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Alleanza Terapeutica

Alleanza terapeutica: condivisione di obiettivi tra paziente e terapeuta, definizione di compiti reciproci e legame affettivo che si costituisce fra i due.

Aggiornato il 25 ago. 2023

Alleanza terapeutica: definizione

Secondo Bordin (1979) l’alleanza terapeutica è costituita da tre componenti:

  1. l’esplicita condivisione di obiettivi da parte di paziente e terapeuta;
  2. la chiara definizione di compiti reciproci all’inizio del trattamento;
  3. il tipo di legame affettivo che si costituisce fra i due, caratterizzato da fiducia e rispetto.

Da tale definizione è possibile evincere che l’alleanza e, conseguentemente, la psicoterapia in senso lato, si delineano come un lavoro collaborativo tra due soggetti interagenti ed entrambi attivi, ciascuno nel proprio ruolo. In particolare, il legame affettivo tra paziente e terapeuta, terzo elemento costitutivo dell’alleanza nonché fattore aspecifico di grande efficacia clinica, emerge dall’interazione tra due variabili principali: da una parte i comportamenti, le emozioni e i pensieri del terapeuta, dall’altra le proiezioni transferali che nascono dalle esperienze passate del paziente. Ecco che dunque entrambi gli elementi della diade clinica, paziente e terapeuta, ciascuno dotato di una propria storia evolutiva e di un proprio mondo interno, divengono di estrema importanza nella costruzione dell’alleanza e nella conduzione di una terapia avente buon esito.

I dati di ricerca hanno ripetutamente dimostrato come l’alleanza terapeutica sia un potente fattore predittivo dell’esito del trattamento psicoterapeutico (per una recente meta-analisi, si veda Horvath, Del Re, Flückiger et al., 2011).
Essa rappresenta infatti il fattore terapeutico aspecifico con maggiore capacità di predire il buon esito del trattamento, configurandosi così come un nucleo concettuale e clinico di estrema rilevanza.

Tuttavia la relazione tra psicoterapeuta e paziente si presenta frequentemente come un vero e proprio legame di attaccamento, e in esso si possono rintracciare alcune delle caratteristiche specifiche di tale relazione, quali la ricerca di vicinanza, la protesta nei confronti della separazione e la ricerca di una base sicura (Weiss, 1982). Il paziente tenderà quindi ad applicare alla relazione con il terapeuta le memorie, le aspettative e i significati costruiti nella relazione con i genitori (Modelli Operativi Interni degli attaccamenti precoci) e gli stati mentali relativi all’attaccamento adulto.

Da un lato ciò comporta una minaccia all’alleanza terapeutica, perché sposta la relazione dal sistema cooperativo (il migliore per il mantenimento di buoni livelli di alleanza, in cui paziente e terapeuta lavorano insieme sullo stesso piano per il conseguimento di obiettivi condivisi) a un altro sistema, per di più gravato da Modelli operativi interni insicuri o disorganizzati. Dall’altro, proprio la comparsa di strutture e dinamiche mentali relative all’attaccamento nel dialogo clinico, è condizione che potenzialmente permette esperienze relazionali correttive nel paziente, di regola accompagnate dallo sviluppo delle capacità metacognitive (Liotti e Monticelli, 2014). Lo stesso Bowlby (1988) ha sottolineato che la relazione psicoterapeutica può costituire un importante fattore di cambiamento dello stile di attaccamento, consentendo al paziente di passare da uno stile insicuro a uno stile sicuro. In questo processo, il ruolo del terapeuta è anche quello di agire come una figura di attaccamento, creando una base sicura che consenta al paziente di procedere nell’esplorazione delle proprie esperienze e dei propri vissuti di attaccamento, favorendo esperienze emozionali correttive capaci di disconfermare i Modelli operativi interni insicuri: i vissuti di attaccamento del clinico andranno quindi ad agire specularmente già in questa fase.

Specularmente, come sottolinea Baldoni (2008), la relazione terapeutica può configurarsi come una potenziale condizione di minaccia anche per il clinico, esposto a possibili frustrazioni narcisistiche, incapacità o difficoltà diagnostica, eventuali fallimenti terapeutici o anche a disorientamento e sofferenza emotiva conseguenti all’entrare in contatto con gli stati mentali del paziente. Anche nel terapeuta possono così attivarsi comportamenti di attaccamento e Modelli operativi interni specifici, correlati alle esperienze passate e capaci di influire in modo significativo all’interno della relazione clinica e nella costruzione/ mantenimento/ riparazione dell’alleanza.

