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Stoner di John Wiliams – Recensione

Stoner, persona piuttosto insignificante e grigia.Ha di sè un' opinione modesta, convinto che nessuno possa provare per lui alcun interesse.

Di Brunella Coratti

Pubblicato il 06 Nov. 2012

Aggiornato il 19 Lug. 2016 11:38

                                                         

Stoner_di_John_Williams - Copertina
Stoner (2012) di John Williams. Copertina

Così William Stoner, professore universitario di letteratura e figlio di agricoltori risulta, in società, persona piuttosto insignificante e grigia. Lui stesso ha di sè un’ opinione modesta, convinto che nessuno possa provare per lui alcun interesse.

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Anche le persone timide provano intense emozioni e profondi affetti, ma l’idea che hanno di sè e del mondo, in qualche misura la loro filosofia di vita, ne inibisce la visibilità.

Segreto desiderio, anzi, è quello di sparire alla vista altrui per non rischiare di sentirsi in alcun modo deludenti, o ridicoli o, se va bene, poco interessanti. 

Così William Stoner, professore universitario di letteratura e figlio di agricoltori risulta, in società, persona piuttosto insignificante e grigia. Lui stesso ha di sè un’ opinione modesta, convinto che nessuno possa provare per lui alcun interesse.

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In realtà, noi che leggiamo il libro, siamo catturati dalla storia di questa apparente insignificanza e partecipiamo ai sentimenti che via via prendono forma.

Il forte innamoramento per Edith, la moglie, di aspetto bello e delicato, in realtà una donna amara, imprevedibile e piuttosto isterica.

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Prima l’idealizzazione, la donna angelo arrivata a salvare William, poi la cocente delusione, la rabbia, ma soprattutto lo stupore per la fine rapida del loro legame.

Allora William  si consola per il fallimento del suo matrimonio dedicandosi alla figlia Grace, con cui  instaura un rapporto di profonda fiducia e intimità, almeno fino a quando la moglie/strega non deciderà di allontanarli con la forza.

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Educato all’obbedienza e alla passiva accettazione dei rigori dell’esistenza, automaticamente si sottomette alle violente intrusioni degli altri come se fosse ovvio chinare la testa e tirare avanti.

Si abitua alla disperazione: il fallimento coniugale, le ingiustizie sul lavoro, la perdita di persone care tra cui soprattutto la donna con cui vivrà un’intensa storia d’amore, perfino la malattia che lo colpirà senza chiedere permesso.

Nella sua acquiescenza troviamo tutta l’eredità della famiglia d’origine, agricoltori abituati a sopportare fame, privazioni, dolori; educato a sottomettersi senza neppure mostrare i segni della ribellione, causa una forma di orgoglio che lo porta a mostrarsi inespressivo, spento, quasi superficiale. 

l libro è essenziale, la scrittura precisa e diretta; chi legge piange per William, che invece non piange, si arrabbia al posto suo per i soprusi, spera che si ribelli, prima o poi, ma lui obbedisce, sempre e comunque, con quel distacco tipico di chi non crede di avere alternative.

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E’ un libro sul pudore e sull’obbedienza e su quell’orgoglio triste  che non permette di chiedere aiuto mai a nessuno e apre la strada alla solitudine.

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BIBLIOGRAFIA: 

  • Williams, J. (2012), Stoner, Fazi Editore
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