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L’intervento sulla famiglia a rischio: come cambia il cervello del bambino

Famiglia a rischio - Un recente studio dell'Università di Pittsburgh mette in luce come un intervento precoce sia importantissimo su 2 fronti: è efficace, previene l'insorgenza di disturbi più gravi nei bambini e consente un risparmio economico per la spesa pubblica

Di Giovanni Belmonte

Pubblicato il 16 Nov. 2018

Aggiornato il 21 Nov. 2018 12:02

Molte famiglie vivono in una condizione socio-economica che potrebbe essere definita “a rischio”. Tale condizione non ha solo degli effetti negativi diretti sui figli, che spesso non hanno uguali opportunità rispetto ai coetanei, ma anche indiretti, in quanto incidono sulla qualità delle cure genitoriali.

 

Nella maggior parte di questi casi le cure genitoriali saranno carenti a causa della moltitudine di problemi “più gravi” che catturano l’attenzione dei genitori.

Ad esempio, questi genitori metteranno in atto un minor monitoraggio e controllo delle attività del figlio, rispetto a famiglie che vivono in un contesto più sereno, con una maggiore possibilità d’interazione.

Famiglia a rischio e danni sui bambini: lo studio

Contesti familiari stressanti sono spesso associati a esperienze di vita sfavorevoli per i bambini di quelle famiglie, e a un funzionamento socioemotivo disfunzionale più tardi nella vita. A tal proposito, molte ricerche hanno messo in evidenza che gli interventi focalizzati sulla famiglia assumono un ruolo importante nella prevenzione della psicopatologia, con benefici che si manifestano per un lungo periodo di tempo.

Jamie Hanson, professore di psicologia all’Università di Pittsburgh, insieme ad alcuni collaboratori, ha svolto uno studio allo scopo di verificare se la partecipazione ai programmi focalizzati sulla famiglia può avere un impatto sul cervello dei bambini.

Il campione era costituito da famiglie afroamericane, reclutate da comunità rurali, a basso reddito negli Stati Uniti sud-orientali. Quando i bambini avevano compiuto undici anni, metà delle famiglie è stata invitata, in modo casuale, a partecipare al programma Strong African American Families (SAAF), mentre l’altra metà costituiva il gruppo di controllo, che non ha ricevuto alcun tipo di intervento.

Il programma, ricevuto solo dalla metà del campione, si è concentrato sul rafforzamento delle risorse nei giovani, sul miglioramento del supporto emotivo dei genitori, sull’incoraggiamento della comunicazione genitore-figlio e sull’aiutare i giovani a fissare obiettivi futuri.

Successivamente, quando avevano compiuto 25 anni, i giovani di entrambi i gruppi sono stati sottoposti a imaging cerebrale “a riposo”, allo scopo di indagare l’organizzazione cerebrale.

Famiglie a rischio e intervento precoce: i risultati

Dalle tecniche di neuroimaging, i ricercatori hanno riscontrato che coloro che avevano partecipato all’intervento presentavano connessioni più forti (più interazioni) tra l’ippocampo e la corteccia prefrontale, aree coinvolte nella memoria e nel processo decisionale, rispetto al gruppo di controllo. In più il gruppo sperimentale, che aveva ricevuto l’intervento, presentava con una probabilità minore, problemi comportamentali distruttivi dettati dall’aggressività e dalla rabbia.
A tal proposito, Hanson ha affermato:

Questo intervento, focalizzato sulla famiglia, può essere un modo economicamente efficace per affrontare le disparità sociali e promuovere il benessere dei bambini in situazioni a rischio.

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