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Recensione: Jan Philipp Sendker – I Battiti del Cuore

Recensione: Jan-Philipp Sendker - L'Arte di Ascoltare i Battiti del Cuore & Gli Accordi del Cuore - Neri Pozza Editore.

Di Brunella Coratti

Pubblicato il 05 Mar. 2013

 

Recensione: Jan-Philipp Sendker – L’Arte di Ascoltare i Battiti del Cuore & Gli Accordi del Cuore – Neri Pozza

“Come possiamo dire di conoscere le persone che abbiamo accanto?”

 

Recensione: Jan Philipp Sendker - I Battiti del Cuore. - Immagine: © Neri Pozza Editore
Jan Philipp Sendker – “Gli Accordi del Cuore” & “L’Arte di Ascoltare i Battiti del Cuore”. © Neri Pozza Editore.

Nel romanzo di Sendker “Gli accordi del cuore” Julia  è tormentata da una voce interiore che le pone domande imbarazzanti sulla sua vita, apparentemente di successo, in realtà solitaria ed infelice. 

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Julia Win, protagonista di entrambi i romanzi, nel primo “L’arte di ascoltare i battiti del cuore” si trova a dover risolvere il mistero della scomparsa, imprevista ed immotivata, del padre.

Tin Win, questo il suo nome, avvocato di successo, marito fedele e padre premuroso, è scomparso improvvisamente, in un giorno qualsiasi di quattro anni prima, senza lasciare traccia, nè un cenno di commiato, niente che possa spiegare alla figlia questa sparizione.

Da allora sono passati quattro anni e Julia non si dà pace, specie dopo aver ritrovato casualmente, ordinando una soffitta, una struggente lettera d’amore indirizzata ad una donna in Birmania, paese d’origine del padre emigrato negli Stati Uniti molti anni prima.

Julia parte per la Birmania, alla scoperta dell’infanzia e della giovinezza  del padre e là, a Kalaw, incontra un uomo, anziano e malato, che le racconta la verità  e la storia di un grande amore.

 

“Ci sono ferite che il tempo non sana ma che rende così piccole da consentirci, alla fine, di continuare a vivere”

 

Nel romanzo di Sendker “Gli accordi del cuore” Julia  è tormentata da una voce interiore che le pone domande imbarazzanti sulla sua vita, apparentemente di successo, in realtà solitaria ed infelice.

Temendo una qualche forma di schizofrenia Julia si fa visitare da uno psichiatra, poi si accosta alla pratica buddista, ma la voce non sparisce anzi, insiste a chiedere.

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Così decide di partire per la Birmania e di tornare a Kalaw, dove abita il fratellastro che non incontra da oltre dieci anni e,  attraverso il racconto di un’altra storia familiare intensa, coinvolgente e anche molto dolorosa, curerà le proprie ferite e scoprirà le infinite opportunità dell’amore.

I romanzi di Sendker Non sono letture per chi voglia rimanere saldamente ancorato ad una visione razionale e logica della vita e della realtà.

Chi legge Sendker deve spogliarsi dello scetticismo tipico della cultura occidentale e anche di alcune pretestuose sicurezze: che la vita di una persona, ad esempio, abbia un senso nella misura in cui è orientata verso obiettivi quali successo e denaro, oppure  che ogni esperienza sia spiegabile, controllabile e che possa certamente essere cambiata con l’uso esclusivo della volontà individuale, oppure che sia sempre possibile evitare, negare o compensare la sofferenza.

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La piacevolezza della lettura di Sendker sta nel non trattarsi di una riflessione teorica, ma di un’avvincente storia la cui protagonista, brillante avvocato newyorkese in carriera, è più scettica del più materialista dei lettori e, dunque, noi viviamo con lei i passaggi da un atteggiamento incredulo, talvolta ironico, fino alla resa.

Siamo costretti, nostro malgrado e  con sottile ansia, a confrontarci con l’idea dell’obbedienza, che diventa rassegnazione, che diventa impotenza.

 

 Siamo stupiti e un po’ sprezzanti quando l’irrazionale diventa irragionevole e la superstizione prende il sopravvento ma nessuno si ribella, anche quando condiziona pesantemente le relazioni familiari e, per esempio, trasforma in rifiuto lo spontaneo accudimento di una madre verso il proprio figlio.

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Siamo sorpresi e un po’ angosciati  dall’idea, tutta orientale, che le cose capitano e che non tutto sia comprensibile nei termini di responsabilità individuale. L’idea di destino, che per certi versi ci sgomenta umiliando il nostro mito del controllo assoluto, alla fine ci rassicura togliendoci in parte la colpa per l’esito delle nostre vicende umane.

Ma accettazione dell’inevitabilità del dolore dell’esistenza non equivale a passività, tutt’altro. In entrambi i volumi sono raccontate storie di disgrazie incredibili da cui i personaggi si risollevano con la forza dell’amore, che è il vero protagonista della storia.  

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E sembra di poter dire che l’atteggiamento di fronte alle avversità possa essere duplice: o quello di opporvisi fieramente, rischiando di essere travolti dall’impatto con la propria impotenza, oppure quello simile al surfista che vede venirsi incontro un’onda gigantesca e la accoglie, cavalcandola.

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Qui esiste un destino, una vocazione, un sentiero più o meno tracciato che possiamo rendere un po’ più comodo attraverso le varie forme della consapevolezza e dell’accettazione: la meditazione, la compassione e, soprattutto, l’amore.  Sono questi, infatti, gli strumenti che alimentano la gioia di vivere e che attuttiscono e rendono sopportabile la sofferenza nelle sue ampie manifestazioni: il dolore del distacco, l’abbandono, l’handicap, la vecchiaia, la morte. L’uso della consapevolezza amplia l’orizzonte entro cui considerare l’importanza di ogni vita che rimane, anche la più misera, comunque un dono.

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Il dolore c’è, inevitabile, la sua origine sta nell’avidità dell’attaccamento, non avere ciò che si desidera, o nell’avversione, troppa vicinanza a ciò che non si desidera, o nella lotta per cercare di cambiare quello che non può essere cambiato.

Due libri pervasi di misticismo e di umanità, di sentimenti intensi e resa nel dolore; un’altra prospettiva, ma ne vale la pena.

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