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John Broadus Watson

L'influenza e l'audace visione di John Broadus Watson hanno trasformato radicalmente il modo in cui comprendiamo il comportamento umano

Di Gloria Angelini

Pubblicato il 05 Ott. 2023

La Rivoluzione Comportamentista

Datemi una dozzina di bambini di sana e robusta costituzione e un ambiente organizzato secondo miei specifici principi, vi garantisco che sarò in grado di farne un medico, un avvocato, un artista, un imprenditore, un delinquente. John B. Watson (1924).

La psicologia, come scienza dell’indagine mentale e del comportamento, ci spinge a scrutare nei recessi della mente umana in cerca di risposte alle domande più profonde sull’essere umano. Ma nel vasto panorama della ricerca psicologica, una figura si erge come una pietra miliare nella storia di questa disciplina per proporci una visione differente: John Broadus Watson. La sua influenza e la sua audace visione hanno trasformato radicalmente il modo in cui comprendiamo il comportamento umano.

In questo articolo ci immergeremo nella vita e nel lavoro di John Watson, esplorando il suo ruolo fondamentale nel campo della psicologia comportamentale. Scopriremo come le sue teorie e esperimenti abbiano gettato le basi per un approccio scientifico unico, incentrato sull’osservazione del comportamento esterno, e come questa prospettiva abbia aperto nuovi orizzonti nella nostra comprensione della mente umana.

L’uomo dietro il movimento

John Broadus Watson, nato nel 1878 in una famiglia modesta in South Carolina, Stati Uniti, fin dalla giovane età, dimostrò un’intelligenza vivace e una curiosità insaziabile.

La sua formazione accademica fu un percorso di scoperta in sé. Watson iniziò l’università a soli 16 anni e ottenne il dottorato presso l’Università di Chicago nel 1903, a soli 24 anni. La sua tesi riguardava l’apprendimento attraverso esperimenti con topi bianchi in dei labirinti. Dopo la laurea si spostò a Chicago, dove ebbe la fortuna di studiare sotto la guida del celebre psicologo e filosofo John Dewey. Questa esperienza fu trasformativa, poiché Dewey era noto per le sue opinioni progressiste sulla psicologia e il pensiero critico. Fu proprio questa influenza che stimolò Watson a sfidare le tradizionali concezioni della psicologia, aprendo la strada a un nuovo paradigma.

Nel 1908, si unì alla Johns Hopkins University, dove divenne professore e direttore del laboratorio di psicologia.

Il punto di svolta nella carriera di John Watson avvenne nel 1913, quando tenne una conferenza alla Columbia University intitolata “Psychology as the Behaviorist Views It”, che sarebbe diventata il manifesto del comportamentismo. Questa conferenza affermava che lo studio valido della psicologia doveva basarsi solo su stati osservabili e non sull’introspezione degli “stati di coscienza” —visione dominante all’epoca. Questo ebbe un impatto sismico sulla psicologia dell’epoca e pose le basi per il comportamentismo, una scuola di pensiero che avrebbe dominato la disciplina per decenni a venire. Con questa audace dichiarazione, Watson aveva gettato le fondamenta per una nuova era nella ricerca psicologica, sottolineando l’importanza di studiare il comportamento visibile e misurabile per comprendere la mente umana. Nel 1914, pubblicò il libro “Behaviorism: An Introduction to Comparative Psychology”, basato sulla teoria degli stimoli e delle risposte di Pavlov.

Nel 1915, Watson divenne il presidente più giovane di sempre dell’American Psychological Association, all’età di 36 anni.

La sua ricerca si concentrò su neonati e bambini, sostenendo che tutte le emozioni umane derivassero da tre reazioni (paura, rabbia e amore), che non erano innate bensì condizionate. Con il famoso esperimento “Little Albert” dimostrò come si potesse condizionare un bambino a temere un topo bianco.

La sua brillante carriera nel mondo accademico si interruppe bruscamente nel 1920 in seguito a uno scandalo che coinvolse una relazione con un’assistente di ricerca. In seguito Watson divorziò dalla moglie e sposò la studentessa Rosalie Rayner, e gli fu chiesto di lasciare la cattedra alla Johns Hopkins.

Successivamente, lavorò nell’industria pubblicitaria, contribuendo allo sviluppo di strategie di ricerca di mercato e pubblicità. Continuò a scrivere sulla psicologia comportamentale e partecipò a progetti di psicologia applicata, lavorò anche come consulente per diverse organizzazioni.

Nel 1957, l’APA gli conferì una medaglia d’oro per i suoi contributi alla psicologia. Morì nel 1958 all’età di 80 anni.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Enciclopedia Britannica. (2023). John B. Watson.
  • Gale. A. (2005). Study Guide for Psychologists and Their Theories for Students. Thomson Gale.
  • Harris, B. (1979). Whatever happened to little Albert? American Psychologist, Vol 34(2), 151-160.
  • Lacey, H. M., & Rachlin, H. (1978). Behavior, cognition and theories of choice. Behaviorism, 177-202.
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  • Watson, J. B. (1928). Psychological care of infant and child.
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