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Come e quando ridurre il dolore: dentro la regolazione emotiva – EABCT 2014

Tema centrale del congresso annuale della EABCT 2014 a Den Haag (Aia) in Olanda: la regolazione emotiva e gli interventi per ridurre il dolore psicologico

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 12 Set. 2014

EABCT 2014 The Hague 

Report dal congresso

 

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Ieri è iniziato il congresso annuale della European Association of Behavioral and Cognitive Therapy a Den Haag (Aia) in Olanda. Il tema principale è una sfida tanto proibitiva quanto centrale per il futuro della psicoterapia: la costruzione di un ponte stabile tra mondo della ricerca e quello della pratica clinica. In un’epoca di disgregazione teorica e moltiplicazione degli interventi tecnici, si tenta di identificare alcuni punti saldi attraverso l’indagine scientifica.

Costrutti tanto consumati da apparire vaghi e confusi, sono presi d’assalto. Uno di questi è la regolazione emotiva, processo considerato deficitario in molti disturbi psicologici e nucleo portante di varie forme di psicoterapia individuale e di gruppo. Gli interventi che aiutano la regolazione emotiva sono utili. Ma quali nel dettaglio? Su cosa intervengono nello specifico? Quando sono preferibili?

Sven Barnow apre il simposio con alcune riflessioni in questa direzione. Gli interventi di regolazione emotiva sono assemblaggi variegati che possono assumere efficacia maggiore se si colgono quali tecniche operano meglio. Per esempio, il perspective taking, acquisizione di una prospettiva diversa dalla propria innanzi a una questione interpersonale, è la più efficace forma di regolazione emotiva.

Anche la rivalutazione della situazione (reappraisal) riduce l’intensità emotiva ma solo in risposta al ricordo di un evento stressante. Fallisce nel momento in cui viene applicata su persone che sperimentano on-line un elevato livello di cortisolo nel sangue (stress). Questo può spiegare la distinzione tra cognizioni fredde e calde.

Rivalutare il problema riduce lo stato d’animo negativo solo se la persona non è immersa nel problema. Applicarlo quando si è immersi nel problema può addirittura tenere agganciati al problema e allo stimolo che lo genera. Persone che utilizzano il reappraisal per gestire i conflitti interpersonali mostrano una peggiore performance nella gestione dei conflitti. Il reappraisal non spinge a fronteggiare la situazione ma a una passiva ricerca di ulteriori spiegazioni (Tamir & Ford, 2011).

Poi si entra negli studi di efficacia. Le tecniche di regolazione emotiva non si devono limitare alla riduzione delle emozioni ma anche controbilanciare processi psicopatologici. In questa direzione gli studi mostrano buoni risultati rispetto alla riduzione dei conflitti, aumento delle capacità di problem solving, riduzione della ruminazione mentale.

Ciò che manca è un effetto sulla tendenza alla soppressione di pensieri ed emozioni negative. Gli individui continuano a considerare le emozioni negative come un male piuttosto che un’ esperienza normale. Esistono una serie di aree della vita in cui le emozioni negative sono utili all’individuo.

Un aspetto centrale cui devono prestare attenzione i training di regolazione emotiva è NON trasmettere l’idea che ansia, rabbia e tristezza richiedano sempre un intervento di autoregolazione. L’eliminazione delle esperienze negative non sempre è adattiva.

 

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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