Le caratteristiche e le capacità individuali del terapeuta nella costruzione dell’alleanza terapeutica

Le caratteristiche personali e le capacità individuali del terapeuta che favoriscono l’alleanza o che, al contrario, ne rendono più probabile la compromissione, sono state oggetto di numerose indagini. Un’ampia rassegna (Ackerman, Hilsenroth, 2001, 2003) ha evidenziato numerosi attributi favorenti l’alleanza, tra i quali: capacità di esplorare temi interpersonali, elevato livello di metacognizione, tendenza a favorire l’espressione di emozioni in un’atmosfera di sostegno e attivo incoraggiamento, la capacità di assumere un ruolo collaborativo nel dialogo col paziente, la genuinità dell’interesse per l’esperienza del paziente, l’ accuratezza e la parsimonia nelle interpretazioni.

Sull’altro versante, sono stati individuati anche i fattori ostacolanti l’alleanza, tra cui ad esempio l’ autoreferenzialità del terapeuta, la tendenza a distrarsi quando il paziente parla, lo scarso coinvolgimento emotivo nello scambio, la sfiducia nelle proprie capacità di aiutare il paziente, la tendenza a criticarlo e a colpevolizzarlo, l’ uso inappropriato dell’autosvelamento e del silenzio. Inoltre, i risultati di una prolungata ricerca curata da Norcross (2011) hanno messo in luce, quale “fattore di efficacia terapeutica promettente ma ancora non sufficientemente supportato da dati di ricerca”, proprio lo stile di attaccamento del terapeuta, capace di influenzare alleanza terapeutica e outcome.

Nonostante questo campo sia stato per ora solo parzialmente esplorato, è possibile individuare, tra le altre, alcune prospettive cliniche che hanno cercato di approfondire le correlazioni tra lo stile di attaccamento del terapeuta e alcuni aspetti della relazione terapeutica, quali la costruzione dell’alleanza, il suo mantenimento nel corso della terapia e i possibili esiti dell’intervento.

L’alleanza terapeutica come predittore di buon esito della terapia

Due importanti meta-analisi dimostrano che l’alleanza terapeutica è uno dei più importanti e forti predittori di buon esito della psicoterapia (Horvath & Symonds, 1991; Martin, Garske & Davis, 2000). La relazione terapeutica e l’alleanza terapeutica rappresentano due fondamentali elementi connessi da un preciso rapporto gerarchico: l’alleanza deve essere considerata uno degli elementi, probabilmente il più importante, che costituiscono la relazione terapeutica (Lingiardi, 2002; Norcross, 2011; Safran, Muran, 2000). L’alleanza terapeutica in ambito cognitivo-evoluzionista è considerata come un fattore dinamico, dimensionale e diadico. Dimensionale perché di intensità mutevole nel tempo -quindi differente dal modo dicotomico (presente o assente) in cui veniva considerato in passato; Dinamico perché mutevole e Diadico perché emerge dall’interazione continua tra terapeuta e paziente: pertanto l’alleanza terapeutica può essere considerata come il risultato dell’atteggiamento del paziente e dell’operato del terapeuta e come tale riflette ed è l’effetto dei loro reciproci contributi. Proprio per questi tre motivi la relazione e l’alleanza vanno monitorate di continuo perché il monitoraggio migliora in maniera significativamente importante gli esiti del trattamento (Lambert, Kenichi, 2011, Hill & Knox, 2009). – Fabio Monticelli –

Alleanza terapeutica, attaccamento e sistemi motivazionali: la prospettiva cognitivo-evoluzionista

Secondo la prospettiva cognitivo evoluzionista, l’alleanza terapeutica raggiunge qualità ottimali quando entrambi i membri della diade terapeutica sono cooperativi nel perseguire gli obiettivi condivisi, i compiti reciproci nella cornice del trattamento e il legame affettivo costituito da fiducia e rispetto. In questo caso, il sistema motivazionale che si attiva è quello cooperativo che manterrebbe salda l’alleanza terapeutica.

Bibliografia

  • Liotti G., & Monticelli F. (2014). Teoria e clinica dell’Alleanza Terapeutica. Una prospettiva cognitivo-evoluzionista, Cortina Editore, Milano
    Safran, J.D, Segal, Z.V.(1990), Il processo interpersonale nella terapia cognitiva, trad.it. Feltrinelli, Milano, 1993
  • Bordin, E. S. (1979). The generalizability of the psychoanalytic concept of the working alliance. Psychotherapy: Theory, Research & Practice, 16(3), 252-260.
  • Dimaggio, G., Montano, A., Popolo, R., Salvatore, G. (2013). Terapia metacognitiva interpersonale. Raffello Cortina, Milano.
  • Dimaggio, G., Semerari, A. (2007). I disturbi di Personalità. Modelli e trattamento. Stati mentali, metarappresentazione, cicli interpersonali. Laterza, Bari.
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