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Cleptomania

Nel DSM V la cleptomania rientra nei disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta. Nello specifico, per cleptomania s'intende la tendenza a rubare compulsivamente senza la necessità di farlo ed è caratterizzata da problemi di autocontrollo delle emozioni e dei comportamenti.

Cleptomania: storia di una diagnosi

Lo psichiatra svizzero Andre Matthey fu il primo ad usare il termine klopemanie’ per descrivere il comportamento di rubare compulsivamente senza la necessità personale di farlo. In seguito anche due medici francesi, Jean Etienne Esquirol e C.C. Marc, hanno usato il termine kleptomanie per descrivere il comportamento caratterizzato da impulsi irresistibili e involontari. La persona con kleptomanie è quindi “costretta a rubare” a causa di un disturbo mentale, non a causa di una mancanza di consapevolezza morale.

Cleptomania: caratteristiche cliniche del disturbo e trattamento

A causa della percezione che tale comportamento interessasse solo le donne, le spiegazioni alla fine del diciannovesimo secolo si riferivano a malattie uterine o alla sindrome premestruale. All’inizio del XX secolo, l’idea che il sistema riproduttivo femminile fosse la causa di questo comportamento fu scartata insieme però all’interesse clinico per questo disturbo.

La poca chiarezza sullo stato medico della cleptomania si rifletteva anche nel DSM: il primo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-I del 1962) includeva la cleptomania più come un termine supplementare che come una diagnosi formale, e nell DSM-II (1968) la cleptomania veniva completamente omessa. È stata reintrodotto più tardi nel DSM-III (1980) come un disturbo del controllo degli impulsi senza altre specifiche, e così rimane anche nel DSM-IV-TR (2000).

Il Disturbi del Controllo degli Impulsi (non classificati altrove) è una categoria diagnostica residua nel DSM-IV (anche se non vi è alcun altro gruppo di disturbi del controllo degli impulsi) e include:

Nel DSM 5 la cleptomania rientra nei Disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta, un nuovo capitolo del DSM 5 che riunisce disturbi precedentemente compresi nel capitolo “Disturbi solitamente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, nella fanciullezza o nell’adolescenza” (cioè disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo della condotta e disturbo da comportamento dirompente non altrimenti specificato) e il capitolo “Disturbi del controllo degli impulsi non classificati altrove” (cioè disturbo esplosivo intermittente, piromania e cleptomania).

Questi disturbi sono tutti caratterizzati da problemi di autocontrollo delle emozioni e dei comportamenti. In particolare il Disturbo da Deficiti di Attenzione/Iperattività si presenta frequentemente in comorbidità con i disturbi di questo capitolo ma viene elencato nei disturbi del neurosviluppo.

Cleptomania: caratteristiche cliniche

I criteri per la diagnosi di cleptomania nel DSM 5 sono:

A. Ricorrente incapacità di resistere agli impulsi di rubare oggetti che non sono necessari per un uso personale o per un valore economico
B. Aumento della tensione immediatamente prima di commettere l’atto
C. Piacere, gratificazione o sollievo nel commettere l’atto
D. Il rubare non è commesso come espressione di rabbia o vendetta e non è in risposta ad allucinazioni
E. Il rubare non è meglio spiegato da Disturbo della Condotta, episodio maniacale o Disturbo di personalità Antisociale

Il criterio 1 afferma che gli oggetti rubati non sono “richiesti per uso personale o per il loro valore monetario”. Questo criterio esclude dalla diagnosi le persone che rubano principalmente per vendere gli oggetti in cambio di denaro o di necessità. Gli oggetti rubati inoltre, seppur in molti casi siano oggetti particolari, non sembrano avere alcun significato nel far comprendere la fisiopatologia del disturbo. Nonostante questo molti cleptomani rubano oggetti desiderabili e di valore, per alcuni addirittura l’impulso al furto sembra proporzionale al valore monetario dell’oggetto; per altri, il valore degli oggetti rubati aumenta nel tempo, il che suggerisce la presenza di un effetto di tolleranza. Gli oggetti rubati vengono generalmente accumulati, scartati, restituiti al negozio o donati.

