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Perspective Taking

Con il termine perspective taking in psicologia si fa riferimento alla capacità di vedere una determinata situazione dal punto di vista di un altro

Sezione a cura di Linda Confalonieri

Aggiornato il 26 ott. 2023

Perspective taking: definizione

Con il termine “perspective-taking” in psicologia si fa riferimento alla capacità di vedere una determinata situazione dal punto di vista di un altro. In letteratura ne emerge un costrutto complesso e multidimensionale, caratterizzato da diverse dimensioni, ad esempio quella percettiva, cognitiva ed emotiva. 

Trasversalmente alle diverse dimensioni, il perspective taking, definito anche un’abilità socio-cognitiva, implica la capacità di superare un punto di vista egocentrico e assumere la prospettiva dell’altro. 

L’abilità di perspective taking consiste quindi nel porsi percettivamente e/o mentalmente dal punto di vista di altri individui ed immaginare come essi vedono, percepiscono, pensano e sentono emotivamente gli eventi della propria vita (Moll e Meltzoff, 2011). In tal senso, l’inferenza riguardo agli stati mentali altrui (emozioni, pensieri, intenzioni, credenze) risulta essenziale nella regolazione degli scambi sociali e delle relazioni affettive, così come nello sviluppo intellettivo, avendo un ruolo importante in termini di adattamento. L’abilità di perspective taking è alla base della possibilità di comprensione e previsione del comportamento altrui nella complessità delle esperienze sociali e relazionali, entrando in gioco altresì nella regolazione delle proprie e altrui emozioni. Si pensi ad esempio anche alla competenza interculturale, in cui l’adattamento in contesti multiculturali viene favorito dal superamento di punti di vista etnocentrici e dall’abilità di perspective-taking nel comprendere le differenze osservabili tra individui di diverse culture e rispondervi in modo socialmente competente.

Tre componenti del perspective taking

Come si accennava precedentemente il perspective taking è un’abilità multicomponenziale (Bonino et al., 1998), costituita da tre componenti: percettiva, cognitiva ed emotiva. 

Componente percettiva

In primo luogo, considerando la dimensione percettiva, assumere la prospettiva altrui consiste nell’inferire come un determinato stimolo venga percepito da una persona che si trova spazialmente in una posizione diversa dalla propria e dal proprio punto di osservazione. Tra i primi autori che si sono occupati della dimensione percettiva del perspective taking in ambito evolutivo ritroviamo Jean Piaget. Nel famoso esperimento delle Tre Montagne (Piaget e Inhelder, 1956) si chiede al soggetto che si trova di fronte a un plastico di tre montagne di immaginare e di riferire come le tre montagne sarebbero percepite visivamente da osservatori che si trovano in differenti posizioni. In tal senso, il soggetto effettua simulazioni visuo-percettive immedesimandosi in osservatori che avrebbero percetti differenti perché posti in posizioni diverse dalla propria, superando quindi la posizione di egocentrismo. In seguito, John Flavell ha proposto un modello di sviluppo del perspective taking percettivo, identificando due livelli che emergono nei soggetti in età evolutiva: il primo livello è definito dall’abilità di comprendere che qualcun altro può vedere le cose in modo diverso dal proprio e di capire che cosa un’altra persona può vedere nell’ambiente fisico; il secondo livello è definito invece dalla capacità di capire come gli oggetti nel mondo fisico vengono organizzati a livello percettivo nella mente di un osservatore posto in un’altra posizione. Le abilità di perspective taking percettivo si sviluppano proporzionalmente dalla prima infanzia fino all’età adulta, con miglioramenti di prestazioni in termini di accuratezza e velocità nell’esecuzione dei compiti sperimentali. 

