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Leadership negli Sport di Squadra – Introduzione #1

Leadership. In un gruppo esiste un ruolo di chi è dotato della capacità di influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone: il leader.

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 11 Giu. 2013

Leadership negli Sport di Squadra:

INTRODUZIONE – Parte 1

 

LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

Monografia: Leadership nello Sport - Introduzione. - Immagine ©-iko-Fotolia.comAll’interno di un gruppo esiste un ruolo che si innalza gerarchicamente al di sopra degli altri perché dotato della capacità di influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone più di quanto non sia esso stesso influenzato. Costui è il leader.

Per molti anni sono state costruite ricerche allo scopo di individuare le caratteristiche, le condizioni e le situazioni che possono condurre una persona a questo status, e cioè alla vetta della gerarchia strutturale del gruppo a cui appartiene.

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Queste hanno ottenuto risultati parziali, spiegando una parte del complesso fenomeno della leadership ma ammettendo, spesso, per non dire sempre, troppe eccezioni per potere essere considerate definitive.

Alcuni modelli si sono concentrati sull’idea di un leader, tale, per doti innate e naturali, altri per un suo stile comportamentale, altri ancora per caratteristiche della situazione in cui si trova ad agire e alcuni, infine, per le aspettative e i bisogni degli altri membri del gruppo.

Attualmente la tendenza principale è quella di giungere ad un modello che permetta l’integrazione degli aspetti positivi delle teorie precedenti e che analizzi il fenomeno della leadership senza sottovalutarne nessuna.

E’ sempre più chiaro che il vero leader non deve essere una persona rigida dal punto di vista mentale e comportamentale, perché altrimenti ogni cambiamento nella struttura o nei fini del gruppo porterebbe alla sua inevitabile caduta, anche se, allo stesso tempo, deve possedere caratteristiche specifiche che gli permettano di raggiungere questa posizione. Non tutti, anche a parità di competenze, possono, infatti, essere leader. La prima e la principale di queste abilità è la “versatilità” e cioè la capacità di adattare il proprio comportamento a situazioni problematiche sempre uniche e diverse, che richiedono, appunto, risposte e reazioni specifiche da parte di chi detiene il potere.

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Il mondo dello sport, e in particolare degli sport di squadra, rappresenta, come afferma Cei [1998], un base favorevole agli studi sui gruppi sociali e sulla leadership. Questo perché permette di studiare persone già naturalmente riunite sotto la stessa bandiera, che interagiranno come gruppo perlomeno per un’intera stagione. I modelli sulla leadership nello sport, e gli studi effettuati al riguardo sembrano confermare l’idea per cui è impossibile parlare di un comportamento da leader in senso universale poiché non esiste un leader universale. Resta vero che esistono, comunque, qualità non sufficienti ma necessarie per svolgere i compiti associati a questo ruolo. Il leader deve saper adattarsi ai problemi più svariati, deve fare tesoro dell’esperienza, deve conoscere ed essere consapevole del proprio comportamento e delle sue conseguenze sia per la prestazione che per la soddisfazione della squadra. Deve sapere che non può concentrarsi su solo uno di questi due obiettivi, sia perché sono interdipendenti tra loro, sia perché, a seconda della situazione, può ottenere risultati migliori (su entrambi), centrando il proprio lavoro sull’uno o sull’altro.

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            In realtà, l’ambito sportivo presenta una peculiarità, non esclusiva, ma particolarmente frequente nelle caratteristiche che contraddistinguono lo status di leader. Gli studi al riguardo hanno dimostrato, infatti, l’esistenza di più di un leader nella squadra sportiva.

E’ vero che la presenza di più leader può essere individuata in qualsiasi gruppo sociale, ma negli sport di squadra si possono osservare, molto frequentemente, due figure ben distinte nelle loro caratteristiche: il leader istituzionale e il leader intimo. Il primo è l’allenatore, il leader della squadra esterno alla squadra stessa, eletto dalla dirigenza e dotato del potere legittimo e di competenza. Il secondo è il capitano (definito per comodità visto che la figura che riveste il ruolo di capitano ufficiale può non coincidere con il leader intimo), detentore della leadership interna al gruppo, eletto dagli altri componenti della squadra e caricato di notevole responsabilità perché riconosciuto essere la persona più adatta e competente ad averla. Proprio per la diversa origine e per la diversa posizione, questi due ruoli si pongono in modo diverso verso la collettività. Entrambi devono mantenere un atteggiamento versatile se vogliono avvicinare la squadra ai suoi obiettivi, e spesso per uno è più facile giungere a risolvere quei problemi che l’altro fatica ad affrontare e viceversa.

Attraverso l’analisi degli studi sull’argomento, come vedremo nel secondo capitolo, si può affermare che se questo aspetto, e cioè la loro complementarietà, è il principale vantaggio apportato alla squadra dall’esistenza dei due leader, l’assenza di una collaborazione tra questi può divenire, se presente, quello negativo. In effetti il conflitto tra allenatore e capitano, se non viene arginato in fretta, si è dimostrato essere una vera mina distruttiva per tutta la squadra, che si ripercuote negativamente sul morale e sui risultati ottenuti.

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 Nel terzo capitolo le caratteristiche dei due leader verranno messe a confronto sia con la prestazione che con la soddisfazione del gruppo. Come molti autori hanno teorizzato sia l’allenatore che il capitano devono prestare attenzione ad entrambi i fattori principalmente perchè la prestazione e la soddisfazione sono due variabili interdipendenti. Non considerare uno di questi livelli, implica automaticamente minare anche la positività dell’altro. La scelta di focalizzarsi, temporaneamente, più sul primo che sul secondo, o viceversa, deve essere fatta sulla base di ciò che richiede la situazione. L’analisi del rapporto tra il comportamento dei due leader, la prestazione e la soddisfazione e la conferma della loro interdipendenza non rappresentano altro che un’ulteriore evidenza della necessaria “versatilità” del leader, o meglio, dei leader.

L’obiettivo di questo lavoro non è soltanto quello di descrivere le caratteristiche peculiari della figura del leader nello sport ma anche individuare come, secondo gli autori che hanno trattato l’argomento, deve comportarsi quest’ultimo per favorire la prestazione e la soddisfazione della squadra; dimostrando, infine, su un piano puramente teorico, come questa “versatilità” è il requisito primario per avere successo.

Si cercherà di raggiungere questo obiettivo attraverso la descrizione delle principali teorie e dei principali modelli inerenti la leadership (capitolo 1), l’analisi delle due tipologie di leader riscontrabili in ambito sportivo e delle loro somiglianze e differenze in diversi contesti (capitolo 2) e lo studio del rapporto tra ognuno dei due leader e i loro obiettivi primari, e cioè la prestazione e la soddisfazione della squadra (capitolo 3).

Infine, nell’ultimo capitolo, saranno presentati alcuni strumenti normalmente utilizzati nelle ricerche in ambito sportivo, che permettono di analizzare e valutare il comportamento del leader.

 

 LEADERSHIP NEGLI SPORT DI SQUADRA – PSICOLOGIA DELLO SPORT – MONOGRAFIA

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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