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Psicoterapia Cognitiva e Mindfulness: il lato opaco dei cimbali

Portabandiera della terza ondata le Psicoterapie basate su Mindfulness (MBCT), che pongono meditazione e consapevolezza in un ruolo centrale

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 30 Mag. 2012

Aggiornato il 06 Giu. 2012 16:42

 

Psicoterapia Cognitiva e Mindfulness: il lato opaco dei cimbali. - Immagine: © sahua d - Fotolia.comIn anni recenti la scienza psicoterapeutica a matrice cognitiva e comportamentale è stata invasa dalla cosiddetta ‘terza ondata’, una corrente che pur riconoscendosi nel paradigma cognitivo ha come scopo principale non tanto il cambiamento delle convinzioni, ma il cambiamento del rapporto con i propri pensieri.

Portabandiera di quest’ondata sono le psicoterapie basate su mindfulness (mindfulness based cognitive therapies, da cui MBCT), che vedono in questa forma di meditazione e della consapevolezza che ne deriva il perno del benessere psicologico.

Di mindfulness se ne è parlato molto anche su State of Mind e ne ha parlato molto il Prof. Andrea Bassanini, collega e amico a cui indirizzo questa breve disanima con l’intento di proseguire un interessante dibattito e condividerlo con un pubblico più ampio.

 

Psicopedia - Immagine: © 2011-2012 State of Mind. Riproduzione riservata
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1.Sulla lassità di costrutto: uno dei principali punti opachi della letteratura basata su mindfulness è la descrizione del costrutto nucleare cui si riferisce. Spesso la definizione che coglie diverse funzioni cognitive (consapevolezza, attenzione, pensiero) è multisfaccettata e generica, senza un corposo fondamento teorico che possa unirle in un unico costrutto. Il rischio diviene quello di usare il concetto di mindfulness in modo lasso, come metafora, etichetta, prospettiva generale o tratto di personalità. Una sorta di cocktail di funzioni non ben connesse, da un punto di vista teorico e di ricerca, al ricco e complesso mondo dei processi patologici.

 

 

EABCT 2011: Melanie Fennell sulla mindfulness
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2.Sulle differenze tra prevenzione alla ricaduta e psicoterapia: le terapie basate sulla mindfulness (mindfulness based cogntive therapies, da qui MBCT) nascono principalmente da due programmi focalizzati sulla riduzione dello stress e sulla prevenzione delle ricadute in episodi depressivi. Il fenomeno della ricaduta costituisce senza dubbio un aspetto rilevante nella depressione, però la ‘prevenzione delle ricadute’ non esaurisce la ‘psicoterapia’. Piuttosto si tratta di una componente della psicoterapia, per la precisione la fase finale, che ha lo scopo di stabilizzare i risultati ottenuti nel tempo. L’area di intervento su schemi, scopi, significati personali o temi di vita ma anche su mediatori precipitanti, non sono il fuoco dalla MBCT. Da qui un primo rischio: trasformare un ottimo percorso di prevenzione delle ricadute in un’inadeguata psicoterapia.

 

 

Prevenire le ricadute con la mindfulness
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3.Sull’efficacia delle MBCT: ci sono molteplici studi di efficacia a sostegno degli approcci MBCT. Dopo un intervento sul disturbo depressivo (psicofarmacologico o psicoterapeutico) un percorso di MBCT riduce il rischio di ricadute nel tempo (Teasdale et al, 2000; Ma & Teasdale, 2004). Un recente studio ha mostrato che questa forza preventiva è decisamente superiore a quella offerta dal mantenimento del farmaco antidepressivo (Bieling et al., 2012). Pazienti che, dopo 6-8 mesi di farmacoterapia e psicoterapia, hanno partecipato a un gruppo MBCT con sospensione del farmaco avevano meno ricadute di chi continuava a usare l’antidepressivo. Quali sono ancora i limiti da esplorare? (1) i risultati appaiono validi solo per pazienti con tre o più ricadute pregresse, cioè persone con depressione cronica e ricorrente, (2) quando il confronto non è con antidepressivo o con TAU (treatment as usual) ma con la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) non si evidenziano rilevanti differenze (Manicavasagar et al., 2012; Koszycki et al., 2007).

 

4.Radicalismo e Integrazionismo: un punto caldo di discussione riguarda la linea di rottura che accompagna gli approcci che adottano tecniche di mindfulness. Da un lato i radicalisti che sottolineano la necessità di aderire completamente alla prospettiva mindfulness, come esperienza di vita e che proprio questa completa adesione rappresenti la chiave del cambiamento. Altri approcci (es: la terapia dialettico-comportamentale) considerano la mindfulness come un’abilità importante, ma né unica né totalizzante. Al momento non esistono studi specifici che confrontano queste due modalità (integrata o radicale) di usare le tecniche di mindfulness e questo rappresenta di certo una sfida teorica interessante.

 

5.Carico di lavoro: uno dei limiti degli interventi MBCT è l’impegno che viene richiesto al paziente, un costante allenamento mentale, che occupa all’incirca un’ora di lavoro quotidiano a tempo indeterminato che si estende anche ai terapeuti. La continuità nella pratica è considerata uno degli elementi chiave del successo dell’MBCT. Occorre esercizio per sostenere la nuova prospettiva. Certo, a fronte del benessere psicologico è un costo che si può essere disposti a pagare. Tuttavia restano in campo un paio di domande: (1) è davvero necessario pagarlo con questa costanza? (2) non ci sono vie più parsimoniose che sostengano un medesimo grado di stabilità?

 

La prossima settimana la SECONDA PARTE dell’articolo.

 

 

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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