Gli individui con cleptomania descrivono l’impulso di rubare come “incongruo con il carattere”, “ingestibile” o “moralmente sbagliato”. Anche se una sensazione di piacere, gratificazione o sollievo è vissuta al momento del furto, in un momento successivo gli individui lamentano sentimenti di colpa, rimorso o uno stato di umore depresso. In generale, a causa di questo senso di vergogna, gli individui affetti da cleptomania richiedono un trattamento molti anni dopo l’inizio del comportamento patologico. In uno studio su 22 soggetti cleptomani, 15 di loro non avevano riferito al loro medico dei furti; avevano paura che il dottore non potesse trattarli o informare la polizia. Hanno invece cercato aiuto per i sintomi depressivi o per l’ansia; nessuno dei medici ha indagato se fossero presenti i sintomi della cleptomania.

Gli studi che utilizzano campioni clinici hanno costantemente rivelato che la maggioranza (circa due terzi) dei pazienti con cleptomania sono donne. Tuttavia, senza dati epidemiologici, la percentuale effettiva di uomini e donne rimane sconosciuta. Alcuni autori hanno suggerito che è più facile che siano le donne a chiedere aiuto per la cleptomania perché gli uomini hanno maggiori probabilità di essere mandati in prigione se vengono sorpresi a rubare nei negozi. Effettivamente oltre alle conseguenze emotive del disturbo, molti pazienti con cleptomania hanno avuto difficoltà legali.

Gli individui con cleptomania soffrono di una significativa compromissione della loro capacità di funzionare socialmente e professionalmente. Molti pazienti riportano che i pensieri intrusivi e l’impulso a rubare interferiscono con la loro capacità di concentrazione sia a casa che al lavoro. Altri riferiscono assenze dal lavoro, di solito nel pomeriggio: escono presto dal lavoro per andare a rubare nei negozi.

Nell’unico studio che ha valutato la qualità della vita con uno strumento psicometrico, i pazienti cleptomani, a prescindere dalla comorbidità con altri disturbi, hanno riferito una soddisfazione di vita significativamente peggiore rispetto a un campione non clinico. Alcuni pazienti consideravano anche il suicidio come una possibilità per smettere di rubare.

Neurobiologia e eziopatogenesi della cleptomania

Sebbene gli individui con cleptomania riportino l’incapacità di resistere al loro impulso di rubare, l’eziologia di un comportamento così incontrollabile non è chiara. È stato ipotizzato che una disfunzione serotoninergica nella corteccia prefrontale ventromediale sia sottostante alla scarsa capacità di prendere decisioni osservata negli individui cleptomani.

In uno studio sul funzionamento neurocognitivo, 15 donne con diagnosi di cleptomania non presentavano deficit significativi nei test di funzionamento del lobo frontale. Tuttavia, quelle con sintomi più gravi di cleptomania avevano punteggi significativamente più bassi rispetto alla media in almeno una misura di funzionamento esecutivo. In un gruppo di 11 pazienti psichiatrici cleptomani l’impulsività cognitiva (misurata con la Scala di Impulsività di Barret) è risultata significativamente elevata rispetto a un gruppo di pazienti psichiatrici senza cleptomania.

Case report e studi di neuroimaging forniscono ulteriori indizi sulla possibile eziologia della cleptomania. Sono stati riscontrati danni ai circuiti orbitofrontali sottocorticali in pazienti cleptomani. Le tecniche di neuroimaging hanno dimostrato minore integrità microstrutturale della sostanza bianca nelle regioni frontali ventromediale del cervello in soggetti con cleptomania rispetto ai controlli. Questi risultati sono coerenti con la maggiore impulsività nei cleptomani e sostengono l’ipotesi che, almeno alcuni individui cleptomani, potrebbero non essere in grado di controllare la loro voglia di rubare.

Cleptomania: incidenza e comorbilità con altri disturbi psichiatrici

Non è facile stabilire con esattezza l’incidenza della cleptomania, ma si stima che approssimativamente 6 persone su mille, in un determinato momento della loro vita sperimentino questa compulsione. Si stima che negli USA il numero dei cleptomani arrivi a 1.2 milioni di persone.

Un recente studio su pazienti ricoverati in ospedale con diversi disturbi psichiatrici ha mostrato che il 7,8% soddisfava i criteri per la diagnosi di cleptomania e il 9,3% aveva una diagnosi di cleptomania durante tutto il corso della vita. Uno studio su 102 adolescenti ospedalizzati a causa di una serie di disturbi psichiatrici ha rilevato che 8,8% soffriva di cleptomania. Questi dati sembrano essere simili negli adolescenti e negli adulti e suggeriscono che la cleptomania può essere una malattia cronica, se non trattata.

Uno studio ha esaminato 107 pazienti con depressione e ha riscontrato che il 3,7% soffriva di cleptomania. In uno studio di 79 pazienti con dipendenza da alcol, il 3.8% aveva sintomi di cleptomania.