Componente cognitiva

Considerando la dimensione cognitiva, il perspective taking cognitivo si riferisce alla capacità di inferire pensieri, motivazioni e intenzioni agli altri (Baron-Cohen, 2001). In tal senso il perspective taking cognitivo è strettamente in relazione al costrutto di Teoria della Mente (TOM – Teoria della mente: cos’è e come si sviluppa a partire dall’infanzia), anche se in letteratura non vi è accordo rispetto al tipo di relazione che intercorra tra teoria della mente e perspective taking, in quanto per alcuni autori i costrutti sono sovrapponibili, per altri il perspective taking sarebbe una componente della TOM). I primi a occuparsi di Teoria della Mente furono Premack e Woodruf (1978) e venne definita come la capacità di attribuire stati mentali epistemici (pensieri e credenze) e non epistemici o motivazionali (desideri, intenzioni, volontà, speranze) a sé e agli altri e di prevedere, sulla base di tali inferenze, il proprio e l’altrui comportamento (Baron-Cohen, 2001; Premack e Woodruff, 1978). Il famoso test di Sally e Anne è un esempio di test della falsa credenza, un compito sperimentale messo a punto per valutare le capacità di teoria della mente, ovvero per valutare la capacità del soggetto di decentrarsi e assumere la prospettiva di un altro, rappresentandone le credenze distinguendo la propria visione dalla credenza altrui.

Componente emotiva

Infine, considerando la dimensione emotiva, il perspective taking emotivo consisterebbe nella capacità di comprendere le emozioni altrui. In questo caso, diversi autori concepiscono il perspective taking emotivo collegato con l’empatia (Farrant et al., 2012) e sovrapposto da alcuni autori al concetto di teoria della mente emotiva (Saarni, 1999). La teoria della mente emotiva consiste nella conoscenza che un bambino possiede delle emozioni come stati interni che stanno alla base delle motivazioni e delle azioni negli scambi sociali. Davis (1980) considera la sovrapposizione tra il costrutto di perspective taking emotivo con quello di empatia cognitiva, che a differenza di quella emotiva (emotional empathy) non implica un coinvolgimento emotivo, ma la comprensione cognitiva degli stati emotivi altrui.

Come si sviluppa il Perspective taking

Tra gli autori che si sono occupati di perspective taking in letteratura viene citato anche Robert Selman, autore di riferimento per la Role-Taking Theory (Selman, 1980). Selman ha approfondito lo sviluppo in età evolutiva della capacità di assumere la prospettiva altrui, definita dall’autore “role taking”, attraverso cui si differenzia la prospettiva propria e altrui. Secondo il modello di Selman, a seguito della fase egocentrica (sino ai 5 anni), il bambino tra 6 e 8 anni riesce a concepire la soggettività dell’altro senza riuscire però ancora a mettere in relazione i diversi punti di vista. Nello stadio di autoriflessione (9 anni) coglie la diversità e riflette sul proprio comportamento; solo dopo i 12 il soggetto sarà in grado di decentrarsi e distinguere le diverse prospettive degli individui. 

Il perspective taking in psicoterapia

In psicoterapia, lavorare sulla capacità di decentrarsi e di perspective taking risulta importante in relazione a molteplici obiettivi terapeutici e condizioni psicopatologiche. Tra le numerose e svariate strategie e tecniche applicate all’interno di svariati approcci psicoterapeutici per promuovere tale abilità, ritroviamo ad esempio il cosiddetto “Chairwork” o “tecnica delle sedie”. 

Con il termine “Chairwork” si intende un insieme di tecniche e interventi esperienziali che sono stati inclusi in molti approcci psicoterapici evidence-based, tra cui le psicoterapie cognitivo-comportamentali di seconda e terza ondata (Pugh, 2017), e che ha origine dalle scuole di psicodramma (Moreno, 1948) e successivamente rielaborato all’interno del framework della psicoterapia della Gestalt. Kellogg (2004) evidenza che vi sono due grandi categorie di “chiarwork” che possono essere integrate all’interno di un lavoro psicoterapeutico: da una parte la tecnica della sedia può essere strutturata in un modo in cui il paziente interagisce con diverse parti del sé (chairwork focalizzato sul dialogo tra parti interne del sé); dall’altra vi possono essere interventi in cui il paziente dialoga e interagisce immaginativamente con altri interlocutori, anche mettendosi nei panni dell’altro nell’intrattenere il dialogo; in entrambi i casi viene attivata e promossa l’abilità di “perspective taking”. 

