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Dipendenze. Innovazioni per dirigenti e operatori – Report dal Convegno (Parte II)

La seconda sessione plenaria del convegno ha affrontato principalmente il tema della tossicodipendenza e delle droghe maggiormente utilizzate oggigiorno.

Di Martina Volcan

Pubblicato il 09 Giu. 2015

Aggiornato il 15 Lug. 2015 09:18

 

La seconda sessione plenaria e conclusiva del convegno “Dipendenze. Innovazioni per dirigenti e operatori” si è svolto nel pomeriggio del 23 maggio 2015.

Il primo intervento, di Marina Davoli (Dip. di Epidemiologia del S.S.R. del Lazio, Network Cochrane e Osservatorio Europeo delle Tossicodipendenze di Lisbona E.M.C.D.D.A.), aveva per titolo “Dalle evidence alle politiche sulla droga: può il progetto europeo DECIDE dare un contributo?”. Com’era deducibile dal titolo, la relazione è stata costruita attorno alle evidenze scientifiche nel campo delle dipendenze, partendo dalla letteratura e quindi dalla “storia” di queste evidenze. Marina Davoli si è soffermata sull’importanza di poter (e dover) valutare anche gli inteventi di prevenzione che vengono implementati in tutto il mondo: anche la prevenzione può infatti portare a risultati negativi rispetto all’uso di una determinata sostanza, andando ad aumentare la curiosità dei giovani rispetto alla stessa.

Ad oggi, la maggior parte degli inteventi di prevenzione non vengono valutati. La relazione prosegue toccando anche altre tipologie di studi, come le revisioni sistematiche, gli studi osservazionali e le ricerche che hanno portato alla creazione delle linee guida. Viene poi presentato il progetto europeo DECIDE (Developing and Evaluating Communication Strategies to Support Informed Decisions and Practice Based on Evidence) che ha lo scopo di produrre delle strategie di comunicazione delle evidenze scientifiche di modo che tutti le possano utilizzare per la pratica professionale. Si tratta di uno strumento per i clinici che ha come risultato la creazione di un framework concettuale che rende le informazioni subito accessibili, e, di conseguenza, rende più facile la presa di decisioni circa il trattamento da proporre e da concordare con l’utente, responsabilizzandolo.

Successivamente è intevenuto Salvatore Giancane (SerT di Bologna) che ha raccontato in maniera molto coinvolgente ed interessante i contenuti del suo libro “Eroina, la malattia da oppioidi nell’era digitale”. Giancane ha spiegato come la gran parte dell’eroina che arriva in Italia venga prodotta in Afghanistan, che nel 2014 aveva una superficie pari a 224.000 ettari coltivati ad oppio (dove ci lavora circa il 25% degli afghani). In Afghanistan viene prodotta sia l’eroina che il cloridrato di eroina, ossia l’eroina bianca (da iniezione). Altri paesi coinvolti nella produzione di oppio sono: Messico, Iran e Egitto (precisamente la penisola del Sinai). Data l’ingente produzione di oppio, si assiste oggi ad una riduzione del 50% circa, rispetto agli anni ’90, del prezzo di mercato dell’eroina. Al contempo, ovviamente, si assiste ad un marcato aumento del consumo di eroina, soprattutto negli USA che importano in grandi quantità dal Messico.

In Italia la situazione non è meno preoccupante: l’eroina afghana giunge nel nostro Paese soprattutto attraversando i Balcani (Turchia, Albania) e raggiungendo principalmente l’Italia centrale dove attualmente si riscontrano il maggior numero di fenomeni di overdose. Il consumo di eroina ha subito tuttavia un grosso cambiamento negli anni: se fino a non molti anni fa l’eroina era da iniezione (con l’uso della siringa, che connotava fortemente chi la utilizzava), oggi si inala, e per farlo sono sufficienti un pezzo di carta stagnola, un accendino e un foglio di carta. L’odierna maggior facilità d’uso ha portato, negli abusatori, ad una percezione ridotta del rischio con tutto ciò che ne consegue.

Al momento perciò in Italia sono presenti due filoni di consumatori di eroina: i vecchi eroinomani, iniettori, invecchiati precocemente e che sono in carico ai Servizi da una vita; e i nuovi abusatori, inalatori, che non si recano ai SerT per moltissimi motivi, tra i quali la diminuita percezione del rischio. In quest’ultima categoria rientrano ragazzi italiani ma soprattutto spacciatori magrebini, ormai anch’essi divenuti consumatori. Il relatore conclude denunciando il fatto che il dibattito in Italia circa l’eroina è oscurato e che nella realtà la situazione è molto complessa e in continua evoluzione.

Purtroppo Riccardo de Facci (CNCA) non era presente, a causa di problemi personali, per esporre la sua relazione dal titolo “Tra comunità e servizi territoriali: un sistema che cambia”.

Per concludere il convegno è intervenuto Gian Paolo Guelfi del coordinamento scientifico con una relazione conclusiva e riassuntiva delle due intense giornate trascorse a Trento. E’ stato un convegno molto interessante, ricco di temi e di spunti importanti ed originali, e che è riuscito nel suo scopo principale ossia quello di dimostrare che, anche per quanto riguarda la dipendenza da sostanze, la relazione tra le persone è fondamentale.

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