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La Teoria Polivagale: Fisiologia della Paura – Report dal Congresso.

Ecco la solida base neurobiologica che cercavamo. Tagliavini ci illumina a tal proposito descrivendo la meravigliosa Teoria Polivagale di Porges.

Di Camilla Marzocchi

Pubblicato il 07 Mag. 2013

Aggiornato il 30 Gen. 2018 14:13

 

Report dal Congresso

Nuove frontiere nella cura del trauma

Approcci Integrativi e Centrati sul Corpo per la cura dei

Disturbi Traumatici Complessi

20-22 aprile 2013, Venezia

 

Nuove Frontiere nella cura del traumaEcco la solida base neurobiologica che cercavamo. Tagliavini ci illumina a tal proposito descrivendo la meravigliosa Teoria Polivagale di Porges.

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La paura senza sbocco, così come tutti gli altri comportamenti difensivi descritti, ha precisi correlati viscerali che attivano la “modalità di funzionamento” adatta ad ogni situazione e Giovanni Tagliavini ci illumina a tal proposito descrivendo la meravigliosa Teoria Polivagale di Porges.

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Studioso della fisiologia umana, Porges getta luce sui meccanismi primordiali delle nostre reazioni ad uno stimolo, interno o esterno, attraverso la descrizione delle due branche principali del nostro sistema nervoso autonomo (SNA): il SNA simpatico, attivato da adrenalina e noradrenalina, responsabile delle nostre risposte di attacco e fuga e quello parasimpatico, attivato da acetilcolina e responsabile delle risposte “rest and digest”, di calma cioè e mantenimento dell’energia corporea. Secondo il modello (Porges 2007), la componente parasimpatica sarebbe poi ulteriormente divisa in due parti: una attiva in condizioni di sufficiente “sicurezza” (branca del vago-ventrale) che produce uno stato di immobilità senza paura o risposte di interazione e ricerca di aiuto nell’ambiente (attaccamento), l’altra capace di rispondere al solo “pericolo di vita” (branca vago-dorsale), producendo un crollo del tono vagale, ipotonia muscolare (“morte apparente”) e catalessia. Quest’ultima reazione è la più evolutivamente antica e l’uomo lo condivide con i rettili.

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Nuove Frontiere nella cura del trauma
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Il meccanismo che decide la pericolosità degli stimoli ambientali e dunque quali delle tre reazioni vada messa in campo si chiama neurocezione, un rilevamento cioè del pericolo senza percezione, né consapevolezza.

Dal punto di vista psicopatologico, è interessante osservare come queste reazioni avvengano soprattutto a fronte di stimoli interni – es: sensazione di essere in pericolo in una relazione –  o di stimoli “trigger” che attivano delle memorie nel corpo di eventi traumatici passati, ma come sempre producano lo stesso lavoro del nostro SN autonomo: sicurezza (vago-ventrale), pericolo (simpatico), minaccia di vita (vago dorsale). Quest’ultima risposta è molto frequente nell’uomo di fronte a traumi gravi quali violenze, abusi fisici, incidenti, catastrofi, e sarebbe responsabile della sensazione di impotenza vissuta sul corpo durante l’evento traumatico: terrore e immobilità, impossibilità a reagire.

Ma cosa succede quando si vive una paura così intensa senza poter fare il benché minimo movimento?

A queste ultime reazioni fisiologiche sono riconducibili i più  frequenti sintomi dissociativi.

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Sebbene il nostro sistema autonomo funzioni appunto “in autonomia”, l’esperienza vissuta viene sottoposta successivamente ad una valutazione più consapevole e il risultato può essere emotivamente devastante. L’idea centrale della psicoterapia sensomotoria è appunto di osservare i segnali di attivazione o disattivazione del sistema nervoso autonomo, con l’obiettivo di monitorare il livello di sicurezza percepito nella relazione terapeutica e lavorare su una sempre maggiore attivazione del sistema vago ventrale, che è quello che permette di allargare la “finestra di tolleranza” di cui ci ha parlato Janina Fisher.

 Importantissime le considerazioni di Porges sulla psicoterapia e sul ruolo del terapeuta:

“Le terapie spesso comunicano ai clienti che il loro corpo non si sta comportando adeguatamente. I clienti si sentono dire che devono essere diversi, che devono cambiare. In questo modo la terapia in se

stessa diventa qualcosa di estremamente giudicante per l’individuo, e quando ci sentiamo giudicati di base siamo in uno degli stati difensivi, quindi non in sicurezza. “

“[…] non esiste “la risposta cattiva”. Ci sono solo risposte adattive. Il punto fondamentale è che il nostro sistema nervoso sta cercando di fare la cosa giusta e dobbiamo rispettare ciò che fa.” (S.W. Porges)

 

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