Nel caso della cleptomania solo pochi studi esplorano la comorbilità con il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC). Fra questi, quello condotto su un campione di 20 pazienti ha rilevato un tasso di comorbilità attuale con il DOC del 35%; tuttavia sono stati reclutati pazienti afferiti ad un centro specialistico, la cui maggiore gravità potrebbe essere responsabile dell’elevato dato di comorbilità. 
McElroy e collaboratori hanno rilevato i dati di comorbilità lifetime con vari disturbi psichiatrici in un campione di 20 individui con cleptomania; il 45% avevano una storia di DOC, mentre altri sei mostravano comportamenti compulsivi in aggiunta ai furti, come accumulare o gettare via oggetti indispensabili: sintomi ossessivo-compulsivi erano pertanto presenti inel 75% dei pazienti. Più recentemente, in uno studio retrospettivo condotto su 20 pazienti affetti da cleptomania, il gruppo di Pisa ha osservato una prevalenza lifetime di DOC del 60%, superiore a quella rilevata per qualsiasi altro disturbo in asse I; in parallelo gli autori hanno individuato un aumento nella prevalenza di disturbi correlati, quali altri disturbi del controllo degli impulsi giustificando una possibile inclusione della cleptomania nei disturbi dello spettro ossessivo compulsivo.

Comorbilità familiare

Non ci sono studi familiari controllati per soggetti sani condotti su parenti di primo grado di pazienti con cleptomania. Uno studio su 103 familiari di primo grado di 20 probandi con cleptomania ha rilevato una prevalenza di disturbo depressivo maggiore del 21%, di abuso di alcool o di altre sostanze del 20%, di disturbi d’ansia del 13%, e di DOC del 7%. Gli autori hanno concluso che la cleptomania potesse essere introdotta nello spettro dei disturbi affettivi.

Per quanto concerne la prevalenza di cleptomania in parenti di probandi con DOC, esiste uno studio familiare controllato condotto in familiari di primo grado di 80 pazienti con DOC e 73 soggetti senza disturbi psichiatrici assunti come controlli. In tale studio, nessun caso di cleptomania era presente tra i 343 familiari dei probandi DOC e un solo caso tra i 300 familiari di soggetti sani di controllo; gli autori concludono che l’evidenza di una co-trasmissione familiare del DOC e della cleptomania, come di altri disturbi del controllo degli impulsi quali la tricotillomania e il gioco patologico, è molto debole.

Sia gli uomini e le donne con cleptomania hanno comorbidità psichiatrica comune ad un certo punto della vita con altri disturbi del controllo degli impulsi (20-46%) e uso di sostanze (23-50%) Anche i disturbi della personalità sono comuni nella cleptomania. Uno studio condotto su 28 individui con cleptomania ha rivelato che 42,9% hanno soddisfatto i criteri del DSM-III-R per almeno un disturbo di personalità e il 14,3% hanno soddisfatto i criteri per due disturbi di personalità. Paranoici (17,9%), borderline (10,3%) e schizoidi (10,7%) erano i disturbi più comuni.

Cleptomania e trattamento

Sebbene la farmacoterapia e la psicoterapia inizialmente avessero promesso di trattare la cleptomania, solo un piccolo numero di pazienti è stato esaminato. Attualmente, negli Stati Uniti, non ci sono farmaci approvati dalla Food and Drug Administration per il trattamento della cleptomania. I casi clinici su cui è stata testata l’efficacia della terapia farmacologica per la cleptomania hanno permesso di individuare una varietà di trattamenti promettenti: la paroxetina, la fluvoxamina, l’escitalopram, una combinazione di sertralina e il metilfenidato stimolante, imipramina in combinazione con fluoxetina, e acido valproico. Sfortunatamente, per ogni caso clinico positivo, ci sono altri rapporti negativi sull’efficacia dello stesso farmaco.

Varie forme di terapia, tra cui la psicoanalisi, la terapia comportamentale, quella psicodinamica e la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) sono state segnalate come benefiche per il trattamento di cleptomania.

La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale consente di intervenire sul mancato controllo degli impulsi attraverso delle tecniche comportamentali come, per esempio, la terapia di desensibilizzazione e la terapia avversiva, l’esposizione con prevenzione della risposta, e tecniche cognitive come la ristrutturazione cognitiva.

Non ci sono però studi controllati su nessun tipo di psicoterapia per la cleptomania. Tuttavia in diversi casi trattamenti combinati di CBT con farmaci hanno mostrato benefici.

Bibliografia:

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