In conclusione, possiamo sottolineare che l’abilità di perspective taking è correlata a diversi vantaggi in ambito socio-cognitivo. Ad esempio, si osserva la riduzione dell’uso di stereotipi (Galinsky e Moskowitz, 2000), lo sviluppo di compassione per la sofferenza dell’altro (Toi e Batson, 1982). Altri studi hanno evidenziato che elevati livelli di perspective taking sarebbero correlati a una maggiore propensione a perdonare gli errori altrui (McCullough et al., 1997) e a mettere in atto comportamenti di aiuto (Underwood e Moore, 1982). 

Bibliografia

  • Baron-Cohen, S., Tager-Flusberg, H., Cohen, D. (2000). Understanding other minds: Perspectives from developmental cognitive neuroscience. Oxford: Oxford University Press.
  • Bonino, S., Lo Coco, A., Tani, F. (1998). Empatia. I processi di condivisione delle emozioni. Firenze: Giunti
  • Davis, M.H. (1980). A multidimensional approach to individual differences in empathy. JSAS Catalog of Selected Documents in Psycholohy, 10, 1-85.
  • Davis, M.H. (2005). A “constituent” approach to the study of perspective taking. what are its fundamental elements? In: B.F. Malle, S.D. Hodges (Eds.), Other minds: how humans bridge the divide between self and other. New York: Guilford Press, 18-35.
  • Galinsky, A.D., Moskowitz, G.B. (2000). Perspective-taking: decreasing stereotype expression, stereotype accessibility, and in-group favoritism. Journal of Personality and Social Psychology, 78(4), 708-724.
  • Premack, D., Woodruff, G. (1978). Does the chimpanzee have a theory of mind? Behavioural and Brain Sciences, 1(4), 515-526.
  • Kellogg, S. (2004). Dialogical encounters: Contemporary perspectives on “chairwork” in psychotherapy. Psychotherapy: Theory, Research, Practice, Training, 41, 310-320
  • Moll, H., Meltzoff, A.N. (2011). How does it look? Level 2 perspective-taking at 36 months of age. Child Development, 82(2), 661-673.
  • Moreno, J. L. (1948). Psychodrama: Volume one. New York, NY: Beacon House
  • Pugh, M. (2017). Chairwork in cognitive behavioural therapy: A narrative review. Cognitive Therapy and Research, 41, 16-3
  • Schurz, M., Aichhorn, M., Martin, A, Perner, J. (2013). Common brain areas engaged in false belief reasoning and visual perspective taking: A meta-analysis of functional brain imaging studies. Frontiers in Human Neuroscience, 7: 712
    Saarni, C. (1999). The development of emotional competence. New York: Cambridge University Press.
  • Selman, R.L. (1980). The growth of interpersonal understanding: development and clinical analyses. San Diego: Academic Press.
  • Toi, M., Batson, C.D. (1982). More evidence that empathy is a source of altruistic motivation. Journal of Personality and Social Psychology, 43(2), 281-292.
  • McCullough, M.E., Worthington, E.L. Jr., Rachal, K.C. (1997). Interpersonal forgiving in close relationships. Journal of Personality and Social Psychology, 73(2), 321-336
  • Underwood, B., Moore, B. (1982). Perspective-taking and altruism. Psychological Bulletin, 91(1), 143-173.
  • Farrant, B.M., Devine, T.A.J., Maybery, M.T., Fletcher, J. (2012). Empathy, perspective taking and prosocial behaviour: The importance of parenting practices. Infant and Child Development. 21(2), 175-188.

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