’accento filippino). Spesso le badanti sono molto istruite, certune persino laureate in discipline che di solito non hanno nulla a che fare con l’assistenza geriatrica. Alcune arrivano in Italia con tutta la famiglia, altre arrivano sole lasciando nel paese d’origine il marito e i figli, a cui mandano periodicamente parte dello stipendio. Non di rado hanno alle spalle storie difficili di povertà, maltrattamenti da parte di uomini alcolizzati (nei paesi da cui provengono l’alcolismo è più diffuso tra i maschi rispetto ai paesi mediterranei) e in generale di vite abbastanza dure. Anche il lavoro della badante in Italia non è certo semplice. Assistere 24 ore al giorno persone non autosufficienti, con un solo giorno di riposo alla settimana non è una passeggiata, ma le ragazze sembrano reggere bene.

Mi ricordo una volta in cui un collega geriatra, per la gestione di un anziana psicotica molto impegnativa, richiese specificamente la ricerca di una “badantona”. Per fortuna il fenotipo slavo comprende una buona rappresentanza di donne robuste, oltre che solitamente molto avvenenti. E qui nascono i problemi, almeno in alcuni casi. L’inserimento nel un nucleo famigliare di una figura estranea risulta spesso problematico, se poi si tratta di una bella donna, le cose possono complicarsi ulteriormente.

Una volta ho visto in ambulatorio una donna che aveva superato abbondantemente la mezza età, letteralmente distrutta dalla fuga d’amore del marito con la giovane badante della suocera. Un’altra volta in reparto mi è arrivata una donna anziana che aveva sviluppato un delirio di gelosia nei confronti della badante del marito centenario, che ha necessitato l’introduzione di una terapia neurolettica. Per non parlare dei famigerati matrimoni tra l’anziano e la badante, con le preoccupazioni dei figli rispetto alle possibili conseguenze dell’amore sulla salute del babbo, che dietro hanno spesso sentimenti ben più avidi che riguardano questioni ereditarie. Insomma la relazione d’aiuto nel badantismo può destare un certo interesse anche nel clinico, per le svariate declinazioni che può assumere. Merita sicuramente la nostra attenzione anche perché, con la crisi economica e la disoccupazione dilagante i prossimi badanti potrebbero essere i nostri giovani laureati, magari in psicologia…

LEGGI:

TERZA ETA’SOCIETA’ & ANTROPOLOGIADEMENZA – MUSICA

La Sindrome di Diogene e il museo del Pope

 

 

BIBLIOGRAFIA:

Si parla di:
Categorie
ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel